-

Questo lavoro prende forma all’interno di un ambulatorio per persone richiedenti asilo interno a un’ASL. Adottando una prospettiva «fisico-politica» (Pizza e Ravenda, 2012) in grado di tracciare una linea direttrice tra Stato, istituzioni e corpi percorrendo la quale è possibile osservare il governo dei confini (Khosravi, 2010), la ricerca ha esplorato sia il ruolo della medicina legale nell’ambito della richiesta di protezione internazionale rispetto alle modalità attraverso cui il corpo viene costruito come prova (Fassin e d’Halluin, 2005), sia i gesti quotidiani, le pratiche e i saper fare (Minelli, 2011) messi in scena dai vari soggetti dell’ambulatorio. Ciò si è tradotto nell’impostazione di un’etnografia dell’istituzione interessata a coglierne le contraddizioni (Basaglia, 1984), la processualità (Abélès, 2001; Palumbo, 2021) e le dinamiche in cui si incarna la relazione tra esercizio della sovranità statale e l’esperienza delle soggettività migranti. A percorrere trasversalmente il lavoro è un movimento autoriflessivo sul ruolo ibrido occupato nel corso dei dodici i mesi in cui l’etnografia è stata condotta: volontario e studente-ricercatore nel primo periodo, studente-ricercatore e operatore sociale durante la seconda fase. Ciò si è tradotto in una metodologia semi-coperta il cui nucleo è costituito dall’interazione dialettica tra «partecipazione osservante» (Wacquant, 2002) e «osservazione della partecipazione» (Tedlock, 2008). Dopo alcune riflessioni iniziali di carattere auto-etnografico, si procede con un’analisi critica del volontariato come dispositivo al confine tra governo umanitario (Fassin, 2010) e neoliberismo (Muehlebach, 2011), arrivando a individuare l’incorporazione dell’habitus (Bourdieu e Wacquant, 1992) di volontario come chiave tattica per accedere a contesti che resistono a lasciarsi studiare (Fassin, 2004). La seconda parte si sofferma sull’ambulatorio come campo attraversato da molteplici sovrapposizioni (Pizza, 2005), costituendo un contesto tra pubblico e privato sociale, tra istituzione di salute e sistema di accoglienza, tra biomedicina e migrazioni. Quindi, vengono avanzate alcune considerazioni sulla dimensione coinvolta, situata e carnale della ricerca (Haraway, 1988; Wacquant, 2015). Gli ultimi due capitoli entrano nel vivo dell’etnografia: il terzo indaga l’economia morale del contesto istituzionale (Fassin, 2015), restituendone la tensione tra dispositivo di disciplinamento e spazio in cui vengono attuate pratiche interstiziali di sabotaggio (Sbriccoli, 2018) in cui le stesse soggettività migranti esprimono forme inedite di agency (Beneduce e Taliani, 2021). Infine, individuando la modalità di spazializzazione dello sguardo medico (Foucault, 1963) in un confine clinico preso tra i due versanti del regime del sospetto (Vacchiano, 2011) e del criterio del merito sotteso alla logica umanitaria (Malkki, 1996), si pone in relazione il certificato medico-legale – a sua volta «oggetto confine» (Cabot, 2012) – con il concetto giuridico di credibilità come linea che traccia tale frontiera sui corpi. In questa dinamica, lo sguardo si sposta sugli atti di attraversamento (Mezzadra e Neilson, 2013) del confine clinico da parte delle persone richiedenti, che ri-abitano la violenza vissuta (Beneduce, 2010; Das, 2005) scegliendo consapevolmente di esporre il proprio corpo per avere accesso a una forma di riconoscimento che passa dalla dimensione biologica (Fassin, 2014; Petryna, 2002; Rose e Novas, 2003).

