Disability is a complex, polymorphic, and constantly evolving concept, and over the centuries, numerous attempts have been made to define it [1]. Currently, disability is considered the result of the interaction between a person with an impairment and the barriers within the physical and social environment that prevent them from achieving full participation [2]. Since it is estimated that people with disabilities represent about 15% of the world's population [3][4], it is important that their rights are regulated and guaranteed. This task falls to various global organizations, and among them, the UN published the United Nations Convention on the Rights of Persons with Disabilities in 2006, which outlines the fundamental rights of people with disabilities [2]. Despite efforts, disability still represents a source of transversal discrimination that affects disabled women in various aspects of daily life. This includes healthcare: the presence of a disability still represents an obstacle to accessing healthcare both in the Italian and international contexts. This disparity is reflected in a greater difficulty for women with disabilities to access gynecological and obstetric care and to have their sexual and reproductive health needs met, compared to the general population, with significant repercussions on their quality of life and both physical and mental health [5]. Firstly, women with disabilities are perceived as asexual [6][7][8] and are thus wrongly excluded from sexual and emotional education meetings, many sexually transmitted disease and cancer prevention programs, and are not adequately followed during pregnancy. Moreover, hospital and outpatient facilities are often physically inaccessible due to the lack of public transportation, spaces without elevators, ramps, or sufficiently wide doors, small or unwelcoming waiting rooms, and other issues of this nature. Therefore, the existing inequality in this field can be explained by the overlapping prejudices attached to women with disabilities on a healthcare context that is unprepared to handle the peculiarities of these patients [9][10][11][12][13]. Improving the quality of life and increasing survival rates is making it increasingly urgent to change the approach offered to women with disabilities, starting from acknowledging that disability is not an individual responsibility, but a collective one [12][14]. This study aims to describe a reality that attempts to implement the best practices highlighted by the literature to ensure adequate and better care than what is generally provided to women with disabilities. The goal is to contribute to the creation of bibliographic data that allows the recognition of the need to improve the conditions of women with disabilities and the feasibility of interventions that make this improvement possible.
La disabilità è un concetto complesso, multiforme e in costante evoluzione, nei secoli si è potuto assistere a numerosi tentativi di definirla [1]. Attualmente si considera la disabilità come il risultato dell’interazione tra una persona che presenta una menomazione e le barriere proprie dell’ambiente fisico e sociale che le impediscono di raggiungere una piena partecipazione. [2] Dal momento che si stima che le persone con disabilità rappresentino circa il 15% della popolazione mondiale [3], [4], è importante che i loro diritti vengano regolamentati e garantiti. Questo compito spetta alle varie organizzazioni mondiali e tra queste l’ONU ha pubblicato nel 2006 la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, che enuncia i diritti fondamentali delle persone con disabilità. [2] Nonostante gli sforzi messi in pratica, la disabilità rappresenta ancora una fonte di discriminazione trasversale che grava sulle donne disabili in diversi ambiti della vita quotidiana. Tra questi figura anche quello sanitario: la presenza di una disabilità, ad oggi, rappresenta un ostacolo all’access alla sanità sia nel contesto italiano che internazionale. Questa disparità si riflette in una maggiore difficoltà delle donne con disabilità ad accedere alle cure ginecologiche e ostetriche e a veder soddisfatti i propri bisogni in materia di salute sessuale e riproduttiva, rispetto alla popolazione generale, con ripercussioni importanti sulla qualità di vita e sulla salute sia fisica che mentale. [5] In primo luogo, le donne con disabilità vengono percepite come asessuate [6], [7], [8] e in quanto tali erroneamente escluse dagli incontri di educazione sessuale e affettiva, da molti percorsi di prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili e oncologici e non vengono seguite adeguatamente durante la gravidanza. Inoltre, le strutture ospedaliere e ambulatoriali sono spesso fisicamente inaccessibili a causa di mancanza di mezzi pubblici, spazi privi di ascensori, rampe o porte sufficientemente ampie, sale d’attesa piccole o poco accoglienti e altre problematiche di questa natura. Pertanto, l’inuguaglianza esistente in questo campo è spiegabile tramite la sovrapposizione dei pregiudizi affibbiati alle donne con disabilità su un contesto sanitario impreparato a gestire le peculiarità di queste pazienti. [9], [10], [11], [12], [13]. Il miglioramento della qualità di vita e l’aumento della sopravvivenza sta rendendo sempre più urgente un cambiamento nell’approccio proposto alle donne con disabilità, partendo dal prendere atto che la disabilità non è una responsabilità individuale, ma collettiva. [12], [14] Con questo studio si vuole descrivere una realtà che tenta di mettere in atto le buone pratiche evidenziate dalla letteratura per garantire una cura adeguata e migliore di quella che generalmente viene riservata alle donne con disabilità. L’obiettivo è quello di partecipare alla creazione di dati bibliografici che permettano il riconoscimento della necessità di migliorare le condizioni delle donne con disabilità e la fattibilità degli interventi che lo permettono.
