Il preoccupante aumento esponenziale della produzione di materiali plastici costituisce un importante problema per la società moderna. L’industria dei polimeri è ancora estremamente dipendente dalle fonti fossili in rapido esaurimento, inoltre, lo scorretto smaltimento dei rifiuti ha portato ad un gravissimo inquinamento di tutti gli ecosistemi e, in particolare, delle acque, sempre più ricche di microplastiche, che accumulandosi nella fauna marina, costituiscono anche una grave minaccia alla salute umana. Le plastiche contenenti ossigeno (OPs) sono fondamentali in molti settori e tra queste si trova il policarbonato (PC), il cui mercato, già florido, è in forte crescita, visto il suo impiego, sempre più frequente, come sostituto del vetro. L’aumento della quantità di policarbonato e la mancanza di un corretto smaltimento di questo materiale, rendono sempre più importante trovare un efficiente metodo di riciclo. Le principali tipologie di riciclo sono quattro. Il riciclo primario viene applicato su scarti post-industriali e non ha quindi a che fare con i rifiuti post-consumo. Il riciclo secondario è il metodo attualmente più impiegato e prevede il riutilizzo del materiale al posto del polimero vergine o la sua aggiunta ad esso, ma comporta un irrimediabile calo nelle qualità meccaniche e non è quindi compatibile con un’economia veramente circolare. Il riciclo terziario, invece, consiste nell’ottenimento di utili prodotti chimici, diversi dal polimero trattato. Infine, il riciclo quaternario consiste nel recupero energetico tramite combustione. L’incenerimento porta alla distruzione del materiale e non solo ne impedisce definitivamente il riutilizzo, ma comporta anche il rilascio di CO2, il principale gas serra, responsabile del riscaldamento globale. Quindi, il riciclo terziario, anche detto chimico, se volto all’ottenimento del monomero del polimero, costituisce l’unico vero trattamento, che permette un’economia circolare, con riutilizzo indefinito delle plastiche, che vengono perciò a rappresentare una riserva potenzialmente eterna di materiale. Esistono diversi metodi di depolimerizzazione applicabili al PC e possono essere di riduzione o di solvolisi. I processi di solvolisi si dividono ulteriormente in idrolisi, effettuata tramite acqua, e in alcolisi, effettuata tramite diversi alcoli, il più efficacie dei quali è il metano (metanolisi). Ad oggi, gli studi sulla depolimerizzazione del policarbonato, per quanto promettenti, non sono andati mai oltre la ricerca in laboratorio. La possibilità di applicare industrialmente uno di questi processi deve essere valutata tramite diversi fattori come tempi e temperature di reazione, quantità di solventi e catalizzatori, trattamenti di separazione e purificazione, carichi di polimero su cui i processi sono applicabili e soprattutto rese in monomero. Tutti questi fattori hanno un marcato effetto su output e costi operativi e quindi sul prezzo dei prodotti finali, che deve essere più basso possibile, per renderli concorrenziali con quelli vergini derivati dal fossile.
Riciclo chimico del policarbonato: processi e loro scalabilità a livello industriale
BOSCHETTO, LORENZO
2023/2024
Abstract
Il preoccupante aumento esponenziale della produzione di materiali plastici costituisce un importante problema per la società moderna. L’industria dei polimeri è ancora estremamente dipendente dalle fonti fossili in rapido esaurimento, inoltre, lo scorretto smaltimento dei rifiuti ha portato ad un gravissimo inquinamento di tutti gli ecosistemi e, in particolare, delle acque, sempre più ricche di microplastiche, che accumulandosi nella fauna marina, costituiscono anche una grave minaccia alla salute umana. Le plastiche contenenti ossigeno (OPs) sono fondamentali in molti settori e tra queste si trova il policarbonato (PC), il cui mercato, già florido, è in forte crescita, visto il suo impiego, sempre più frequente, come sostituto del vetro. L’aumento della quantità di policarbonato e la mancanza di un corretto smaltimento di questo materiale, rendono sempre più importante trovare un efficiente metodo di riciclo. Le principali tipologie di riciclo sono quattro. Il riciclo primario viene applicato su scarti post-industriali e non ha quindi a che fare con i rifiuti post-consumo. Il riciclo secondario è il metodo attualmente più impiegato e prevede il riutilizzo del materiale al posto del polimero vergine o la sua aggiunta ad esso, ma comporta un irrimediabile calo nelle qualità meccaniche e non è quindi compatibile con un’economia veramente circolare. Il riciclo terziario, invece, consiste nell’ottenimento di utili prodotti chimici, diversi dal polimero trattato. Infine, il riciclo quaternario consiste nel recupero energetico tramite combustione. L’incenerimento porta alla distruzione del materiale e non solo ne impedisce definitivamente il riutilizzo, ma comporta anche il rilascio di CO2, il principale gas serra, responsabile del riscaldamento globale. Quindi, il riciclo terziario, anche detto chimico, se volto all’ottenimento del monomero del polimero, costituisce l’unico vero trattamento, che permette un’economia circolare, con riutilizzo indefinito delle plastiche, che vengono perciò a rappresentare una riserva potenzialmente eterna di materiale. Esistono diversi metodi di depolimerizzazione applicabili al PC e possono essere di riduzione o di solvolisi. I processi di solvolisi si dividono ulteriormente in idrolisi, effettuata tramite acqua, e in alcolisi, effettuata tramite diversi alcoli, il più efficacie dei quali è il metano (metanolisi). Ad oggi, gli studi sulla depolimerizzazione del policarbonato, per quanto promettenti, non sono andati mai oltre la ricerca in laboratorio. La possibilità di applicare industrialmente uno di questi processi deve essere valutata tramite diversi fattori come tempi e temperature di reazione, quantità di solventi e catalizzatori, trattamenti di separazione e purificazione, carichi di polimero su cui i processi sono applicabili e soprattutto rese in monomero. Tutti questi fattori hanno un marcato effetto su output e costi operativi e quindi sul prezzo dei prodotti finali, che deve essere più basso possibile, per renderli concorrenziali con quelli vergini derivati dal fossile.File | Dimensione | Formato | |
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