La presenza di un altro corpo influenza la codifica delle nostre rappresentazioni spaziali? Lo scopo di questo elaborato è di far luce su questa tematica, che sembra avere molta rilevanza ai fini dell'interazione sociale, attraverso l'analisi di due filoni di ricerca: il visuospatial perspective taking e le affordance. Nella primo capitolo affronto in primis le peculiarità del VSPT, un'abilità cognitiva che si compone di quelle operazioni che consentono di percepire e codificare una scena a livello visivo e/o spaziale ponendosi nei panni di un'altra persona. Dopo la discussione relativa ai due livelli che articolano il VSPT, entro nel vivo del discorso, analizzando in particolar modo l'esperimento di Furlanetto, Gallace, Ansuini e Becchio (2014) che mi permette di capire la natura embodizzata di questo fenomeno. Proseguo poi con la spiegazione delle basi neurali del VSPT, ponendo in luce il ruolo della giunzione temporo-parietale (TPJ). Gli studi di Tversky e Hard (2009) e Samson e colleghi (2010) invece sono funzionali alla comprensione dell'automatismo e della spontaneità che vi è alla base dell'assunzione della prospettiva di un'altra persona. Nella conclusione del primo capitolo evidenzio come questa automaticità sia elicitata non tanto dalla mera presenza di un altro corpo, ma dalla presenza di un potenziale agente che agisce sullo spazio. È quindi sul tema delle azioni che introduco il secondo capitolo, partendo dalla spiegazione della plasticità dello spazio che modifica i confini tra spazio peripersonale ed extrapersonale in base alle possibilità di raggiungere un oggetto. Il cuore di questa seconda parte sono però le affordance, ovvero delle qualità intrinseche che un oggetto possiede e che suggeriscono ad un individuo azioni appropriate per manipolarlo. È possibile che vi sia un'analisi spontanea dello spazio delle affordance di un'altra persona oltre che del nostro? Osservare semplicemente una persona che potenzialmente può agire, modifica in modo automatico la nostra codifica delle relazioni spaziali? