L’elaborato finale sulla attività di tirocinio svolta presso il caseificio di un’azienda zootecnica che alleva la Bufala Mediterranea Italiana, si compone di due parti. Nella prima viene riassunta l’esperienza di tirocinio curricolare, dedicato principalmente alla produzione della mozzarella e di altri latticini, quali scamorze e caciocavalli, al confezionamento, etichettatura e stoccaggio degli stessi, nonché alle procedure di pulizia del caseificio. Circa il 6% del monte ore è stato dedicato ad attività amministrative, come la registrazione in anagrafe degli animali o la compilazione dei registri di tracciabilità del latte, mentre il 29% del tirocinio è stato speso in attività legate alla commercializzazione dei prodotti finiti, come l’apposizione delle scadenze, il confezionamento finale e la preparazione al trasporto verso l’acquirente finale. Nella seconda parte dell’elaborato, in continuità con quanto svolto in azienda, si è effettuato un approfondimento bibliografico, relativo all’impatto ambientale dell’allevamento e delle produzioni della bufala, utilizzando come strumento di valutazione la metodologia LCA (Life Cycle Assessment), che prende in esame l’intero ciclo di vita di un prodotto attraverso il calcolo di specifiche categorie di impatto. Questa analisi permette di individuare gli hotspots del processo di produzione del latte e della caseificazione, al fine di poter elaborare soluzioni volte a una maggior sostenibilità del processo. Alla luce dei dati attuali, la revisione degli articoli scientifici dedicati a questa tematica ha evidenziato che, poiché la bufala è sempre stata considerata una specie minore e solo negli ultimi anni ha registrato un aumento di interesse nei suoi confronti da parte degli allevatori, le conoscenze ad essa relative necessitano un maggiore approfondimento. Infatti, rispetto alla bovina da latte, gli studi sull’impatto ambientale sono risultati molto inferiori e le categorie di impatto considerate, sia per l’allevamento che per le produzioni sono spesso limitate al potenziale di riscaldamento globale, all’acidificazione terrestre e all’eutrofizzazione delle acque. Emerge altresì che la fase più impattante nel ciclo di produzione della mozzarella è quella di produzione del latte (responsabile del 79-95% del potenziale di riscaldamento globale nel processo di produzione della mozzarella), a causa delle emissioni enteriche degli animali, della produzione e trasporto dei mangimi e dell’uso di macchinari. Anche nella fase di caseificazione si possono individuare delle fasi critiche: l’impiego di energia elettrica durante la refrigerazione dei prodotti e l’uso dell’acqua per le operazioni tecnologiche e di pulizia delle strutture. Va ricordato che andrebbe promossa una maggior omogeneizzazione nell’applicazione del metodo LCA, poiché i risultati ottenuti non sono sempre confrontabili: esemplificativo in tal senso è l’utilizzo o meno dell’allocazione. La comunità scientifica, a fronte di questi risultati, ha recentemente proposto tecniche di riduzione dell’impatto lungo la filiera: per quanto riguarda la produzione del latte, andrebbero adottate strategie gestionali quali diete più digeribili per gli animali e la gestione all’aperto delle categorie improduttive, mentre nella caseificazione si potrebbero sfruttare il siero derivante dalle attività per ottenere sottoprodotti o per l’alimentazione animale, ma anche lavorare con il caseificio a pieno regime (risparmio del 38% di acqua).

Sostenibilità dell'allevamento della bufala e delle sue produzioni

CLEMENTE, CHIARA
2022/2023

Abstract

L’elaborato finale sulla attività di tirocinio svolta presso il caseificio di un’azienda zootecnica che alleva la Bufala Mediterranea Italiana, si compone di due parti. Nella prima viene riassunta l’esperienza di tirocinio curricolare, dedicato principalmente alla produzione della mozzarella e di altri latticini, quali scamorze e caciocavalli, al confezionamento, etichettatura e stoccaggio degli stessi, nonché alle procedure di pulizia del caseificio. Circa il 6% del monte ore è stato dedicato ad attività amministrative, come la registrazione in anagrafe degli animali o la compilazione dei registri di tracciabilità del latte, mentre il 29% del tirocinio è stato speso in attività legate alla commercializzazione dei prodotti finiti, come l’apposizione delle scadenze, il confezionamento finale e la preparazione al trasporto verso l’acquirente finale. Nella seconda parte dell’elaborato, in continuità con quanto svolto in azienda, si è effettuato un approfondimento bibliografico, relativo all’impatto ambientale dell’allevamento e delle produzioni della bufala, utilizzando come strumento di valutazione la metodologia LCA (Life Cycle Assessment), che prende in esame l’intero ciclo di vita di un prodotto attraverso il calcolo di specifiche categorie di impatto. Questa analisi permette di individuare gli hotspots del processo di produzione del latte e della caseificazione, al fine di poter elaborare soluzioni volte a una maggior sostenibilità del processo. Alla luce dei dati attuali, la revisione degli articoli scientifici dedicati a questa tematica ha evidenziato che, poiché la bufala è sempre stata considerata una specie minore e solo negli ultimi anni ha registrato un aumento di interesse nei suoi confronti da parte degli allevatori, le conoscenze ad essa relative necessitano un maggiore approfondimento. Infatti, rispetto alla bovina da latte, gli studi sull’impatto ambientale sono risultati molto inferiori e le categorie di impatto considerate, sia per l’allevamento che per le produzioni sono spesso limitate al potenziale di riscaldamento globale, all’acidificazione terrestre e all’eutrofizzazione delle acque. Emerge altresì che la fase più impattante nel ciclo di produzione della mozzarella è quella di produzione del latte (responsabile del 79-95% del potenziale di riscaldamento globale nel processo di produzione della mozzarella), a causa delle emissioni enteriche degli animali, della produzione e trasporto dei mangimi e dell’uso di macchinari. Anche nella fase di caseificazione si possono individuare delle fasi critiche: l’impiego di energia elettrica durante la refrigerazione dei prodotti e l’uso dell’acqua per le operazioni tecnologiche e di pulizia delle strutture. Va ricordato che andrebbe promossa una maggior omogeneizzazione nell’applicazione del metodo LCA, poiché i risultati ottenuti non sono sempre confrontabili: esemplificativo in tal senso è l’utilizzo o meno dell’allocazione. La comunità scientifica, a fronte di questi risultati, ha recentemente proposto tecniche di riduzione dell’impatto lungo la filiera: per quanto riguarda la produzione del latte, andrebbero adottate strategie gestionali quali diete più digeribili per gli animali e la gestione all’aperto delle categorie improduttive, mentre nella caseificazione si potrebbero sfruttare il siero derivante dalle attività per ottenere sottoprodotti o per l’alimentazione animale, ma anche lavorare con il caseificio a pieno regime (risparmio del 38% di acqua).
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/108143