Il giornalismo che non racconta più, ma smercia puri artefatti, la politica che nonostante l¿esplosione della political communication continua a rimanere oscura o a raccontare mezze verità che sono anche mezze bugie, la stessa legittimità di un sistema democratico fondato sul presupposto che di fronte al potere segga, in veste di giudice di ultima istanza, un¿opinione pubblica composta di cittadini che dispongono di buona informazione perché esiste un mondo dei media professionale e trasparente in grado di offrirgliela: se troppe e troppo complesse sono le zone di contatto e le reti di interessi, scindere politica e giornalismo equivale ad una sfida sottile, da giocare sul terreno dell¿analisi istituzionale, che porta necessariamente a chiedersi quale sia la qualità della stampa. A partire dall¿illustrazione del fenomeno della mediatizzazione della realtà, la tesi si concentra sul processo storico che ha portato all¿evoluzione della «forma partito», dalla personalizzazione del potere da parte del leader all¿affermazione della «campagna politica permanente», e presta particolare attenzione all¿analisi delle parole della politica e del politainment, che ha trovato la sua massima espressione nella televisione e nella rivoluzione di linguaggi, stili e contenuti introdotta da Paolo Mieli nella carta stampata. Nella parte centrale si cerca poi di definire una sorta di geografia dei rapporti di forza tra politici e giornalisti, ma soprattutto il cronista politico, il suo rapporto con le fonti, il percorso della notizia e i modi in cui è stata raccontata la sfera pubblica negli ultimi cinquant¿anni. È infine il «retroscena» a fare da protagonista nel terzo capitolo, analizzato nella sua duplice valenza sociologica e giornalistica. Attraverso questo gustoso corsivo, specialità del giornalismo politico italiano resa celebre dallo «Squalo» Augusto Minzolini, verrà delineato un quadro delle frenetiche ore che hanno preceduto il voto di fiducia del 14 dicembre 2010 e dell¿acceso dibattito scatenato dalle recenti accuse di prostituzione minorile e concussione rivolte al premier Berlusconi. Chiudono la riflessione una breve analisi della complessità della «lettura in filigrana» delle dichiarazioni del Capo dello Stato nel giornalismo istituzionale e l¿intervista all¿editorialista di Repubblica Filippo Ceccarelli, «principe» della cronaca parlamentare, che ogni giorno, attraverso i suoi articoli dal taglio dissacrante, analizza impietosamente il «teatrone» della politica italiana.
I cronisti della politica tra scena e retroscena Com‟è cambiato il linguaggio dei giornali nel raccontare il Palazzo
BARBERIS, ELISA
2009/2010
Abstract
Il giornalismo che non racconta più, ma smercia puri artefatti, la politica che nonostante l¿esplosione della political communication continua a rimanere oscura o a raccontare mezze verità che sono anche mezze bugie, la stessa legittimità di un sistema democratico fondato sul presupposto che di fronte al potere segga, in veste di giudice di ultima istanza, un¿opinione pubblica composta di cittadini che dispongono di buona informazione perché esiste un mondo dei media professionale e trasparente in grado di offrirgliela: se troppe e troppo complesse sono le zone di contatto e le reti di interessi, scindere politica e giornalismo equivale ad una sfida sottile, da giocare sul terreno dell¿analisi istituzionale, che porta necessariamente a chiedersi quale sia la qualità della stampa. A partire dall¿illustrazione del fenomeno della mediatizzazione della realtà, la tesi si concentra sul processo storico che ha portato all¿evoluzione della «forma partito», dalla personalizzazione del potere da parte del leader all¿affermazione della «campagna politica permanente», e presta particolare attenzione all¿analisi delle parole della politica e del politainment, che ha trovato la sua massima espressione nella televisione e nella rivoluzione di linguaggi, stili e contenuti introdotta da Paolo Mieli nella carta stampata. Nella parte centrale si cerca poi di definire una sorta di geografia dei rapporti di forza tra politici e giornalisti, ma soprattutto il cronista politico, il suo rapporto con le fonti, il percorso della notizia e i modi in cui è stata raccontata la sfera pubblica negli ultimi cinquant¿anni. È infine il «retroscena» a fare da protagonista nel terzo capitolo, analizzato nella sua duplice valenza sociologica e giornalistica. Attraverso questo gustoso corsivo, specialità del giornalismo politico italiano resa celebre dallo «Squalo» Augusto Minzolini, verrà delineato un quadro delle frenetiche ore che hanno preceduto il voto di fiducia del 14 dicembre 2010 e dell¿acceso dibattito scatenato dalle recenti accuse di prostituzione minorile e concussione rivolte al premier Berlusconi. Chiudono la riflessione una breve analisi della complessità della «lettura in filigrana» delle dichiarazioni del Capo dello Stato nel giornalismo istituzionale e l¿intervista all¿editorialista di Repubblica Filippo Ceccarelli, «principe» della cronaca parlamentare, che ogni giorno, attraverso i suoi articoli dal taglio dissacrante, analizza impietosamente il «teatrone» della politica italiana.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/110924