La detenzione intramuraria, oggi, continua a essere caratterizzata da elementi afflittivi e desocializzanti, in contrasto con l'articolo 27 comma 3 della Costituzione, che pone la rieducazione come obiettivo primario della pena. Questo processo di risocializzazione dovrebbe permettere al detenuto di reintegrarsi pacificamente nella società, sebbene questa spesso mantenga pregiudizi verso ex detenuti. L'assenza di affettività in carcere contrasta con l'obiettivo rieducativo della pena, privando l'individuo della sua dimensione più intima: la sessualità. Tale privazione accentua l'alienazione e richiama le condizioni di "istituzione totale" descritte da Erving Goffman, in cui la detenzione porta alla mortificazione del sé. Nonostante i progressi sociali, in Italia la modernizzazione è lenta, soprattutto nel riconoscimento di diritti fondamentali in ambito penitenziario. La politicizzazione dei diritti e una visione punitiva del carcere contribuiscono a questa situazione, in cui la pena è vista come efficace solo se accompagnata da sofferenza fisica e psicologica. Tra queste privazioni, il divieto di rapporti intimi rappresenta una violazione dell'articolo 27 comma 3 della Costituzione e dell'articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU), che vieta trattamenti inumani o degradanti. Numerosi sono stati i richiami rivolti all'Italia per migliorare le condizioni detentive, considerate dalla Corte EDU simili alla tortura. Tra questi, il sovraffollamento carcerario (sentenza Torreggiani) e il diniego del diritto all'affettività, con conseguenze anche sul diritto alla sessualità. Tuttavia, l'Italia ha spesso evitato di affrontare la questione, appellandosi a vizi formali o questioni di competenza. Oggi, la questione del diritto all'affettività intramuraria è stata riproposta dal magistrato di sorveglianza di Spoleto alla Corte Costituzionale, che ha dichiarato l'illegittimità dell'articolo 18 o.p. nella parte in cui non prevede una regolamentazione degli incontri intimi tra detenuti e partner. Questo lavoro mira a illustrare come la mancata tutela del diritto all'affettività intramuraria contrasti con norme nazionali e internazionali. Saranno esaminate la disciplina dei colloqui (articolo 18 legge 354/1975) e dei permessi premio, oltre alla recente sentenza della Corte Costituzionale. Verranno analizzate le testimonianze di detenuti sulle conseguenze dell'assenza di affettività e confrontata la situazione italiana con altre soluzioni più avanzate. Infine, saranno illustrate le problematiche legate all'esercizio effettivo di questo diritto, considerando alcune sperimentazioni in atto nel nostro paese.
Affettività ristretta. Commento alla sentenza n. 10 del 2024 della Corte costituzionale.
GUIDOBALDI, GIORGIA
2023/2024
Abstract
La detenzione intramuraria, oggi, continua a essere caratterizzata da elementi afflittivi e desocializzanti, in contrasto con l'articolo 27 comma 3 della Costituzione, che pone la rieducazione come obiettivo primario della pena. Questo processo di risocializzazione dovrebbe permettere al detenuto di reintegrarsi pacificamente nella società, sebbene questa spesso mantenga pregiudizi verso ex detenuti. L'assenza di affettività in carcere contrasta con l'obiettivo rieducativo della pena, privando l'individuo della sua dimensione più intima: la sessualità. Tale privazione accentua l'alienazione e richiama le condizioni di "istituzione totale" descritte da Erving Goffman, in cui la detenzione porta alla mortificazione del sé. Nonostante i progressi sociali, in Italia la modernizzazione è lenta, soprattutto nel riconoscimento di diritti fondamentali in ambito penitenziario. La politicizzazione dei diritti e una visione punitiva del carcere contribuiscono a questa situazione, in cui la pena è vista come efficace solo se accompagnata da sofferenza fisica e psicologica. Tra queste privazioni, il divieto di rapporti intimi rappresenta una violazione dell'articolo 27 comma 3 della Costituzione e dell'articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU), che vieta trattamenti inumani o degradanti. Numerosi sono stati i richiami rivolti all'Italia per migliorare le condizioni detentive, considerate dalla Corte EDU simili alla tortura. Tra questi, il sovraffollamento carcerario (sentenza Torreggiani) e il diniego del diritto all'affettività, con conseguenze anche sul diritto alla sessualità. Tuttavia, l'Italia ha spesso evitato di affrontare la questione, appellandosi a vizi formali o questioni di competenza. Oggi, la questione del diritto all'affettività intramuraria è stata riproposta dal magistrato di sorveglianza di Spoleto alla Corte Costituzionale, che ha dichiarato l'illegittimità dell'articolo 18 o.p. nella parte in cui non prevede una regolamentazione degli incontri intimi tra detenuti e partner. Questo lavoro mira a illustrare come la mancata tutela del diritto all'affettività intramuraria contrasti con norme nazionali e internazionali. Saranno esaminate la disciplina dei colloqui (articolo 18 legge 354/1975) e dei permessi premio, oltre alla recente sentenza della Corte Costituzionale. Verranno analizzate le testimonianze di detenuti sulle conseguenze dell'assenza di affettività e confrontata la situazione italiana con altre soluzioni più avanzate. Infine, saranno illustrate le problematiche legate all'esercizio effettivo di questo diritto, considerando alcune sperimentazioni in atto nel nostro paese.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/113138