La discussione intorno alla definizione delle opere d'arte rappresenta un tema di grande dibattito nel Novecento, in particolare dopo lo sviluppo di correnti artistiche come l'Espressionismo Astratto e la Pop Art. Tra le diverse teorie che, sul versante della filosofia analitica, hanno tentato di definire l'arte si possono idividuare due paradigmi in particolare: da un lato, vi sono le teorie istituzionali, che fondano la definizione sulle proprietà estrinseche e relazionali delle opere d'arte, analizzando le pratiche sociali che sottendono all'istituzione "mondo dell'arte"; dall'altro lato, vi sono le teorie di stampo essenzialista, le quali, invece, individuano le proprietà intrinseche ed essenziali delle opere d'arte. Mettendo a confronto questi due paradigmi è possibile stabilire quale dei due è il più efficace e il più adatto allo scopo di giungere a una buona definizione delle opere d'arte. Tra le teorie istituzionali, si è scelto di analizzare la teoria dell'arte di George Dickie (1974, 1984), quella che esemplifica meglio questo paradigma. Tuttavia, di fronte alle numerose critiche mosse da vari autori alla definizione istituzionale nei termini in cui l'aveva espressa Dickie, si è costretti a rivolgere l'analisi verso una teoria più generale, che permetta di superare le obiezioni mosse a Dickie senza uscire dal paradigma istituzionale. Questa teoria più generale è riscontrabile nella teoria degli oggetti sociali di John Searle (1995), autore che ha condotto forse la più vasta e profonda analisi della realtà sociale. Pur non occupandosi direttamente della definizione delle opere d'arte, Searle formula una teoria che può essere applicata alle opere come oggetti sociali. Le teorie di Dickie e di Searle conducono a una precisa definizione delle opere d'arte come oggetti sociali. Si tratta, tuttavia, di una definizione procedurale: come tutte le teorie istituzionali, essa è perfettamente in grado di spiegare come un oggetto venga considerato un'opera d'arte, a chi spetti il compito di indicarlo come tale e quali siano le pratiche sociali che sottendono al mondo dell'arte. Tuttavia, una definizione di questo tipo non è in grado di dirci nulla sulle proprietà intrinseche che differenziano le opere d'arte da tutti gli altri oggetti materiali. Per questo motivo occorre analizzare anche una teoria di stampo essenzialista: quella di Arthur Danto (1981), considerata da molti la più autorevole teoria dell'arte di stampo essenzialista. Effettuata l'analisi, le diverse teorie possono essere poste a confronto, in modo da valutare quale delle due fornisca una definizione migliore delle opere d'arte. La nostra opinione è che questi due paradigmi teorici possano in qualche modo collaborare e completarsi a vicenda: da un lato, la teoria di Searle può spiegarci quale sia il ruolo delle opere all'interno della nostra realtà sociale, evidenziando le pratiche sociali che guidano le relazioni nel mondo dell'arte e le procedure attraverso cui le cose ordinarie accedono alla classe delle opere; dall'altro lato, essa ha bisogno di una teoria essenzialista che definisca le opere d'arte sulla base delle loro proprietà intrinseche e ci permetta di distinguerle dagli altri tipi di oggetti.
Che cos'è l'opera d'arte? Teorie istituzionali e teorie essenzialiste a confronto.
FRESCO, GIULIA
2010/2011
Abstract
La discussione intorno alla definizione delle opere d'arte rappresenta un tema di grande dibattito nel Novecento, in particolare dopo lo sviluppo di correnti artistiche come l'Espressionismo Astratto e la Pop Art. Tra le diverse teorie che, sul versante della filosofia analitica, hanno tentato di definire l'arte si possono idividuare due paradigmi in particolare: da un lato, vi sono le teorie istituzionali, che fondano la definizione sulle proprietà estrinseche e relazionali delle opere d'arte, analizzando le pratiche sociali che sottendono all'istituzione "mondo dell'arte"; dall'altro lato, vi sono le teorie di stampo essenzialista, le quali, invece, individuano le proprietà intrinseche ed essenziali delle opere d'arte. Mettendo a confronto questi due paradigmi è possibile stabilire quale dei due è il più efficace e il più adatto allo scopo di giungere a una buona definizione delle opere d'arte. Tra le teorie istituzionali, si è scelto di analizzare la teoria dell'arte di George Dickie (1974, 1984), quella che esemplifica meglio questo paradigma. Tuttavia, di fronte alle numerose critiche mosse da vari autori alla definizione istituzionale nei termini in cui l'aveva espressa Dickie, si è costretti a rivolgere l'analisi verso una teoria più generale, che permetta di superare le obiezioni mosse a Dickie senza uscire dal paradigma istituzionale. Questa teoria più generale è riscontrabile nella teoria degli oggetti sociali di John Searle (1995), autore che ha condotto forse la più vasta e profonda analisi della realtà sociale. Pur non occupandosi direttamente della definizione delle opere d'arte, Searle formula una teoria che può essere applicata alle opere come oggetti sociali. Le teorie di Dickie e di Searle conducono a una precisa definizione delle opere d'arte come oggetti sociali. Si tratta, tuttavia, di una definizione procedurale: come tutte le teorie istituzionali, essa è perfettamente in grado di spiegare come un oggetto venga considerato un'opera d'arte, a chi spetti il compito di indicarlo come tale e quali siano le pratiche sociali che sottendono al mondo dell'arte. Tuttavia, una definizione di questo tipo non è in grado di dirci nulla sulle proprietà intrinseche che differenziano le opere d'arte da tutti gli altri oggetti materiali. Per questo motivo occorre analizzare anche una teoria di stampo essenzialista: quella di Arthur Danto (1981), considerata da molti la più autorevole teoria dell'arte di stampo essenzialista. Effettuata l'analisi, le diverse teorie possono essere poste a confronto, in modo da valutare quale delle due fornisca una definizione migliore delle opere d'arte. La nostra opinione è che questi due paradigmi teorici possano in qualche modo collaborare e completarsi a vicenda: da un lato, la teoria di Searle può spiegarci quale sia il ruolo delle opere all'interno della nostra realtà sociale, evidenziando le pratiche sociali che guidano le relazioni nel mondo dell'arte e le procedure attraverso cui le cose ordinarie accedono alla classe delle opere; dall'altro lato, essa ha bisogno di una teoria essenzialista che definisca le opere d'arte sulla base delle loro proprietà intrinseche e ci permetta di distinguerle dagli altri tipi di oggetti.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/109840