Nonostante gli enormi progressi nella ricerca farmacologica fatti negli ultimi anni, per numerose malattie neurodegenerative (come la Sclerosi Laterale Amiotrofica, SLA) non esiste ancora una terapia efficace. Tra i principali ostacoli vi sono la difficoltà nell'oltrepassare la barriera ematoencefalica e nel veicolare il farmaco in maniera selettiva, limitando il coinvolgimento di altre cellule e tessuti non interessati dalla patologia. Benché si conoscano ormai molti dei meccanismi che determinano la morte dei motoneuroni nella SLA e che contribuiscono alla progressione della malattia (tra cui stress ossidativo, disfunzione mitocondriale, aggregazione proteica, eccitotossicità, difetti genetici e regolazione immunitaria non adeguata), nessun trattamento ha determinato benefici significativi nei pazienti. Attualmente l'unica terapia approvata dalla Food and Drug Administration è quella che prevede l'uso del Riluzolo. Per far fronte a queste difficoltà stanno emergendo approcci promettenti che sfruttano le nanotecnologie (tra cui nanoparticelle, liposomi e nanotubi). Si stanno sviluppando infatti sistemi per il trasporto di farmaci in grado di rilasciare il principio attivo direttamente sul bersaglio terapeutico, agendo specificamente sui neuroni di interesse, riducendo al minimo le concentrazioni di farmaco necessarie e gli effetti collaterali associati. Sfruttando le loro piccole dimensioni, i nanomateriali possono essere veicolati nelle cellule, permettendo un efficiente accumulo del farmaco e un suo rilascio prolungato (giorni o settimane). Nonostante gli indubbi vantaggi offerti delle nanotecnologie, alcuni aspetti relativi alla tossicità e alla interazioni biologiche di tali materiali devono essere ulteriormente analizzati. Il gruppo di Chigumbu N (Nanomedicine & Nanotechnology, 2012) ha studiato in vitro le interazioni tra neuroni PC12 e nanotubi contenenti Riluzolo: hanno studiato i potenziali effetti tossici dei nanotubi, modificandone le proprietà fisico-chimiche. Dai risultati è apparso evidente che i processi di purificazione e funzionalizzazione dei nanotubi non alterano le loro proprietà e non determinano quindi alcun effetto tossico sulle cellule nervose; i nanotubi sono inoltre risultati capaci di aumentare l'assorbimento del farmaco. Un lavoro che ha descritto l'impiego terapeutico delle nanotecnologie in vivo è invece quello del gruppo di Wiley NJ (Advances in Nanoparticles, 2012), in cui le nanovescicole sono state impiegate per somministrare più efficacemente la minociclina: la somministrazione orale di minociclina, benché in grado di indurre lievi effetti neuroprotettivi su modelli animali, può determinare tossicità a causa all'assorbimento non specifico del farmaco. Il gruppo ha quindi caricato il farmaco in nanoliposomi in grado di legarsi specificatamente al recettore microgliale TLR4 (è noto infatti che la microglia attivata mutata possa esacerbare il processo infiammatorio e danneggiare i motoneuroni). In vitro gli autori hanno registrato un assorbimento maggiore del farmaco da parte di cellule microgliali BV-2, utilizzando nanoliposomi indirizzati verso TLR4 rispetto a quelli privi di target. Inoltre in vivo i nanoliposomi hanno permesso di ritardare l'esordio dei sintomi e di aumentare la sopravvivenza degli animali malati. In conclusione, grazie alle loro proprietà uniche, le nanotecnologie rappresentano certamente un approccio promettente nel trattamento delle patologie neurodegenerative; ulteriori indagini.
L'impiego delle nanotecnologie nella Sclerosi Laterale Amiotrofica
GIANARRO, MARGHERITA
2014/2015
Abstract
Nonostante gli enormi progressi nella ricerca farmacologica fatti negli ultimi anni, per numerose malattie neurodegenerative (come la Sclerosi Laterale Amiotrofica, SLA) non esiste ancora una terapia efficace. Tra i principali ostacoli vi sono la difficoltà nell'oltrepassare la barriera ematoencefalica e nel veicolare il farmaco in maniera selettiva, limitando il coinvolgimento di altre cellule e tessuti non interessati dalla patologia. Benché si conoscano ormai molti dei meccanismi che determinano la morte dei motoneuroni nella SLA e che contribuiscono alla progressione della malattia (tra cui stress ossidativo, disfunzione mitocondriale, aggregazione proteica, eccitotossicità, difetti genetici e regolazione immunitaria non adeguata), nessun trattamento ha determinato benefici significativi nei pazienti. Attualmente l'unica terapia approvata dalla Food and Drug Administration è quella che prevede l'uso del Riluzolo. Per far fronte a queste difficoltà stanno emergendo approcci promettenti che sfruttano le nanotecnologie (tra cui nanoparticelle, liposomi e nanotubi). Si stanno sviluppando infatti sistemi per il trasporto di farmaci in grado di rilasciare il principio attivo direttamente sul bersaglio terapeutico, agendo specificamente sui neuroni di interesse, riducendo al minimo le concentrazioni di farmaco necessarie e gli effetti collaterali associati. Sfruttando le loro piccole dimensioni, i nanomateriali possono essere veicolati nelle cellule, permettendo un efficiente accumulo del farmaco e un suo rilascio prolungato (giorni o settimane). Nonostante gli indubbi vantaggi offerti delle nanotecnologie, alcuni aspetti relativi alla tossicità e alla interazioni biologiche di tali materiali devono essere ulteriormente analizzati. Il gruppo di Chigumbu N (Nanomedicine & Nanotechnology, 2012) ha studiato in vitro le interazioni tra neuroni PC12 e nanotubi contenenti Riluzolo: hanno studiato i potenziali effetti tossici dei nanotubi, modificandone le proprietà fisico-chimiche. Dai risultati è apparso evidente che i processi di purificazione e funzionalizzazione dei nanotubi non alterano le loro proprietà e non determinano quindi alcun effetto tossico sulle cellule nervose; i nanotubi sono inoltre risultati capaci di aumentare l'assorbimento del farmaco. Un lavoro che ha descritto l'impiego terapeutico delle nanotecnologie in vivo è invece quello del gruppo di Wiley NJ (Advances in Nanoparticles, 2012), in cui le nanovescicole sono state impiegate per somministrare più efficacemente la minociclina: la somministrazione orale di minociclina, benché in grado di indurre lievi effetti neuroprotettivi su modelli animali, può determinare tossicità a causa all'assorbimento non specifico del farmaco. Il gruppo ha quindi caricato il farmaco in nanoliposomi in grado di legarsi specificatamente al recettore microgliale TLR4 (è noto infatti che la microglia attivata mutata possa esacerbare il processo infiammatorio e danneggiare i motoneuroni). In vitro gli autori hanno registrato un assorbimento maggiore del farmaco da parte di cellule microgliali BV-2, utilizzando nanoliposomi indirizzati verso TLR4 rispetto a quelli privi di target. Inoltre in vivo i nanoliposomi hanno permesso di ritardare l'esordio dei sintomi e di aumentare la sopravvivenza degli animali malati. In conclusione, grazie alle loro proprietà uniche, le nanotecnologie rappresentano certamente un approccio promettente nel trattamento delle patologie neurodegenerative; ulteriori indagini.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/11318