Luigi Pareyson è stato uno dei pensatori più influenti del panorama italiano del dopo guerra. Egli orienta progressivamente il suo pensiero verso lo sviluppo di un'ontologia della libertà, che diventerà il suo contributo più significativo alla storia della filosofia italiana. In queste pagine si è deciso di concentrarsi in particolar modo sui primi passi mossi da Pareyson verso la costituzione di questa ontologia. Si tratterà dunque del percorso che Pareyson ha seguito alla ricerca del Principio nel tentativo di nominarlo e di porlo come scaturigine dell'essere e di tutte le cose. In particolare, nel primo capitolo si indaga il principio inteso come fondamento e si mostra come questa definizione si riveli insufficiente perché il Principio si mostra come abisso. Per indagare un tale principio occorre un metodo che mostri lo stesso carattere abissale e ambiguo ed esso è identificato con la dialettica, oggetto della trattazione del secondo capitolo. La dialettica non è da intendersi nel senso hegeliano di triade in continuo superamento ma nel senso esistenziale di tensione continua e infinita fra due poli opposti che coinvolga l'uomo nei suoi aspetti più essenziali. Parla così di una dialettica fra bene e male, ma parlarne in termini filosofici è molto difficile, la filosofia spesso non è stata in grado di affrontare il discorso sul bene e sul male e ha relegato quest'ultimo ad un ruolo secondario. In questo modo ci si è allontanati dalla realtà che, sconvolta dal dolore non trova risposte se non nella religione attraverso la forma del mito. Il compito della filosofia dunque è sviluppare un'ermeneutica dell'esperienza religiosa rendendo il contenuto del mito chiaro e universale di modo che venga accolto anche da chi non si riconosce in una particolare credenza religiosa. Partendo così dal mito di Adamo si sviluppa una storia di questa lotta fra bene e male, lotta che nel mondo temporale è continua senza che ci sia un chiaro dominio dell'uno o dell'altro, ma che nell'eternità si è placata: Dio infatti inteso come principio è colui che, scegliendo di essere e di far essere tutte le creature, ha vinto il male ab aeterno. Questo però rimane come possibilità, perché Dio (o il principio) è in sé ambiguo, dialettico e non può eliminare un elemento. Il principio è quindi positività originaria ed è tale perché è libero, o per meglio dire è la libertà stessa. Per arrivare a questo punto centrale per il futuro sviluppo dell'ontologia della libertà, Pareyson fa ricorso agli autori che forse più di tutti hanno lasciato un'impronta nel suo pensiero: Schelling e Heidegger. Entrambi hanno delineato due concetti importantissimi presentati nel terzo capitolo. Da Schelling Pareyson recupera l'abissalità della libertà, perché essa è essenzialmente ciò che è ma non è vincolata a rimanere tale: ha la facoltà di negarsi, è assoluta. Da Heidegger invece Pareyson recupera il Nulla identificato con l'essere, ovvero quel principio primo che dà l'esistenza a tutto e con cui l'uomo è in continuo rapporto. Partendo quindi dal Niente e dalla libertà, Pareyson tenterà di accostare i due grandi pensatori fino a dire che l'essere non è nient'altro che la libertà e che, se esso è il principio, quest'ultimo a sua volta va pensato come libertà.
Abisso, dialettica, libertà: il principio in Luigi Pareyson
DESTEFANIS, ELENA
2014/2015
Abstract
Luigi Pareyson è stato uno dei pensatori più influenti del panorama italiano del dopo guerra. Egli orienta progressivamente il suo pensiero verso lo sviluppo di un'ontologia della libertà, che diventerà il suo contributo più significativo alla storia della filosofia italiana. In queste pagine si è deciso di concentrarsi in particolar modo sui primi passi mossi da Pareyson verso la costituzione di questa ontologia. Si tratterà dunque del percorso che Pareyson ha seguito alla ricerca del Principio nel tentativo di nominarlo e di porlo come scaturigine dell'essere e di tutte le cose. In particolare, nel primo capitolo si indaga il principio inteso come fondamento e si mostra come questa definizione si riveli insufficiente perché il Principio si mostra come abisso. Per indagare un tale principio occorre un metodo che mostri lo stesso carattere abissale e ambiguo ed esso è identificato con la dialettica, oggetto della trattazione del secondo capitolo. La dialettica non è da intendersi nel senso hegeliano di triade in continuo superamento ma nel senso esistenziale di tensione continua e infinita fra due poli opposti che coinvolga l'uomo nei suoi aspetti più essenziali. Parla così di una dialettica fra bene e male, ma parlarne in termini filosofici è molto difficile, la filosofia spesso non è stata in grado di affrontare il discorso sul bene e sul male e ha relegato quest'ultimo ad un ruolo secondario. In questo modo ci si è allontanati dalla realtà che, sconvolta dal dolore non trova risposte se non nella religione attraverso la forma del mito. Il compito della filosofia dunque è sviluppare un'ermeneutica dell'esperienza religiosa rendendo il contenuto del mito chiaro e universale di modo che venga accolto anche da chi non si riconosce in una particolare credenza religiosa. Partendo così dal mito di Adamo si sviluppa una storia di questa lotta fra bene e male, lotta che nel mondo temporale è continua senza che ci sia un chiaro dominio dell'uno o dell'altro, ma che nell'eternità si è placata: Dio infatti inteso come principio è colui che, scegliendo di essere e di far essere tutte le creature, ha vinto il male ab aeterno. Questo però rimane come possibilità, perché Dio (o il principio) è in sé ambiguo, dialettico e non può eliminare un elemento. Il principio è quindi positività originaria ed è tale perché è libero, o per meglio dire è la libertà stessa. Per arrivare a questo punto centrale per il futuro sviluppo dell'ontologia della libertà, Pareyson fa ricorso agli autori che forse più di tutti hanno lasciato un'impronta nel suo pensiero: Schelling e Heidegger. Entrambi hanno delineato due concetti importantissimi presentati nel terzo capitolo. Da Schelling Pareyson recupera l'abissalità della libertà, perché essa è essenzialmente ciò che è ma non è vincolata a rimanere tale: ha la facoltà di negarsi, è assoluta. Da Heidegger invece Pareyson recupera il Nulla identificato con l'essere, ovvero quel principio primo che dà l'esistenza a tutto e con cui l'uomo è in continuo rapporto. Partendo quindi dal Niente e dalla libertà, Pareyson tenterà di accostare i due grandi pensatori fino a dire che l'essere non è nient'altro che la libertà e che, se esso è il principio, quest'ultimo a sua volta va pensato come libertà.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/10744