Ho strutturato la mia tesi in tre capitoli come un percorso tematico che parte dalle nascita del PIL come indicatore per misurare i flussi economici annuali. A seguire il primo capitolo, in cui mi sono occupata della definizione di questo indicatore e di come sia divenuto presto l'indicatore principe dello sviluppo, nel secondo ho descritto i limiti del PIL come indicatore del benessere di un Paese. Nel primo paragrafo del secondo capitolo ho descritto come il benessere economico non coincida con la felicità . Dall'utilizzo dei risultati di indagini effettuate da vari economisti sulle cause della felicità è emerso infatti che il reddito è solo una delle componenti della felicità degli individui ma non l'unica. Ad influire sulla felicità degli individui sono fattori riferiti alla personalità, fattori socio-demografici, fattori con risvolti economici (ad es. stato di disoccupazione, l'inflazione, le ineguaglianze economiche), le relazioni interpersonali, il capitale sociale, il contesto politico-istituzionale, i servizi pubblici, il tempo libero, le condizioni dell'ambiente naturale. Le logiche consumistiche sono alla base delle scelte di vita degli individui e del loro modo di concepire la società e il mondo. Segue una descrizione dei tre principali difetti del PIL come indicatore di benessere. Primo: somma solo i beni prodotti nel mercato, escludendo quelli forniti nelle relazioni gratuite tra le persone, nelle famiglie o nelle comunità ma conteggiando come beni i mali che sono prodotti e consumati nel mercato (come droga,inquinamento,ecc..) Secondo: non dà alcuna importanza al modo, più o meno equo, col quale i beni sono distribuiti. Terzo: non dà valore ai beni forniti dalla natura, che considera dissennatamente gratuiti e tratta il capitale naturale come se fosse un reddito. All'interno del secondo paragrafo del secondo capitolo ho analizzato la situazione degli Stati Uniti in quanto costituisce un caso estremo di ¿paradosso della felicità¿. L'americano medio registra a partire dal secondo dopoguerra una tendenza alla diminuzione della felicità superiore a tutto l'Occidente. Il caso americano è da considerarsi un caso estremo di questo paradosso in quanto gli Stati Uniti costituiscono una superpotenza mondiale. Questo caso illustra in modo didascalico quello che non si deve fare se si vuole salvaguardare la felicità della società ed è molto importante data la centralità del ruolo dell'America nella globalizzazione. Il ruolo non va inteso come politico, seppur enorme, ma come ruolo culturale. Per spiegare come la crescente povertà relazionale negli Stati Uniti sia il fulcro del problema della riduzione del benessere ho fatto riferimento a numerosi studi di psicologia sociale, sociologia, biologia evolutiva, antropologia, storia economica e sociale che dimostrano come l'orientamento alla competizione dell'organizzazione economica e i valori sociali e consumisti negli Stati Uniti siano alla base del declino relazionale che gli americani sperimentano. Ho analizzato la gravità della situazione dei giovani americani che è da considerarsi peggiore rispetto a quella degli adulti, già molto difficile, in quanto risultano essere colpiti da un altissimo tasso di depressione. Ho spiegato, infine, come la tendenza all'aumento delle ore di lavoro risulti essere un modo per sostituire proprio la mancanza di relazioni soddisfacenti. Nel terzo capitolo mi sono occupata dei possibili indicatori che potrebbero sostituire il PIL

I LIMITI DEL PIL COME INDICATORE DEL BENESSERE E DELLA "FELICITA'" DELLA POPOLAZIONE E LA RICERCA DI NUOVI INDICATORI

IANIGRO, CARLOTTA
2009/2010

Abstract

Ho strutturato la mia tesi in tre capitoli come un percorso tematico che parte dalle nascita del PIL come indicatore per misurare i flussi economici annuali. A seguire il primo capitolo, in cui mi sono occupata della definizione di questo indicatore e di come sia divenuto presto l'indicatore principe dello sviluppo, nel secondo ho descritto i limiti del PIL come indicatore del benessere di un Paese. Nel primo paragrafo del secondo capitolo ho descritto come il benessere economico non coincida con la felicità . Dall'utilizzo dei risultati di indagini effettuate da vari economisti sulle cause della felicità è emerso infatti che il reddito è solo una delle componenti della felicità degli individui ma non l'unica. Ad influire sulla felicità degli individui sono fattori riferiti alla personalità, fattori socio-demografici, fattori con risvolti economici (ad es. stato di disoccupazione, l'inflazione, le ineguaglianze economiche), le relazioni interpersonali, il capitale sociale, il contesto politico-istituzionale, i servizi pubblici, il tempo libero, le condizioni dell'ambiente naturale. Le logiche consumistiche sono alla base delle scelte di vita degli individui e del loro modo di concepire la società e il mondo. Segue una descrizione dei tre principali difetti del PIL come indicatore di benessere. Primo: somma solo i beni prodotti nel mercato, escludendo quelli forniti nelle relazioni gratuite tra le persone, nelle famiglie o nelle comunità ma conteggiando come beni i mali che sono prodotti e consumati nel mercato (come droga,inquinamento,ecc..) Secondo: non dà alcuna importanza al modo, più o meno equo, col quale i beni sono distribuiti. Terzo: non dà valore ai beni forniti dalla natura, che considera dissennatamente gratuiti e tratta il capitale naturale come se fosse un reddito. All'interno del secondo paragrafo del secondo capitolo ho analizzato la situazione degli Stati Uniti in quanto costituisce un caso estremo di ¿paradosso della felicità¿. L'americano medio registra a partire dal secondo dopoguerra una tendenza alla diminuzione della felicità superiore a tutto l'Occidente. Il caso americano è da considerarsi un caso estremo di questo paradosso in quanto gli Stati Uniti costituiscono una superpotenza mondiale. Questo caso illustra in modo didascalico quello che non si deve fare se si vuole salvaguardare la felicità della società ed è molto importante data la centralità del ruolo dell'America nella globalizzazione. Il ruolo non va inteso come politico, seppur enorme, ma come ruolo culturale. Per spiegare come la crescente povertà relazionale negli Stati Uniti sia il fulcro del problema della riduzione del benessere ho fatto riferimento a numerosi studi di psicologia sociale, sociologia, biologia evolutiva, antropologia, storia economica e sociale che dimostrano come l'orientamento alla competizione dell'organizzazione economica e i valori sociali e consumisti negli Stati Uniti siano alla base del declino relazionale che gli americani sperimentano. Ho analizzato la gravità della situazione dei giovani americani che è da considerarsi peggiore rispetto a quella degli adulti, già molto difficile, in quanto risultano essere colpiti da un altissimo tasso di depressione. Ho spiegato, infine, come la tendenza all'aumento delle ore di lavoro risulti essere un modo per sostituire proprio la mancanza di relazioni soddisfacenti. Nel terzo capitolo mi sono occupata dei possibili indicatori che potrebbero sostituire il PIL
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