La trattazione mira ad esaminare le tendenze delle società italiane in campo di finanziamento, focalizzando l'attenzione sull'analisi della struttura produttiva tipicamente utilizzata dalle imprese nel nostro Paese, le quali configurano per la quasi totalità micro, piccole o medie imprese (PMI). Davanti al dilemma che si pone fra indebitamento bancario, ossia la concessione di credito da parte degli intermediari finanziari, e diluizione del controllo proprietario dell'impresa, ossia l'accesso ai mercati borsistici attraverso quotazione, la tendenza tradizionalmente e culturalmente preferita dall'Italiano converge verso la prima opzione; tale consuetudine ha determinato una situazione che, dal punto di vista microeconomico, risulta essere la meno ottimale per le imprese relativamente al loro sviluppo; dal punto di vista macroeconomico invece, rispecchia un ostacolo per la crescita del Pil nazionale, pressoché stabile da anni con una percentuale di crescita annuale percettibilmente inferiore rispetto agli altri Paesi. Tuttavia le prospettive per il futuro potrebbero mutare alla luce dell'accordo interbancario (Basilea III) a cui Banca d'Italia ha aderito per correggere gradualmente l'attitudine delle banche a concedere credito troppo agevolmente, imponendo ai singoli istituti di credito requisiti patrimoniali e soglie di capitalizzazione più consistenti. Oltre ad approfondire le tematiche riguardanti il finanziamento, nel testo assumono rilevanza gli elementi che possono costituire le maggiori criticità alla quotazione ed in particolare le motivazioni che spingono le imprese a non fare il loro ingresso sul mercato o a scegliere altri mercati, anche esteri, come piattaforma di negoziazione. Nonostante la creazione di nuovi mercati da parte di Borsa Italiana (Expandi, Aim Italia e Mac) con costi di quotazione più sostenibili e requisiti di ingresso meno stringenti rispetto all'accesso al mercato azionario che solitamente le imprese domestiche scelgono per negoziare i propri titoli azionari (Mta), la quotazione è oggi un'ipotesi residuale che le imprese non vagliano come strategia di crescita; influiscono ancora differenti elementi come ad esempio lo stretto vincolo che lega l'impresa italiana al capitalismo familiare; oppure il disinteresse diffuso delle aziende alla crescita; l'opportunismo del settore bancario che sembra privilegiare nel rapporto con il cliente la forma dell'indebitamento; la mancanza di incentivi dal punto di vista fiscale; la carenza di investitori istituzionali e la mancanza di operatori specializzati in listing azionario; l'insussistenza della competitività fra i mercati azionari italiani e quelli esteri, che spesso impongono regole meno severe rispetto ai mercati domestici. La trattazione infine punta a citare gli interventi legislativi, le possibili nuove strade di finanziamento percorribili e gli innovativi accordi stipulati in materia, che rendono meno oneroso il reperimento di capitale: si inizia dall'analisi del ricorso al private equity, termine che indica fondi di investimento di tipo chiuso che intervengono sul capitale di rischio societario soprattutto nelle imprese in fase di start up o con forti prospettive di sviluppo, e si giunge fino agli accordi stipulati dall'Associazione Bancaria Italiana rispettivamente con Borsa Italiana, per favorire la quotazione, e con l'Associazione Italiana del Private Equity e del Venture Capital, per sollecitare invece la conoscenza del nuovo strumento del private equìty.

CRESCITA E QUOTAZIONE DELLE PICCOLE E MEDIE IMPRESE ITALIANE : PROFILI ECONOMICI E PROSPETTIVE DI SVILUPPO DEI MERCATI AZIONARI

DE BONIS, LAURA CATERINA
2010/2011

Abstract

La trattazione mira ad esaminare le tendenze delle società italiane in campo di finanziamento, focalizzando l'attenzione sull'analisi della struttura produttiva tipicamente utilizzata dalle imprese nel nostro Paese, le quali configurano per la quasi totalità micro, piccole o medie imprese (PMI). Davanti al dilemma che si pone fra indebitamento bancario, ossia la concessione di credito da parte degli intermediari finanziari, e diluizione del controllo proprietario dell'impresa, ossia l'accesso ai mercati borsistici attraverso quotazione, la tendenza tradizionalmente e culturalmente preferita dall'Italiano converge verso la prima opzione; tale consuetudine ha determinato una situazione che, dal punto di vista microeconomico, risulta essere la meno ottimale per le imprese relativamente al loro sviluppo; dal punto di vista macroeconomico invece, rispecchia un ostacolo per la crescita del Pil nazionale, pressoché stabile da anni con una percentuale di crescita annuale percettibilmente inferiore rispetto agli altri Paesi. Tuttavia le prospettive per il futuro potrebbero mutare alla luce dell'accordo interbancario (Basilea III) a cui Banca d'Italia ha aderito per correggere gradualmente l'attitudine delle banche a concedere credito troppo agevolmente, imponendo ai singoli istituti di credito requisiti patrimoniali e soglie di capitalizzazione più consistenti. Oltre ad approfondire le tematiche riguardanti il finanziamento, nel testo assumono rilevanza gli elementi che possono costituire le maggiori criticità alla quotazione ed in particolare le motivazioni che spingono le imprese a non fare il loro ingresso sul mercato o a scegliere altri mercati, anche esteri, come piattaforma di negoziazione. Nonostante la creazione di nuovi mercati da parte di Borsa Italiana (Expandi, Aim Italia e Mac) con costi di quotazione più sostenibili e requisiti di ingresso meno stringenti rispetto all'accesso al mercato azionario che solitamente le imprese domestiche scelgono per negoziare i propri titoli azionari (Mta), la quotazione è oggi un'ipotesi residuale che le imprese non vagliano come strategia di crescita; influiscono ancora differenti elementi come ad esempio lo stretto vincolo che lega l'impresa italiana al capitalismo familiare; oppure il disinteresse diffuso delle aziende alla crescita; l'opportunismo del settore bancario che sembra privilegiare nel rapporto con il cliente la forma dell'indebitamento; la mancanza di incentivi dal punto di vista fiscale; la carenza di investitori istituzionali e la mancanza di operatori specializzati in listing azionario; l'insussistenza della competitività fra i mercati azionari italiani e quelli esteri, che spesso impongono regole meno severe rispetto ai mercati domestici. La trattazione infine punta a citare gli interventi legislativi, le possibili nuove strade di finanziamento percorribili e gli innovativi accordi stipulati in materia, che rendono meno oneroso il reperimento di capitale: si inizia dall'analisi del ricorso al private equity, termine che indica fondi di investimento di tipo chiuso che intervengono sul capitale di rischio societario soprattutto nelle imprese in fase di start up o con forti prospettive di sviluppo, e si giunge fino agli accordi stipulati dall'Associazione Bancaria Italiana rispettivamente con Borsa Italiana, per favorire la quotazione, e con l'Associazione Italiana del Private Equity e del Venture Capital, per sollecitare invece la conoscenza del nuovo strumento del private equìty.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/110714