Donne con disabilità: un ambulatorio dedicato ginecologico e ostetrico
MOSCARELLO, VITTORIA
2023/2024
Abstract
La disabilità è un concetto complesso, multiforme e in costante evoluzione, nei secoli si è potuto assistere a numerosi tentativi di definirla [1]. Attualmente si considera la disabilità come il risultato dell’interazione tra una persona che presenta una menomazione e le barriere proprie dell’ambiente fisico e sociale che le impediscono di raggiungere una piena partecipazione. [2] Dal momento che si stima che le persone con disabilità rappresentino circa il 15% della popolazione mondiale [3], [4], è importante che i loro diritti vengano regolamentati e garantiti. Questo compito spetta alle varie organizzazioni mondiali e tra queste l’ONU ha pubblicato nel 2006 la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, che enuncia i diritti fondamentali delle persone con disabilità. [2] Nonostante gli sforzi messi in pratica, la disabilità rappresenta ancora una fonte di discriminazione trasversale che grava sulle donne disabili in diversi ambiti della vita quotidiana. Tra questi figura anche quello sanitario: la presenza di una disabilità, ad oggi, rappresenta un ostacolo all’access alla sanità sia nel contesto italiano che internazionale. Questa disparità si riflette in una maggiore difficoltà delle donne con disabilità ad accedere alle cure ginecologiche e ostetriche e a veder soddisfatti i propri bisogni in materia di salute sessuale e riproduttiva, rispetto alla popolazione generale, con ripercussioni importanti sulla qualità di vita e sulla salute sia fisica che mentale. [5] In primo luogo, le donne con disabilità vengono percepite come asessuate [6], [7], [8] e in quanto tali erroneamente escluse dagli incontri di educazione sessuale e affettiva, da molti percorsi di prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili e oncologici e non vengono seguite adeguatamente durante la gravidanza. Inoltre, le strutture ospedaliere e ambulatoriali sono spesso fisicamente inaccessibili a causa di mancanza di mezzi pubblici, spazi privi di ascensori, rampe o porte sufficientemente ampie, sale d’attesa piccole o poco accoglienti e altre problematiche di questa natura. Pertanto, l’inuguaglianza esistente in questo campo è spiegabile tramite la sovrapposizione dei pregiudizi affibbiati alle donne con disabilità su un contesto sanitario impreparato a gestire le peculiarità di queste pazienti. [9], [10], [11], [12], [13]. Il miglioramento della qualità di vita e l’aumento della sopravvivenza sta rendendo sempre più urgente un cambiamento nell’approccio proposto alle donne con disabilità, partendo dal prendere atto che la disabilità non è una responsabilità individuale, ma collettiva. [12], [14] Con questo studio si vuole descrivere una realtà che tenta di mettere in atto le buone pratiche evidenziate dalla letteratura per garantire una cura adeguata e migliore di quella che generalmente viene riservata alle donne con disabilità. L’obiettivo è quello di partecipare alla creazione di dati bibliografici che permettano il riconoscimento della necessità di migliorare le condizioni delle donne con disabilità e la fattibilità degli interventi che lo permettono.File | Dimensione | Formato | |
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