Il film Fight Club è tratto dall'omonimo scritto da Chuck Palahniuk, che narra del conflitto schizofrenico di un uomo ¿ Jack, bianco, della middle-class americana, single ¿ in lotta con il proprio alter-ego dionisiaco, Tyler. La struttura del film è quella di un lungo flashback, che ricostruisce il percorso interiore attraverso il quale Jack arriva alla consapevolezza della bipolarità della sua personalità mentre, in parallelo, Tyler riesce ad organizzare su scala nazionale una rete di associazioni underground, chiamate Fight Club, in cui gli uomini si incontrano per battersi a mani nude, non allo scopo di vincere ma solo allo scopo di risvegliare la loro virilità. Selezionando i più motivati del Fight Club, inoltre, Tyler costituisce un esercito di eco-terroristi che mettono in atto delle azioni dimostrative contro alcuni simboli del consumismo, fino all'azione estrema: la distruzione di tutti i grattacieli della City e quindi l'annientamento delle principali società finanziarie, cervello del sistema capitalistico. Il film rappresenta un atto di accusa al capitalismo, e al consumismo come suo fondamentale strumento di autoconservazione, assumendo però un punto di vista originale. Fincher (e Palahniuk) sostengono che il vero pericolo del consumismo è quello di generare una società femminilizzata, in cui gli uomini perdono la loro virilità e i valori fondanti diventano il possesso e il consumo delle cose, l'autocompiacimento estetico, la sterilizzazione di istinti e passioni. Contro tutto questo combatte Tyler, mentre Jack ne è vittima. In conclusione del film, Jack riesce a riscattarsi dalla dipendenza dal consumismo, a recuperare la propria virilità e a liberarsi del suo doppio, ma Tyler fa comunque in tempo a realizzare il suo progetto distruttivo. Il film ha uno stile di regia concitato e nevrotico, il ritmo del montaggio ed il dinamismo delle riprese lasciano senza fiato. Le scene dei combattimenti nel Fight Club sono di una violenza vivida e materica. La pellicola è ricca di riferimenti filosofici e simbolismi, ma si dipana con una certa leggerezza grazie all'ironia del protagonista, che è anche voce narrante. Tyler impersona uno stereotipo di Oltre-uomo niciano, per quanto volgare e primitivo, e i Fight Club sono templi di un culto dionisiaco della violenza, come strumento virile per risvegliare gli animi alla vita e alle passioni. Trapela da tutto il film un maschilismo misogino abbastanza stereotipato e manca completamente una analisi sociologica ed economico-politica del consumismo capitalista. Tuttavia, col tempo Fight Club ha affascinato gran parte di critica e pubblico, soprattutto grazie alla rappresentazione che viene data della schizofrenia di Jack e della sua relazione con una donna, Marla, che, inserendosi tra le due personalità bipolari del protagonista, innesca il processo di risoluzione.

Analisi della messa in scena di Fight Club (David Fincher, 1999)

RASTELLO, MARCO
2009/2010

Abstract

Il film Fight Club è tratto dall'omonimo scritto da Chuck Palahniuk, che narra del conflitto schizofrenico di un uomo ¿ Jack, bianco, della middle-class americana, single ¿ in lotta con il proprio alter-ego dionisiaco, Tyler. La struttura del film è quella di un lungo flashback, che ricostruisce il percorso interiore attraverso il quale Jack arriva alla consapevolezza della bipolarità della sua personalità mentre, in parallelo, Tyler riesce ad organizzare su scala nazionale una rete di associazioni underground, chiamate Fight Club, in cui gli uomini si incontrano per battersi a mani nude, non allo scopo di vincere ma solo allo scopo di risvegliare la loro virilità. Selezionando i più motivati del Fight Club, inoltre, Tyler costituisce un esercito di eco-terroristi che mettono in atto delle azioni dimostrative contro alcuni simboli del consumismo, fino all'azione estrema: la distruzione di tutti i grattacieli della City e quindi l'annientamento delle principali società finanziarie, cervello del sistema capitalistico. Il film rappresenta un atto di accusa al capitalismo, e al consumismo come suo fondamentale strumento di autoconservazione, assumendo però un punto di vista originale. Fincher (e Palahniuk) sostengono che il vero pericolo del consumismo è quello di generare una società femminilizzata, in cui gli uomini perdono la loro virilità e i valori fondanti diventano il possesso e il consumo delle cose, l'autocompiacimento estetico, la sterilizzazione di istinti e passioni. Contro tutto questo combatte Tyler, mentre Jack ne è vittima. In conclusione del film, Jack riesce a riscattarsi dalla dipendenza dal consumismo, a recuperare la propria virilità e a liberarsi del suo doppio, ma Tyler fa comunque in tempo a realizzare il suo progetto distruttivo. Il film ha uno stile di regia concitato e nevrotico, il ritmo del montaggio ed il dinamismo delle riprese lasciano senza fiato. Le scene dei combattimenti nel Fight Club sono di una violenza vivida e materica. La pellicola è ricca di riferimenti filosofici e simbolismi, ma si dipana con una certa leggerezza grazie all'ironia del protagonista, che è anche voce narrante. Tyler impersona uno stereotipo di Oltre-uomo niciano, per quanto volgare e primitivo, e i Fight Club sono templi di un culto dionisiaco della violenza, come strumento virile per risvegliare gli animi alla vita e alle passioni. Trapela da tutto il film un maschilismo misogino abbastanza stereotipato e manca completamente una analisi sociologica ed economico-politica del consumismo capitalista. Tuttavia, col tempo Fight Club ha affascinato gran parte di critica e pubblico, soprattutto grazie alla rappresentazione che viene data della schizofrenia di Jack e della sua relazione con una donna, Marla, che, inserendosi tra le due personalità bipolari del protagonista, innesca il processo di risoluzione.
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