In our constitutional and democratic system, citizen participation required cannot be passive. Based on the personalist principle of our constitution, which rejects individualistic and organicist theories, each citizen must fulfill the participatory principle established in article 3 of the constitution. Inevitably, this argument meet theories of consent (both contractual and conventional) and tries to investigate if a democratic system can accept forms of dissent that go beyond passive obedience to the law. Is it possible to be "rebels in law"? The answer is affirmative if one assumes that a democratic system, being pluralistic, uses social conflict in order to limit the abuse of power. The violation of an unjust law transforms dissenters into modern Antigones, on the presupposition that, in the absence of universal justice, we can only speak of fairness of the law. Democracy and right to resistance come together, especially when the former is in crisis, just as it happened during partisan resistance and as it is happening today due to increasing political apathy. The crisis of the principle of legality and that of representation are what make the argument around dissent alive. There are multiple forms of political change (revolution, reformism, conscientious objection, coup d'état, civil disobedience...), each with its specific characteristics. Some aim to overthrow the system, while others integrate into it without shying away from the consequences that may come from their behavior, but with the intention of exposing a serious violation of a fundamental freedom. Dissent cannot be always justify; there are limits that it has to follow in order to stay within the terms of the system. Additionally, the means used in the act of civil disobedience must be suitable to evoke in others a similar feeling, so that the instance can become collective. Despite the absence of an explicit right/duty of resistance in the constitution, it can be argued that our system already recognizes some forms of dissent openly (e.g., conscientious objection or strikes), and through an interpretative reading of the constitution, one can anticipate its provision through the principles of loyalty to the state, effective participation, and popular sovereignty. These principles bring back in the hands of citizens the power delegated to representation, which actually belongs to them and must be exercised through dissent to strengthen fundamental freedoms and invigorate democracy.
Nel nostro ordinamento costituzionale e democratico è richiesta una forma di partecipazione ai cittadini che non può essere passiva, ma sul presupposto del principio personalista della nostra carta costituzionale, che rifugge le teorie individualiste e organiciste, ciascun cittadino e ciascuna cittadina deve adempiere al principio partecipativo sancito all’articolo 3 della Costituzione. Inevitabilmente il discorso incontra le teorie del consenso (sia di natura contrattualistica, sia convenzionali) e vuole indagare se un ordinamento democratico possa accettare forme di dissenso che rifuggono dall’ubbidienza passiva alla legge. È possibile essere “ribelli in diritto”? La risposta è positiva se si assume che un ordinamento democratico, poiché pluralista, utilizza il conflitto sociale come strumento volto a limitare l’abuso del potere. L’emanazione di una legge ingiusta è cosa trasforma chi dissente in Antigoni del nostro tempo, sulla premessa che, però, non esistendo una giustizia universale, possiamo solo parlare di giustezza del diritto. Democrazia e diritto di resistenza si incontrano tanto più la prima entra in crisi, esattamente come accadde durante la resistenza partigiana e come sta accadendo ai giorni nostri a causa di una apatia politica sempre maggiore. La crisi del principio di legalità e quella della rappresentanza sono quanto rendono il discorso attorno al dissenso sempre più vivo. Molteplici sono le forme del mutamento politico (rivoluzione, riformismo, obiezione di coscienza, colpo di stato, disobbedienza civile…), ciascuna con dei propri caratteri specifici. Talune mirano a sovvertire l’ordinamento, altre si inseriscono in quest’ultimo senza rifuggire dalle conseguenze che dal loro comportamento potrebbero derivare, ma con la volontà di portare alla luce la grave violazione di una libertà fondamentale. Non sempre il dissenso può essere giustificato, vi sono infatti dei limiti che gli permettono di rientrare nei termini dell’ordinamento, ed è necessario, inoltre, che i mezzi che vengono utilizzati nell’agire della disobbedienza civile siano adeguati per suscitare negli altri individui un uguale sentimento, affinché l’istanza possa farsi di gruppo. Nonostante la mancanza di un espresso diritto/dovere di resistenza nella costituzione, si può comunque sostenere che il nostro ordinamento riconosca già alcune forme di dissenso, apertamente (per es. l’obiezione di coscienza o lo sciopero) e, attraverso una lettura interpretativa della costituzione, se ne può leggere la previsione attraverso quei principi di fedeltà allo Stato, ovvero di partecipazione effettiva e di sovranità popolare. Questi principi riportano nelle mani dei cittadini e delle cittadine quel potere delegato alla rappresentanza, ma che in realtà appartiene a loro e che devono esercitare anche attraverso il dissenso, con il fine di rafforzare le libertà fondamentali e rinvigorire la democrazia.
Disobbedienza civile e Costituzionale
VIORA, LARA
2022/2023
Abstract
Nel nostro ordinamento costituzionale e democratico è richiesta una forma di partecipazione ai cittadini che non può essere passiva, ma sul presupposto del principio personalista della nostra carta costituzionale, che rifugge le teorie individualiste e organiciste, ciascun cittadino e ciascuna cittadina deve adempiere al principio partecipativo sancito all’articolo 3 della Costituzione. Inevitabilmente il discorso incontra le teorie del consenso (sia di natura contrattualistica, sia convenzionali) e vuole indagare se un ordinamento democratico possa accettare forme di dissenso che rifuggono dall’ubbidienza passiva alla legge. È possibile essere “ribelli in diritto”? La risposta è positiva se si assume che un ordinamento democratico, poiché pluralista, utilizza il conflitto sociale come strumento volto a limitare l’abuso del potere. L’emanazione di una legge ingiusta è cosa trasforma chi dissente in Antigoni del nostro tempo, sulla premessa che, però, non esistendo una giustizia universale, possiamo solo parlare di giustezza del diritto. Democrazia e diritto di resistenza si incontrano tanto più la prima entra in crisi, esattamente come accadde durante la resistenza partigiana e come sta accadendo ai giorni nostri a causa di una apatia politica sempre maggiore. La crisi del principio di legalità e quella della rappresentanza sono quanto rendono il discorso attorno al dissenso sempre più vivo. Molteplici sono le forme del mutamento politico (rivoluzione, riformismo, obiezione di coscienza, colpo di stato, disobbedienza civile…), ciascuna con dei propri caratteri specifici. Talune mirano a sovvertire l’ordinamento, altre si inseriscono in quest’ultimo senza rifuggire dalle conseguenze che dal loro comportamento potrebbero derivare, ma con la volontà di portare alla luce la grave violazione di una libertà fondamentale. Non sempre il dissenso può essere giustificato, vi sono infatti dei limiti che gli permettono di rientrare nei termini dell’ordinamento, ed è necessario, inoltre, che i mezzi che vengono utilizzati nell’agire della disobbedienza civile siano adeguati per suscitare negli altri individui un uguale sentimento, affinché l’istanza possa farsi di gruppo. Nonostante la mancanza di un espresso diritto/dovere di resistenza nella costituzione, si può comunque sostenere che il nostro ordinamento riconosca già alcune forme di dissenso, apertamente (per es. l’obiezione di coscienza o lo sciopero) e, attraverso una lettura interpretativa della costituzione, se ne può leggere la previsione attraverso quei principi di fedeltà allo Stato, ovvero di partecipazione effettiva e di sovranità popolare. Questi principi riportano nelle mani dei cittadini e delle cittadine quel potere delegato alla rappresentanza, ma che in realtà appartiene a loro e che devono esercitare anche attraverso il dissenso, con il fine di rafforzare le libertà fondamentali e rinvigorire la democrazia.File | Dimensione | Formato | |
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