In questi ultimi anni, la cronaca nera italiana è stata fortemente caratterizzata da omicidi avvenuti nell'ambito intrafamiliare. I mass media si sono occupati con interesse quasi ossessivo, degli omicidi di neonati o di bambini più grandi,soprattutto da parte della madre. Infatti,il clamore mediatico che si è creato intorno alle storie delle madri che hanno ucciso il proprio bambino, ha alimentato numerosi articoli, notiziari televisivi ecc., dando l'impressione di un fenomeno in crescita. Ma è realmente cosi? Quali le dimensioni reali di questo fenomeno? Quali sono i fattori, le circostanze che favoriscono la messa in atto di questo crimine? Ed infine quali gli interventi volti a prevenirlo? Sono queste le principali domande alle quali ho cercato di rispondere in questa analisi, seppur non esaustiva sull'infanticidio e sul figlicidio materno. L'uccisione di un figlio, in realtà non è né un fenomeno in crescita né un delitto attribuibile solo alla patologia mentale della madre come invece comunemente si crede. Dai dati ricavati dalle Statiche Giudiziarie Penali (italiane) emerge che negli ultimi 20 anni, dal 1990 al 2009, i casi sono 120, verificatisi con un andamento oscillatorio, ma costantemente basso negli ultimi 4 anni. Dati che in realtà sembrano non collimare con l'idea che le persone hanno, ovvero di un fenomeno in crescita. Nel tentativo di riflettere sulla percezione delle persone sull'argomento ho condotto uno studio interpretativo, che non ha la pretesa di raggiungere un' esattezza metodologica, ma rappresenta una proposta d' indagine su un campione non rappresentativo. Con questo intento ho somministrato un questionario semi-strutturato ad un campione stratificato ottimale di 30 persone, per indagare sulle loro opinioni e sui loro atteggiamenti riguardo al tema dell'infanticidio. Per quanto riguarda le cause scatenanti, dall'analisi della letteratura italiana e straniera emerge che tale fenomeno è il prodotto di forze e situazioni molto diverse, che vanno dal non riconoscimento della gravidanza e quindi dai sentimenti inadeguati di maternità, alla presenza di situazioni stressanti, oltre che alla presenza di psicopatologie più o meno gravi. Dunque diverse componenti interagiscono sullo sfondo: individuali, familiari relazionali, socio-culturali ed anche le circostanze di vita possono essere fattori precipitanti. Infine per ciò che riguarda i possibili interventi volti alla prevenzione di questo fenomeno, occorre considerare che per il senso comune l'aspetto che suscita pietà è soprattutto la sorte del bambino e meno disperazione della madre che viene quasi sempre attribuita alla presenza di una patologia psichiatrica, come ho accennato prima. In questo modo, spesso si presta poca attenzione al perché queste donne non si preoccupino di affrontare il problema della gravidanza al suo inizio o perché non si rivolgano ai servizi socio-sanitari. Tale atteggiamento generale, può trovare spiegazione nel fatto che nella società italiana sono fortemente radicati i diritti del bambino. Egli è, giustamente, un bene prezioso che deve essere sempre tutelato, ma questa scarsa considerazione nei confronti della sofferenza della madre rende difficilmente attuabile la programmazione di interventi per tentare di prevenire questo crimine.
Infanticidio e figlicidio materno tra allarme sociale e fenomeno mediatico: un tentativo di analisi multidisciplinare
ROMEO, ANNUNZIATA
2010/2011
Abstract
In questi ultimi anni, la cronaca nera italiana è stata fortemente caratterizzata da omicidi avvenuti nell'ambito intrafamiliare. I mass media si sono occupati con interesse quasi ossessivo, degli omicidi di neonati o di bambini più grandi,soprattutto da parte della madre. Infatti,il clamore mediatico che si è creato intorno alle storie delle madri che hanno ucciso il proprio bambino, ha alimentato numerosi articoli, notiziari televisivi ecc., dando l'impressione di un fenomeno in crescita. Ma è realmente cosi? Quali le dimensioni reali di questo fenomeno? Quali sono i fattori, le circostanze che favoriscono la messa in atto di questo crimine? Ed infine quali gli interventi volti a prevenirlo? Sono queste le principali domande alle quali ho cercato di rispondere in questa analisi, seppur non esaustiva sull'infanticidio e sul figlicidio materno. L'uccisione di un figlio, in realtà non è né un fenomeno in crescita né un delitto attribuibile solo alla patologia mentale della madre come invece comunemente si crede. Dai dati ricavati dalle Statiche Giudiziarie Penali (italiane) emerge che negli ultimi 20 anni, dal 1990 al 2009, i casi sono 120, verificatisi con un andamento oscillatorio, ma costantemente basso negli ultimi 4 anni. Dati che in realtà sembrano non collimare con l'idea che le persone hanno, ovvero di un fenomeno in crescita. Nel tentativo di riflettere sulla percezione delle persone sull'argomento ho condotto uno studio interpretativo, che non ha la pretesa di raggiungere un' esattezza metodologica, ma rappresenta una proposta d' indagine su un campione non rappresentativo. Con questo intento ho somministrato un questionario semi-strutturato ad un campione stratificato ottimale di 30 persone, per indagare sulle loro opinioni e sui loro atteggiamenti riguardo al tema dell'infanticidio. Per quanto riguarda le cause scatenanti, dall'analisi della letteratura italiana e straniera emerge che tale fenomeno è il prodotto di forze e situazioni molto diverse, che vanno dal non riconoscimento della gravidanza e quindi dai sentimenti inadeguati di maternità, alla presenza di situazioni stressanti, oltre che alla presenza di psicopatologie più o meno gravi. Dunque diverse componenti interagiscono sullo sfondo: individuali, familiari relazionali, socio-culturali ed anche le circostanze di vita possono essere fattori precipitanti. Infine per ciò che riguarda i possibili interventi volti alla prevenzione di questo fenomeno, occorre considerare che per il senso comune l'aspetto che suscita pietà è soprattutto la sorte del bambino e meno disperazione della madre che viene quasi sempre attribuita alla presenza di una patologia psichiatrica, come ho accennato prima. In questo modo, spesso si presta poca attenzione al perché queste donne non si preoccupino di affrontare il problema della gravidanza al suo inizio o perché non si rivolgano ai servizi socio-sanitari. Tale atteggiamento generale, può trovare spiegazione nel fatto che nella società italiana sono fortemente radicati i diritti del bambino. Egli è, giustamente, un bene prezioso che deve essere sempre tutelato, ma questa scarsa considerazione nei confronti della sofferenza della madre rende difficilmente attuabile la programmazione di interventi per tentare di prevenire questo crimine.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/109912