Nel presente lavoro si riflette sul rapporto tra la monumentalistica e le pratiche della memoria individuale e collettiva. In particolare la prima parte si costituisce come un tentativo di delineare un'estetica della monumentalità, attraverso l'individuazione dei principali nodi problematici. In termini filosofici la nozione di monumento si colloca al crocevia tra l'estetica della morte e le forme della rappresentazione del potere. La tradizione monumentale nasce infatti come strategia per rispondere al terrore atavico della morte. Il monumento, in particolare quello sepolcrale, testimonia del gesto tipicamente umano di supplire ad un'assenza attraverso la formazione di un'immagine. Si è tentato dunque di comprendere i modi della performatività monumentale: come comunica un monumento? In che modo è in grado di costruire un ponte tra il reale ed un altrove spazio-temporale? La capacità di trasmissione simbolica risiederebbe nella possibilità del monumento di porsi come agente di un nuovo ordinamento spaziale. L'effetto generato può avere delle importanti conseguenze sull'osservatore. Un caso esemplificativo è offerto dall'architettura celebrativa, in particolare quella totalitaria. La sacralizzazione degli spazi messa in atto attraverso le opere monumentali è una delle modalità attraverso le quali si concretizza il progetto di ideologizzazione delle masse. A partire da ciò, si riflette sulla possibilità da parte della monumentalistica, spogliata delle proprie implicazioni ideologiche, di costituire oggi un mezzo per soddisfare la nuova esigenza di radicamento dell'uomo tardomoderno. Si può pensare ad un utilizzo autenticamente politico del monumento, ossia finalizzato alla creazione di spazi abitabili teatro delle azioni degli individui e delle loro pratiche discorsive? Per mettere alla prova l'impianto così delineato si analizza un caso-studio, quello relativo alla trasfigurazione monumentale della memoria della Grande Guerra in Italia. In particolare si cerca di individuare le principali trasformazioni che coinvolgono il complesso iconografico utilizzato per rappresentare la morte, attraverso un confronto con la monumentalistica del periodo risorgimentale. Dalla raffigurazione del soldato morente si passa progressivamente ad una sua rappresentazione in chiave eroica in concomitanza con l'affermazione del regime fascista. All'esigenza del ricordo si affianca parallelamente il progetto di costituzione di un nuovo mito fondativo, che sia in grado di supplire allo stato di anomia nel quale si ritrova il Paese all'indomani della fine del primo conflitto mondiale. La monumentalizzazione dei luoghi della Guerra da parte del fascismo costituisce un campo d'indagine privilegiato per riflettere sul potenziale mitopoietico delle architetture monumentali. Oggi, nell'epoca dei «miti a bassa intensità», la monumentalistica è chiamata a fare i conti con una realtà sempre più fluida, dalla composizione magmatica. «I Celesti sono veloci» e si sottraggono a qualsiasi tentativo di sublimazione nella pietra. Eppure l'esigenza di un radicamento e di forme comunitarie permane e non si può escludere che la monumentalità possa comunque giocare un ruolo decisivo. A patto che questa sia in grado di reinventarsi attraverso l'intervento coordinato delle istituzioni politiche e della comunità artistica.

Estetica della monumentalità e pratiche della memoria. La trasfigurazione monumentale della memoria della Grande Guerra in Italia

DELLE DONNE, GABRIELE
2022/2023

Abstract

Nel presente lavoro si riflette sul rapporto tra la monumentalistica e le pratiche della memoria individuale e collettiva. In particolare la prima parte si costituisce come un tentativo di delineare un'estetica della monumentalità, attraverso l'individuazione dei principali nodi problematici. In termini filosofici la nozione di monumento si colloca al crocevia tra l'estetica della morte e le forme della rappresentazione del potere. La tradizione monumentale nasce infatti come strategia per rispondere al terrore atavico della morte. Il monumento, in particolare quello sepolcrale, testimonia del gesto tipicamente umano di supplire ad un'assenza attraverso la formazione di un'immagine. Si è tentato dunque di comprendere i modi della performatività monumentale: come comunica un monumento? In che modo è in grado di costruire un ponte tra il reale ed un altrove spazio-temporale? La capacità di trasmissione simbolica risiederebbe nella possibilità del monumento di porsi come agente di un nuovo ordinamento spaziale. L'effetto generato può avere delle importanti conseguenze sull'osservatore. Un caso esemplificativo è offerto dall'architettura celebrativa, in particolare quella totalitaria. La sacralizzazione degli spazi messa in atto attraverso le opere monumentali è una delle modalità attraverso le quali si concretizza il progetto di ideologizzazione delle masse. A partire da ciò, si riflette sulla possibilità da parte della monumentalistica, spogliata delle proprie implicazioni ideologiche, di costituire oggi un mezzo per soddisfare la nuova esigenza di radicamento dell'uomo tardomoderno. Si può pensare ad un utilizzo autenticamente politico del monumento, ossia finalizzato alla creazione di spazi abitabili teatro delle azioni degli individui e delle loro pratiche discorsive? Per mettere alla prova l'impianto così delineato si analizza un caso-studio, quello relativo alla trasfigurazione monumentale della memoria della Grande Guerra in Italia. In particolare si cerca di individuare le principali trasformazioni che coinvolgono il complesso iconografico utilizzato per rappresentare la morte, attraverso un confronto con la monumentalistica del periodo risorgimentale. Dalla raffigurazione del soldato morente si passa progressivamente ad una sua rappresentazione in chiave eroica in concomitanza con l'affermazione del regime fascista. All'esigenza del ricordo si affianca parallelamente il progetto di costituzione di un nuovo mito fondativo, che sia in grado di supplire allo stato di anomia nel quale si ritrova il Paese all'indomani della fine del primo conflitto mondiale. La monumentalizzazione dei luoghi della Guerra da parte del fascismo costituisce un campo d'indagine privilegiato per riflettere sul potenziale mitopoietico delle architetture monumentali. Oggi, nell'epoca dei «miti a bassa intensità», la monumentalistica è chiamata a fare i conti con una realtà sempre più fluida, dalla composizione magmatica. «I Celesti sono veloci» e si sottraggono a qualsiasi tentativo di sublimazione nella pietra. Eppure l'esigenza di un radicamento e di forme comunitarie permane e non si può escludere che la monumentalità possa comunque giocare un ruolo decisivo. A patto che questa sia in grado di reinventarsi attraverso l'intervento coordinato delle istituzioni politiche e della comunità artistica.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/108603