Questo elaborato indaga i profondi legami che Giovanni Battista Piranesi instaurò nel corso della sua estesa carriera romana con il mondo francese. La tesi prende avvio dall’analisi della mostra Piranèse et les Français 1740-1790, del 1976, e degli atti dell’omonimo convegno di Villa Medici, coordinati nel maggio 1976 da George Brunel, che rappresentarono un contributo pionieristico. Attraverso un’attenta ricognizione di questi atti, la tesi si propone di ricostruire, nel primo e nel secondo capitolo, le circostanze che favorirono fin dagli anni Quaranta l’inserimento di Piranesi nel milieu francese a Roma e di analizzare alcuni dei suoi rapporti instaurati con i giovani pensionnaires dell’Accademia di Francia, i cosiddetti i piranèsiens français, un gruppo di artisti eterogenei i cui interessi e attività si articolarono intorno ad una riflessione originale sulle novità proposte dall’incisore veneziano, contribuendo, come ha puntualizzato Werner Oechslin, a un rinnovamento della cultura romana di quegli anni. I rapporti con i pensionnaires si intensificarono nel 1743 a seguito della pubblicazione della Prima Parte di Architetture e Prospettive, caratterizzata da composizioni utopiche e fantastiche. Prova della immediata ricezione di quell’opera è il disegno del Louvre realizzato dal pittore e architetto Challe, raffigurante un’Architettura d’Invenzione, concepito nel 1746 come brillante esercizio stilistico alla maniera del veneziano. In modo diverso, l’ideatore di apparati effimeri Le Lorrain si misurò con le invenzioni scenografiche delle Prima Parte, rielaborandole nei suoi disegni per la festa della Chinea, dagli esiti di sorprendente originalità. Una fonte di notevole interesse per questa indagine è la biografia manoscritta di Piranesi redatta nel 1799 da Jacques-Guillaume Legrand (1743-1807), pubblicata negli atti del convegno del 1978 e commentata da Gilbert Erouart e Monique Mosser, che documenta gli scambi artistici e culturali tra l’incisore veneziano e i francesi. Il terzo capitolo si avvia con l’analizzare il sodalizio editoriale che legò Piranesi e il libraio Jean Bouchard, procedendo a esaminare la gestione della libreria e la sua offerta libraria, documentata dal Catalogue des livres françois, latins, et italiens qui se trouvent chez Bouchard e Gravier, stampato tra il 1768 e il 1769. Si prosegue con l’approfondimento delle opere piranesiane pubblicate da Bouchard: le Invenzioni capric. di Carceri all’acquaforte (1745); le Opere Varie (1750); Le Magnificenze di Roma le più remarcabili (1751), raccolta che costituisce il primo nucleo e la prima edizione delle cosiddette Grandi Vedute; Trofei di Ottaviano Augusto (1753); le Antichità Romane (1756) coronamento della collaborazione tra il libraio francese e il veneziano. L’ultimo capitolo è dedicato all’influenza che Piranesi esercitò su un’altra personalità di spicco del gruppo dei piranèsiens, Jean Barbault, che fu direttamente coinvolto in veste di incisore nella raccolta delle Antichità Romane del 1756, firmando alcune tavole del secondo e del terzo volume.

All’ombra di Giambattista Piranesi: Le Lorrain, Clérisseau, Bouchard e Barbault a Roma (1740-1761)

SCOLARO, YLENIA MARIA
2022/2023

Abstract

Questo elaborato indaga i profondi legami che Giovanni Battista Piranesi instaurò nel corso della sua estesa carriera romana con il mondo francese. La tesi prende avvio dall’analisi della mostra Piranèse et les Français 1740-1790, del 1976, e degli atti dell’omonimo convegno di Villa Medici, coordinati nel maggio 1976 da George Brunel, che rappresentarono un contributo pionieristico. Attraverso un’attenta ricognizione di questi atti, la tesi si propone di ricostruire, nel primo e nel secondo capitolo, le circostanze che favorirono fin dagli anni Quaranta l’inserimento di Piranesi nel milieu francese a Roma e di analizzare alcuni dei suoi rapporti instaurati con i giovani pensionnaires dell’Accademia di Francia, i cosiddetti i piranèsiens français, un gruppo di artisti eterogenei i cui interessi e attività si articolarono intorno ad una riflessione originale sulle novità proposte dall’incisore veneziano, contribuendo, come ha puntualizzato Werner Oechslin, a un rinnovamento della cultura romana di quegli anni. I rapporti con i pensionnaires si intensificarono nel 1743 a seguito della pubblicazione della Prima Parte di Architetture e Prospettive, caratterizzata da composizioni utopiche e fantastiche. Prova della immediata ricezione di quell’opera è il disegno del Louvre realizzato dal pittore e architetto Challe, raffigurante un’Architettura d’Invenzione, concepito nel 1746 come brillante esercizio stilistico alla maniera del veneziano. In modo diverso, l’ideatore di apparati effimeri Le Lorrain si misurò con le invenzioni scenografiche delle Prima Parte, rielaborandole nei suoi disegni per la festa della Chinea, dagli esiti di sorprendente originalità. Una fonte di notevole interesse per questa indagine è la biografia manoscritta di Piranesi redatta nel 1799 da Jacques-Guillaume Legrand (1743-1807), pubblicata negli atti del convegno del 1978 e commentata da Gilbert Erouart e Monique Mosser, che documenta gli scambi artistici e culturali tra l’incisore veneziano e i francesi. Il terzo capitolo si avvia con l’analizzare il sodalizio editoriale che legò Piranesi e il libraio Jean Bouchard, procedendo a esaminare la gestione della libreria e la sua offerta libraria, documentata dal Catalogue des livres françois, latins, et italiens qui se trouvent chez Bouchard e Gravier, stampato tra il 1768 e il 1769. Si prosegue con l’approfondimento delle opere piranesiane pubblicate da Bouchard: le Invenzioni capric. di Carceri all’acquaforte (1745); le Opere Varie (1750); Le Magnificenze di Roma le più remarcabili (1751), raccolta che costituisce il primo nucleo e la prima edizione delle cosiddette Grandi Vedute; Trofei di Ottaviano Augusto (1753); le Antichità Romane (1756) coronamento della collaborazione tra il libraio francese e il veneziano. L’ultimo capitolo è dedicato all’influenza che Piranesi esercitò su un’altra personalità di spicco del gruppo dei piranèsiens, Jean Barbault, che fu direttamente coinvolto in veste di incisore nella raccolta delle Antichità Romane del 1756, firmando alcune tavole del secondo e del terzo volume.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/108575