L’incrudelimento perpetrato sugli animali da parte degli esseri umani, che costituisce un sintomo prodromico di violenza intraspecifica, ed è dunque da considerare fenomeno predittivo e patogeno di contestuale o futura violenza inflitta agli uomini, necessita di essere riconosciuto a livello sociale e giuridico anche come grave ingiustizia di per sé. La violenza, infatti, in quanto approccio distorto e nevrotico che l’autore ha con la realtà, deve essere repressa e condannata a prescindere dalle vittime contro cui questa venga rivolta (siano esse esseri umani o animali non umani). La violenza interspecifica però, deve essere stigmatizzata anche quando ad incrudelire sugli animali non umani non siano persone portatrici di istinti violenti, aggressivi o sadici. Queste ultime, agendo in una zona di illegalità, vengono emarginate e punite dalla nostra società. Esiste invece un’area caratterizzata da violenze ben più atroci e brutali commesse da persone che non si considerano né vengono considerate criminali. Questi individui non sono contraddistinti da una particolare volontà di cagionare dolore né animati da particolari emozioni negative, almeno, non sempre. Si tratta dell’area della violenza legalizzata, nella quale confluiscono tutte le sofferenze inflitte agli animali non umani nei più disparati contesti “a norma di legge”. La legalizzazione e la normalizzazione della violenza interspecifica hanno permesso all’essere umano di costruire un sistema di oppressione, prevaricazione e dominio nei confronti degli altri animali. L’uomo, attraverso un’opera di reificazione e de-individualizzazione è giunto a negare lo status di esseri senzienti e soggetti morali agli animali, che quindi sono considerati e trattati alla stregua di res. Due contesti nei quali la riduzione e metamorfosi dell’animale a cosa conduce ad un suo annientamento totale, morale e fisico, sono quello degli allevamenti intensivi e della sperimentazione animale o vivisezione. L’abbandono della visione antropocentrica, egocentrica ed utilitaristica, tipica della società attuale, è auspicabile. Un cambio di paradigma è doveroso.

LA QUESTIONE ANIMALE. Etica della dominazione umana

BOSCHETTO, BEATRICE
2023/2024

Abstract

L’incrudelimento perpetrato sugli animali da parte degli esseri umani, che costituisce un sintomo prodromico di violenza intraspecifica, ed è dunque da considerare fenomeno predittivo e patogeno di contestuale o futura violenza inflitta agli uomini, necessita di essere riconosciuto a livello sociale e giuridico anche come grave ingiustizia di per sé. La violenza, infatti, in quanto approccio distorto e nevrotico che l’autore ha con la realtà, deve essere repressa e condannata a prescindere dalle vittime contro cui questa venga rivolta (siano esse esseri umani o animali non umani). La violenza interspecifica però, deve essere stigmatizzata anche quando ad incrudelire sugli animali non umani non siano persone portatrici di istinti violenti, aggressivi o sadici. Queste ultime, agendo in una zona di illegalità, vengono emarginate e punite dalla nostra società. Esiste invece un’area caratterizzata da violenze ben più atroci e brutali commesse da persone che non si considerano né vengono considerate criminali. Questi individui non sono contraddistinti da una particolare volontà di cagionare dolore né animati da particolari emozioni negative, almeno, non sempre. Si tratta dell’area della violenza legalizzata, nella quale confluiscono tutte le sofferenze inflitte agli animali non umani nei più disparati contesti “a norma di legge”. La legalizzazione e la normalizzazione della violenza interspecifica hanno permesso all’essere umano di costruire un sistema di oppressione, prevaricazione e dominio nei confronti degli altri animali. L’uomo, attraverso un’opera di reificazione e de-individualizzazione è giunto a negare lo status di esseri senzienti e soggetti morali agli animali, che quindi sono considerati e trattati alla stregua di res. Due contesti nei quali la riduzione e metamorfosi dell’animale a cosa conduce ad un suo annientamento totale, morale e fisico, sono quello degli allevamenti intensivi e della sperimentazione animale o vivisezione. L’abbandono della visione antropocentrica, egocentrica ed utilitaristica, tipica della società attuale, è auspicabile. Un cambio di paradigma è doveroso.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/112871