"Diagnosticare credibilità". Etnografia di un ambulatorio per richiedenti asilo tra corpi, pratiche e certificati

CERAOLO, LUCA
2023/2024

Abstract

Questo lavoro prende forma all’interno di un ambulatorio per persone richiedenti asilo interno a un’ASL. Adottando una prospettiva «fisico-politica» (Pizza e Ravenda, 2012) in grado di tracciare una linea direttrice tra Stato, istituzioni e corpi percorrendo la quale è possibile osservare il governo dei confini (Khosravi, 2010), la ricerca ha esplorato sia il ruolo della medicina legale nell’ambito della richiesta di protezione internazionale rispetto alle modalità attraverso cui il corpo viene costruito come prova (Fassin e d’Halluin, 2005), sia i gesti quotidiani, le pratiche e i saper fare (Minelli, 2011) messi in scena dai vari soggetti dell’ambulatorio. Ciò si è tradotto nell’impostazione di un’etnografia dell’istituzione interessata a coglierne le contraddizioni (Basaglia, 1984), la processualità (Abélès, 2001; Palumbo, 2021) e le dinamiche in cui si incarna la relazione tra esercizio della sovranità statale e l’esperienza delle soggettività migranti. A percorrere trasversalmente il lavoro è un movimento autoriflessivo sul ruolo ibrido occupato nel corso dei dodici i mesi in cui l’etnografia è stata condotta: volontario e studente-ricercatore nel primo periodo, studente-ricercatore e operatore sociale durante la seconda fase. Ciò si è tradotto in una metodologia semi-coperta il cui nucleo è costituito dall’interazione dialettica tra «partecipazione osservante» (Wacquant, 2002) e «osservazione della partecipazione» (Tedlock, 2008). Dopo alcune riflessioni iniziali di carattere auto-etnografico, si procede con un’analisi critica del volontariato come dispositivo al confine tra governo umanitario (Fassin, 2010) e neoliberismo (Muehlebach, 2011), arrivando a individuare l’incorporazione dell’habitus (Bourdieu e Wacquant, 1992) di volontario come chiave tattica per accedere a contesti che resistono a lasciarsi studiare (Fassin, 2004). La seconda parte si sofferma sull’ambulatorio come campo attraversato da molteplici sovrapposizioni (Pizza, 2005), costituendo un contesto tra pubblico e privato sociale, tra istituzione di salute e sistema di accoglienza, tra biomedicina e migrazioni. Quindi, vengono avanzate alcune considerazioni sulla dimensione coinvolta, situata e carnale della ricerca (Haraway, 1988; Wacquant, 2015). Gli ultimi due capitoli entrano nel vivo dell’etnografia: il terzo indaga l’economia morale del contesto istituzionale (Fassin, 2015), restituendone la tensione tra dispositivo di disciplinamento e spazio in cui vengono attuate pratiche interstiziali di sabotaggio (Sbriccoli, 2018) in cui le stesse soggettività migranti esprimono forme inedite di agency (Beneduce e Taliani, 2021). Infine, individuando la modalità di spazializzazione dello sguardo medico (Foucault, 1963) in un confine clinico preso tra i due versanti del regime del sospetto (Vacchiano, 2011) e del criterio del merito sotteso alla logica umanitaria (Malkki, 1996), si pone in relazione il certificato medico-legale – a sua volta «oggetto confine» (Cabot, 2012) – con il concetto giuridico di credibilità come linea che traccia tale frontiera sui corpi. In questa dinamica, lo sguardo si sposta sugli atti di attraversamento (Mezzadra e Neilson, 2013) del confine clinico da parte delle persone richiedenti, che ri-abitano la violenza vissuta (Beneduce, 2010; Das, 2005) scegliendo consapevolmente di esporre il proprio corpo per avere accesso a una forma di riconoscimento che passa dalla dimensione biologica (Fassin, 2014; Petryna, 2002; Rose e Novas, 2003).
ITA
-
IMPORT DA TESIONLINE
File in questo prodotto:
File Dimensione Formato  
858507_tesiceraolo.pdf

non disponibili

Tipologia: Altro materiale allegato
Dimensione 1.29 MB
Formato Adobe PDF
1.29 MB Adobe PDF

I documenti in UNITESI sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/111032