Da almeno una settantina d’anni, la popular music costituisce la colonna sonora della vita moderna, pervadendo ogni luogo e non-luogo. Il suo inequivocabile “peso” sociale, culturale, identitario, mediale ed economico, acquisito dal Secondo dopoguerra grazie allo sviluppo tecnologico, ha, però, faticato ad ottenere una seria considerazione da parte del mondo accademico; anzi, ha sortito l’effetto contrario, come dimostra la denominazione italiana “musica leggera”. Evitata e bistrattata, la popular music sembra essere affetta da un pericoloso morbo, capace di trascinare negli abissi del cattivo gusto qualsiasi forma di – autentica – arte che vi entri in contatto, viste le implicazioni tipicamente commerciali della pop culture di cui è la propaggine musicale. Ecco che quasi sempre diviene sinonimo di musica banale, scontata, superficiale, ripetitiva, effimera e priva di qualsiasi valore estetico. Il cambio di rotta si verifica solo intorno agli anni Ottanta, nel momento in cui le si riconosce dignità di studio semplicemente in quanto musica, in tutte le sue declinazioni. Questo processo di nuova ontologizzazione, con il quale si comprende la necessità di gettare lo sguardo oltre la musica assoluta, che aveva per secoli dominato il panorama musicologico, e che operava nella sola prospettiva notazionale, viene promosso dall’azione sinergica di numerose discipline. Tra queste, un ruolo – in tutti i sensi – significativo è svolto dalla semiotica, la quale, superati quei preconcetti iniziali che non la ritenevano applicabile al sonoro, rivolge la propria attenzione alle entità semiotiche musicali circolanti nei discorsi sociali, dunque come sociosemiotica. Il presente elaborato si inserisce esattamente in quest’ottica, poiché muove dalla volontà di indagare le interpretazioni che comunità socioculturali di ascoltatori associano al mainstream: il discorso principale che, con tutte le implicazioni del caso, ruota attorno, fino di fatto a sovrapporsi, ad una specifica forma della popular music, il metagenere pop di natura storicamente angloamericana. La questione sul popular viene analizzata a partire da una prospettiva linguistico-terminologica incentrata sulle diverse categorizzazioni che delle musiche si possono realizzare, tenendo come stella polare il concetto chiave di genere musicale. Il discorso sui generi permette di comprendere come il sistema musicale sia capace di veicolare senso, soprattutto tramite il nome assegnato loro, ma non deve comunicare un’immagine fissa della musica, dal momento che si tratta di etichette dal carattere problematico, perché polisemico, mutevole e astratto. Le tassonomie a cui danno vita riflettono l’attività di gruppi di ascoltatori in un preciso momento e contesto, e pertanto sono soggette ad inesauribili trasformazioni. La dinamicità intrinseca del sistema è ben visualizzabile per mezzo della semiosfera lotmaniana, che viene impiegata nel cruciale passaggio da popular a pop.

Pop(ular) music: Il peso di una musica leggera

DI MARTINO, DORIANA
2022/2023

Abstract

Da almeno una settantina d’anni, la popular music costituisce la colonna sonora della vita moderna, pervadendo ogni luogo e non-luogo. Il suo inequivocabile “peso” sociale, culturale, identitario, mediale ed economico, acquisito dal Secondo dopoguerra grazie allo sviluppo tecnologico, ha, però, faticato ad ottenere una seria considerazione da parte del mondo accademico; anzi, ha sortito l’effetto contrario, come dimostra la denominazione italiana “musica leggera”. Evitata e bistrattata, la popular music sembra essere affetta da un pericoloso morbo, capace di trascinare negli abissi del cattivo gusto qualsiasi forma di – autentica – arte che vi entri in contatto, viste le implicazioni tipicamente commerciali della pop culture di cui è la propaggine musicale. Ecco che quasi sempre diviene sinonimo di musica banale, scontata, superficiale, ripetitiva, effimera e priva di qualsiasi valore estetico. Il cambio di rotta si verifica solo intorno agli anni Ottanta, nel momento in cui le si riconosce dignità di studio semplicemente in quanto musica, in tutte le sue declinazioni. Questo processo di nuova ontologizzazione, con il quale si comprende la necessità di gettare lo sguardo oltre la musica assoluta, che aveva per secoli dominato il panorama musicologico, e che operava nella sola prospettiva notazionale, viene promosso dall’azione sinergica di numerose discipline. Tra queste, un ruolo – in tutti i sensi – significativo è svolto dalla semiotica, la quale, superati quei preconcetti iniziali che non la ritenevano applicabile al sonoro, rivolge la propria attenzione alle entità semiotiche musicali circolanti nei discorsi sociali, dunque come sociosemiotica. Il presente elaborato si inserisce esattamente in quest’ottica, poiché muove dalla volontà di indagare le interpretazioni che comunità socioculturali di ascoltatori associano al mainstream: il discorso principale che, con tutte le implicazioni del caso, ruota attorno, fino di fatto a sovrapporsi, ad una specifica forma della popular music, il metagenere pop di natura storicamente angloamericana. La questione sul popular viene analizzata a partire da una prospettiva linguistico-terminologica incentrata sulle diverse categorizzazioni che delle musiche si possono realizzare, tenendo come stella polare il concetto chiave di genere musicale. Il discorso sui generi permette di comprendere come il sistema musicale sia capace di veicolare senso, soprattutto tramite il nome assegnato loro, ma non deve comunicare un’immagine fissa della musica, dal momento che si tratta di etichette dal carattere problematico, perché polisemico, mutevole e astratto. Le tassonomie a cui danno vita riflettono l’attività di gruppi di ascoltatori in un preciso momento e contesto, e pertanto sono soggette ad inesauribili trasformazioni. La dinamicità intrinseca del sistema è ben visualizzabile per mezzo della semiosfera lotmaniana, che viene impiegata nel cruciale passaggio da popular a pop.
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