Il sistema economico italiano, negli ultimi anni, ha subito un forte processo d'internazionalizzazione, che sta portando il nostro Paese verso uno stato avanzato di capitalismo. Le società italiane sono sempre più caratterizzate dalla presenza di una forte concorrenza e dalla necessità di impostare programmi a lungo termine ma, al tempo stesso, adeguatamente flessibili, in funzione dell'evolversi delle condizioni ambientali, politiche e di mercato. Per ovviare ad un'eccessiva rigidità dei modelli legali delle società di capitali, inderogabilmente prescritti dalle norme, nonché alle difficoltà di controllo e di gestione delle stesse, si sono da tempo diffusi i patti parasociali. Tali patti rappresentano gli strumenti per dare un indirizzo all'organizzazione e alla gestione della società, per assicurare la stabilità degli assetti proprietari e l'incidenza sul controllo societario. Proprio l'inflessibilità del modello legale, cui lo statuto e il contratto sociale erano vincolati, ha favorito la nascita dei patti parasociali. Cosi, in un arco di tempo ormai secolare, la forza della pratica non ha più avuto l'opposizione della dottrina e della giurisprudenza, rovesciando l'originario atteggiamento negativo che caratterizzava la nostra cultura. La dottrina ha sempre tentato di dare un giudizio sulla validità di tali accordi, mentre la giurisprudenza si è preoccupata di garantirne la trasparenza e di fornirne una chiara e completa informazione al mercato ma è evidente che occorrono regole chiare e, soprattutto, un sistema sanzionatorio efficace per evitare comportamenti elusivi da parte di coloro che, spesso, hanno tutto l'interesse a mantenere segreto il patto stipulato. Non sempre, però, è stato facile. Alla luce delle attuali normative che disciplinano i patti parasociali ci si rende conto della difficoltà per l'ordinamento di garantire la trasparenza di tali patti e di come sia facile per i concertisti, mantenendo nascosto il patto, eludere le normative. Un avvenimento a questi riconducibile è il caso Unipol-BNL, qui oggetto d'esame. La vicenda ci mostra come, attraverso l'utilizzo dei patti parasociali e di ulteriori derivati finanziari, la società assicuratrice Unipol ha tentato di effettuare una scalata al capitale della Banca Nazionale del Lavoro (BNL). Il caso tocca anche i problemi riscontrati dal legislatore con riferimento alla prova di patti parasociali stipulati tra la Unipol e altre società bancarie quali Deutsche Bank (DB), Banca Popolare dell'Emilia Romagna (BPER), Banca Popolare Italiana (BPI) e Carige. In questa sede ci concentreremo esclusivamente sul patto parasociale più rilevante: quello stipulato tra Unipol e DB.

Caso Unipol-BNL. Il patto parasociale tra Unipol e Deutsche Bank.

SICURANZA, GIUSEPPE
2010/2011

Abstract

Il sistema economico italiano, negli ultimi anni, ha subito un forte processo d'internazionalizzazione, che sta portando il nostro Paese verso uno stato avanzato di capitalismo. Le società italiane sono sempre più caratterizzate dalla presenza di una forte concorrenza e dalla necessità di impostare programmi a lungo termine ma, al tempo stesso, adeguatamente flessibili, in funzione dell'evolversi delle condizioni ambientali, politiche e di mercato. Per ovviare ad un'eccessiva rigidità dei modelli legali delle società di capitali, inderogabilmente prescritti dalle norme, nonché alle difficoltà di controllo e di gestione delle stesse, si sono da tempo diffusi i patti parasociali. Tali patti rappresentano gli strumenti per dare un indirizzo all'organizzazione e alla gestione della società, per assicurare la stabilità degli assetti proprietari e l'incidenza sul controllo societario. Proprio l'inflessibilità del modello legale, cui lo statuto e il contratto sociale erano vincolati, ha favorito la nascita dei patti parasociali. Cosi, in un arco di tempo ormai secolare, la forza della pratica non ha più avuto l'opposizione della dottrina e della giurisprudenza, rovesciando l'originario atteggiamento negativo che caratterizzava la nostra cultura. La dottrina ha sempre tentato di dare un giudizio sulla validità di tali accordi, mentre la giurisprudenza si è preoccupata di garantirne la trasparenza e di fornirne una chiara e completa informazione al mercato ma è evidente che occorrono regole chiare e, soprattutto, un sistema sanzionatorio efficace per evitare comportamenti elusivi da parte di coloro che, spesso, hanno tutto l'interesse a mantenere segreto il patto stipulato. Non sempre, però, è stato facile. Alla luce delle attuali normative che disciplinano i patti parasociali ci si rende conto della difficoltà per l'ordinamento di garantire la trasparenza di tali patti e di come sia facile per i concertisti, mantenendo nascosto il patto, eludere le normative. Un avvenimento a questi riconducibile è il caso Unipol-BNL, qui oggetto d'esame. La vicenda ci mostra come, attraverso l'utilizzo dei patti parasociali e di ulteriori derivati finanziari, la società assicuratrice Unipol ha tentato di effettuare una scalata al capitale della Banca Nazionale del Lavoro (BNL). Il caso tocca anche i problemi riscontrati dal legislatore con riferimento alla prova di patti parasociali stipulati tra la Unipol e altre società bancarie quali Deutsche Bank (DB), Banca Popolare dell'Emilia Romagna (BPER), Banca Popolare Italiana (BPI) e Carige. In questa sede ci concentreremo esclusivamente sul patto parasociale più rilevante: quello stipulato tra Unipol e DB.
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