Il mio obiettivo in questo studio è di procedere ad una analisi comparatistica dei due romanzi che possa mettere in luce come un’opera della produzione morantiana che spesso mi pare sia stata trascurata nell’analizzare le connessioni tra le due autrici possa aver fornito invece contributi più che rilevanti per l’elaborazione dell’Amica geniale. Si procederà dapprima ad una chiarificazione teorica sul campo del genere letterario e sull’utilizzo di termini come «epos» e «generi archetipici». Successivamente si esamineranno narratologicamente L’Isola di Arturo e L’amica geniale dal punto di vista dell’impostazione generale delle opere e di alcuni procedimenti narrativi più particolari, analizzando, nelle istanze in cui sia possibile individuarne, gli elementi che mirano ad un’impostazione epica o rimandano a narrazioni archetipiche. Si procederà con una sezione dedicata agli archetipi e ai modelli di intreccio archetipici rintracciabili nelle due opere (l’eroe o l’eroina, il genio e il Fanciullo divino o la Fanciulla divina). Si concluderà con una sezione destinata a rendere conto ed interpretare anche tutti gli elementi che mandano in cortocircuito le due opere come narrazioni archetipiche e che inducono a riferirsi alla parabola dei due romanzi come «epica imperfetta», «fine dell’epica» o «uscita dall’epica» (in cui, nonostante la disillusione, non vengono mai meno le modalità diegetiche descritte precedentemente). Si tenterà di dare un’interpretazione di questi dati, anche procedendo ad un confronto tra le due opere e ad un richiamo dei dati emersi dall’analisi svolta nei due capitoli precedenti. Si concluderà che i rimandi all’epos presenti nell’Isola, il sopravvivere, il non venir meno, seppur nel racconto di una disillusione, di un crollo di certezze, di simili modalità diegetiche, non sono altro che deliberata ed esposta finzione. La «finzione poetica», la Menzogna, l’illudersi come ragion d’essere fondamentale dell’arte può rivelarsi ciò che, sopra tutto, giustifica e rende possibile un’impostazione epico-archetipica. Si tenterà di argomentare come la «finzione poetica» non sia per Elsa Morante solo «fingere», ma soprattutto «fingersi»: fingersi in questo caso un fanciullo, elemento che (come osservato dalla stessa Ferrante) permette all’autrice di ragionare in modo più libero, schietto e universale anche su questioni legate al genere. Si proverà quindi a definire L’isola di Arturo un’opera gender aware, e un’opera in cui un’autrice si inserisce, vive, e modula con la sua voce i canoni dell’epos tradizionale (e così se ne riappropria). Si concluderà altresì che L’amica geniale è un’opera in cui Elena Ferrante ha raccolto il precedente morantiano e l’ha spinto ad esiti diversi, riappropriandosi di una tradizione maschile e riscrivendo l’epos e la parabola archetipica dell’eroe in modo diverso (non solo come traslazione geografica e al femminile dell’epica tradizionale), come «epica dei margini», non con un solo eroe, ma con due eroine. Un’«epica dei margini» che, significativamente, narra di un’amicizia al femminile, di una Fanciulla divina, e di genio femminile, tutti elementi che hanno risvolti, anche sociali, politici e ideologici, rilevantissimi.
Nascere a difficili amori. Epos e Archetipo tra L’isola di Arturo di Elsa Morante e L’amica geniale di Elena Ferrante
PIANTINO, STEFANO
2023/2024
Abstract
Il mio obiettivo in questo studio è di procedere ad una analisi comparatistica dei due romanzi che possa mettere in luce come un’opera della produzione morantiana che spesso mi pare sia stata trascurata nell’analizzare le connessioni tra le due autrici possa aver fornito invece contributi più che rilevanti per l’elaborazione dell’Amica geniale. Si procederà dapprima ad una chiarificazione teorica sul campo del genere letterario e sull’utilizzo di termini come «epos» e «generi archetipici». Successivamente si esamineranno narratologicamente L’Isola di Arturo e L’amica geniale dal punto di vista dell’impostazione generale delle opere e di alcuni procedimenti narrativi più particolari, analizzando, nelle istanze in cui sia possibile individuarne, gli elementi che mirano ad un’impostazione epica o rimandano a narrazioni archetipiche. Si procederà con una sezione dedicata agli archetipi e ai modelli di intreccio archetipici rintracciabili nelle due opere (l’eroe o l’eroina, il genio e il Fanciullo divino o la Fanciulla divina). Si concluderà con una sezione destinata a rendere conto ed interpretare anche tutti gli elementi che mandano in cortocircuito le due opere come narrazioni archetipiche e che inducono a riferirsi alla parabola dei due romanzi come «epica imperfetta», «fine dell’epica» o «uscita dall’epica» (in cui, nonostante la disillusione, non vengono mai meno le modalità diegetiche descritte precedentemente). Si tenterà di dare un’interpretazione di questi dati, anche procedendo ad un confronto tra le due opere e ad un richiamo dei dati emersi dall’analisi svolta nei due capitoli precedenti. Si concluderà che i rimandi all’epos presenti nell’Isola, il sopravvivere, il non venir meno, seppur nel racconto di una disillusione, di un crollo di certezze, di simili modalità diegetiche, non sono altro che deliberata ed esposta finzione. La «finzione poetica», la Menzogna, l’illudersi come ragion d’essere fondamentale dell’arte può rivelarsi ciò che, sopra tutto, giustifica e rende possibile un’impostazione epico-archetipica. Si tenterà di argomentare come la «finzione poetica» non sia per Elsa Morante solo «fingere», ma soprattutto «fingersi»: fingersi in questo caso un fanciullo, elemento che (come osservato dalla stessa Ferrante) permette all’autrice di ragionare in modo più libero, schietto e universale anche su questioni legate al genere. Si proverà quindi a definire L’isola di Arturo un’opera gender aware, e un’opera in cui un’autrice si inserisce, vive, e modula con la sua voce i canoni dell’epos tradizionale (e così se ne riappropria). Si concluderà altresì che L’amica geniale è un’opera in cui Elena Ferrante ha raccolto il precedente morantiano e l’ha spinto ad esiti diversi, riappropriandosi di una tradizione maschile e riscrivendo l’epos e la parabola archetipica dell’eroe in modo diverso (non solo come traslazione geografica e al femminile dell’epica tradizionale), come «epica dei margini», non con un solo eroe, ma con due eroine. Un’«epica dei margini» che, significativamente, narra di un’amicizia al femminile, di una Fanciulla divina, e di genio femminile, tutti elementi che hanno risvolti, anche sociali, politici e ideologici, rilevantissimi.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/109340