Il mio lavoro parte da uno studio più generale concernente la responsabilità extracontrattuale, la cosiddetta responsabilità aquiliana, definendo il concetto di danno ingiusto e analizzando le diverse teorie sul nesso causale. Sempre nella parte iniziale, ho affrontato le definizioni di “capacità di agire” e soprattutto “capacità di intendere e di volere”, che sarà un punto focale per l’intera tesi. Infatti, è interessante da subito rilevare come, nel contesto della responsabilità civile, in Italia non vi sia un’età minima di imputabilità a differenza di quanto avviene nel sistema penale e la capacità o meno di intendere e di volere del minore che ha cagionato un danno viene valutata dal giudice caso per caso. A tal proposito il nostro ordinamento distingue i casi di responsabilità del minore incapace e capace, rispettivamente agli articoli 2047 e 2048 del Codice Civile. Il primo afferma che la responsabilità per il danno cagionato dall’incapace è di chi era tenuto a sorvegliarlo, salvo che dimostri di non aver potuto impedire il fatto. Lo stesso articolo al comma 2 afferma che nel caso in cui il danneggiato non abbia potuto ottenere il risarcimento dai soggetti tenuti alla sorveglianza del danneggiante, quest’ultimo, anche se incapace, viene condannato dal giudice a un’equa indennità. Invece, l’articolo 2048 del Codice Civile, si applica in ipotesi di minore capace di intendere e volere, per cui i genitori, venendo meno ai propri doveri di educazione e vigilanza, sono responsabili solidalmente con il minore del danno arrecato da quest’ultimo. Ciò avviene in virtù del “principio della tasca profonda” per cui sono i genitori a disporre delle risorse finanziare per poter garantire il risarcimento al danneggiato. È proprio la tutela del danneggiato a prestarsi come fine e risultato dell’istituto stesso. Nella parte centrale dello scritto, ho analizzato quindi diverse sentenze, soprattutto della Corte di Cassazione, che hanno orientato i principi e i criteri della responsabilità genitoriale, relativamente alla cosiddetta culpa in educando e in vigilando, confrontandole con il pensiero della dottrina e affrontando tematiche attuali come il bullismo e il cyberbullismo. L’articolo 2048 del Codice Civile non si riferisce però soltanto alla responsabilità genitoriale ma anche a quella degli insegnanti. Essi sono infatti ritenuti responsabili, nel tempo in cui l’allievo si trova sotto la loro sorveglianza. Anche loro come i genitori, sono esonerati da responsabilità se dimostrano di aver fatto il possibile per impedire il fatto illecito dell’alunno; lo Stato si sostituisce nel giudizio civile all’insegnante, potendo esercitare l’azione di rivalsa contro di lui solo in caso di dolo o colpa grave. In ogni caso, può residuare, anche in questi contesti, la responsabilità dei genitori. In seguito, ho analizzato un rimedio che potrebbe aiutare molti genitori i quali non dispongono così facilmente di somme esorbitanti per risarcire i danni del proprio figlio minore: il rimedio assicurativo. È ancora poco utilizzato in Italia in questo ambito della responsabilità civile. Ciò avviene, a differenza di altri Paesi di cui ho analizzato le peculiarità e differenze rispetto al nostro articolo 2048. Quello che emerge, in Italia e non solo, è comunque una propensione per attribuire ai genitori la responsabilità oggettiva per le azioni dei propri figli, e un sempre più difficile raggiungimento della prova liberatoria in contrasto con l’autonomia dei giovani d’oggi, sempre più difficili da educare e “controllare”. Possiamo allora ancora parlare di responsabilità soggettiva o quella dei genitori è a tutti gli effetti responsabilità oggettiva?
Il fatto illecito del minore: chi risarcisce il danno?
BOLLA, STEFANIA
2022/2023
Abstract
Il mio lavoro parte da uno studio più generale concernente la responsabilità extracontrattuale, la cosiddetta responsabilità aquiliana, definendo il concetto di danno ingiusto e analizzando le diverse teorie sul nesso causale. Sempre nella parte iniziale, ho affrontato le definizioni di “capacità di agire” e soprattutto “capacità di intendere e di volere”, che sarà un punto focale per l’intera tesi. Infatti, è interessante da subito rilevare come, nel contesto della responsabilità civile, in Italia non vi sia un’età minima di imputabilità a differenza di quanto avviene nel sistema penale e la capacità o meno di intendere e di volere del minore che ha cagionato un danno viene valutata dal giudice caso per caso. A tal proposito il nostro ordinamento distingue i casi di responsabilità del minore incapace e capace, rispettivamente agli articoli 2047 e 2048 del Codice Civile. Il primo afferma che la responsabilità per il danno cagionato dall’incapace è di chi era tenuto a sorvegliarlo, salvo che dimostri di non aver potuto impedire il fatto. Lo stesso articolo al comma 2 afferma che nel caso in cui il danneggiato non abbia potuto ottenere il risarcimento dai soggetti tenuti alla sorveglianza del danneggiante, quest’ultimo, anche se incapace, viene condannato dal giudice a un’equa indennità. Invece, l’articolo 2048 del Codice Civile, si applica in ipotesi di minore capace di intendere e volere, per cui i genitori, venendo meno ai propri doveri di educazione e vigilanza, sono responsabili solidalmente con il minore del danno arrecato da quest’ultimo. Ciò avviene in virtù del “principio della tasca profonda” per cui sono i genitori a disporre delle risorse finanziare per poter garantire il risarcimento al danneggiato. È proprio la tutela del danneggiato a prestarsi come fine e risultato dell’istituto stesso. Nella parte centrale dello scritto, ho analizzato quindi diverse sentenze, soprattutto della Corte di Cassazione, che hanno orientato i principi e i criteri della responsabilità genitoriale, relativamente alla cosiddetta culpa in educando e in vigilando, confrontandole con il pensiero della dottrina e affrontando tematiche attuali come il bullismo e il cyberbullismo. L’articolo 2048 del Codice Civile non si riferisce però soltanto alla responsabilità genitoriale ma anche a quella degli insegnanti. Essi sono infatti ritenuti responsabili, nel tempo in cui l’allievo si trova sotto la loro sorveglianza. Anche loro come i genitori, sono esonerati da responsabilità se dimostrano di aver fatto il possibile per impedire il fatto illecito dell’alunno; lo Stato si sostituisce nel giudizio civile all’insegnante, potendo esercitare l’azione di rivalsa contro di lui solo in caso di dolo o colpa grave. In ogni caso, può residuare, anche in questi contesti, la responsabilità dei genitori. In seguito, ho analizzato un rimedio che potrebbe aiutare molti genitori i quali non dispongono così facilmente di somme esorbitanti per risarcire i danni del proprio figlio minore: il rimedio assicurativo. È ancora poco utilizzato in Italia in questo ambito della responsabilità civile. Ciò avviene, a differenza di altri Paesi di cui ho analizzato le peculiarità e differenze rispetto al nostro articolo 2048. Quello che emerge, in Italia e non solo, è comunque una propensione per attribuire ai genitori la responsabilità oggettiva per le azioni dei propri figli, e un sempre più difficile raggiungimento della prova liberatoria in contrasto con l’autonomia dei giovani d’oggi, sempre più difficili da educare e “controllare”. Possiamo allora ancora parlare di responsabilità soggettiva o quella dei genitori è a tutti gli effetti responsabilità oggettiva?File | Dimensione | Formato | |
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