Alzheimer’s disease is the most common form of dementia globally, the incidence of which is set to increase over the next few decades and the scientific community still has doubts about its complex causality. In fact, its multifactorial nature is currently an obstacle to the discovery of a treatment that can effectively protect against neurodegeneration. The negative impact of this irreversible disease, which mainly involves the elder population, is evidenced mainly by the symptoms due to dementia, despite the onset of the latter taking place years earlier than its manifestations. In this regard, the literature proposes methods of early diagnosis, such as biomarkers and neuroimaging techniques, capable of detecting biological evidence of the disease from the early stages of the clinical continuum, on which it is located. An interesting approach of the studies on the disease focuses on the association between depression, a widespread disorder of the affective sphere, and Alzheimer’s dementia. The two diseases, in fact, seem to share some biological mechanisms, the alteration of which could explain the relationship between the depressive disorder and Alzheimer’s disease, in terms of possible risk factor, early symptomatological manifestation or, still, in a relationship of comorbidity. The association between depression and Alzheimer’s disease is also reflected in the frequent prescription of drug therapies based on drugs with antidepressant function, to Alzheimer’s patients. This paper aims to illustrate the state of the art about Alzheimer’s disease, its consequences on the well-being of the individual and its causal hypotheses, which, together with modifiable risk factors, could explain the reasons for dementia. Furthermore, by specifying the role of some of the most widely used diagnostic techniques for early screening of the disease, it concludes by analysing the possibility of treating depressed patients as potential Alzheimer’s patients, both because the major depressive disorder could predispose the body to a greater vulnerability for the subsequent development of Alzheimer’s disease, and because late life depression would be the demonstration of the first silent forms of dementia.
La malattia di Alzheimer rappresenta la più comune forma di demenza a livello globale, la cui incidenza è destinata a crescere nei prossimi decenni e sulla cui complessa causalità la comunità scientifica nutre ancora dubbi. Infatti, la sua natura multifattoriale è, attualmente, un ostacolo per la scoperta di un trattamento che possa proteggere efficacemente dalla neurodegenerazione. L’impatto negativo di questa malattia irreversibile, che coinvolge prevalentemente gli anziani, è evidenziato soprattutto dalla sintomatologia dovuta alla demenza, nonostante l’esordio di quest’ultima avvenga anni prima rispetto alle sue manifestazioni. A questo proposito, la letteratura propone metodi di diagnosi precoce, quali biomarcatori e tecniche di neuroimaging, capaci di scovare evidenze biologiche della malattia fin dalle prime fasi del continuum clinico, su cui essa si colloca. Un interessante approccio degli studi sul morbo, si concentra sull’associazione esistente tra la depressione, diffuso disturbo della sfera affettiva, e la demenza di Alzheimer. Le due patologie, infatti, sembrano condividere alcuni meccanismi biologici, la cui alterazione potrebbe spiegare la relazione che lega il disturbo depressivo alla malattia di Alzheimer, in termini di possibile fattore di rischio, precoce manifestazione sintomatologica o, ancora, in un rapporto di comorbidità. L’associazione tra depressione e malattia di Alzheimer è riflessa anche nella frequente prescrizione di terapie farmacologiche basate su farmaci con funzione antidepressiva, ai soggetti malati di Alzheimer. Quest’elaborato si propone di illustrare lo stato dell’arte circa la malattia di Alzheimer, le sue conseguenze sul benessere dell’individuo e le sue ipotesi causali, che, insieme con fattori di rischio modificabili, potrebbero spiegare le motivazioni scatenanti la demenza. Inoltre, specificando il ruolo di alcune tecniche diagnostiche maggiormente utilizzate per lo screening precoce della malattia, si conclude analizzando la possibilità di trattare i pazienti depressi come potenziali malati di Alzheimer, sia perché il disturbo depressivo maggiore potrebbe predisporre l’organismo ad una maggiore vulnerabilità per il successivo sviluppo della patologia di Alzheimer, sia perché la depressione in età avanzata costituirebbe la dimostrazione delle prime forme silenti della demenza.
LA MALATTIA DI ALZHEIMER: DIAGNOSI PRECOCE E RELAZIONE CON LA DEPRESSIONE
MAURO, MORENA
2023/2024
Abstract
La malattia di Alzheimer rappresenta la più comune forma di demenza a livello globale, la cui incidenza è destinata a crescere nei prossimi decenni e sulla cui complessa causalità la comunità scientifica nutre ancora dubbi. Infatti, la sua natura multifattoriale è, attualmente, un ostacolo per la scoperta di un trattamento che possa proteggere efficacemente dalla neurodegenerazione. L’impatto negativo di questa malattia irreversibile, che coinvolge prevalentemente gli anziani, è evidenziato soprattutto dalla sintomatologia dovuta alla demenza, nonostante l’esordio di quest’ultima avvenga anni prima rispetto alle sue manifestazioni. A questo proposito, la letteratura propone metodi di diagnosi precoce, quali biomarcatori e tecniche di neuroimaging, capaci di scovare evidenze biologiche della malattia fin dalle prime fasi del continuum clinico, su cui essa si colloca. Un interessante approccio degli studi sul morbo, si concentra sull’associazione esistente tra la depressione, diffuso disturbo della sfera affettiva, e la demenza di Alzheimer. Le due patologie, infatti, sembrano condividere alcuni meccanismi biologici, la cui alterazione potrebbe spiegare la relazione che lega il disturbo depressivo alla malattia di Alzheimer, in termini di possibile fattore di rischio, precoce manifestazione sintomatologica o, ancora, in un rapporto di comorbidità. L’associazione tra depressione e malattia di Alzheimer è riflessa anche nella frequente prescrizione di terapie farmacologiche basate su farmaci con funzione antidepressiva, ai soggetti malati di Alzheimer. Quest’elaborato si propone di illustrare lo stato dell’arte circa la malattia di Alzheimer, le sue conseguenze sul benessere dell’individuo e le sue ipotesi causali, che, insieme con fattori di rischio modificabili, potrebbero spiegare le motivazioni scatenanti la demenza. Inoltre, specificando il ruolo di alcune tecniche diagnostiche maggiormente utilizzate per lo screening precoce della malattia, si conclude analizzando la possibilità di trattare i pazienti depressi come potenziali malati di Alzheimer, sia perché il disturbo depressivo maggiore potrebbe predisporre l’organismo ad una maggiore vulnerabilità per il successivo sviluppo della patologia di Alzheimer, sia perché la depressione in età avanzata costituirebbe la dimostrazione delle prime forme silenti della demenza.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/113081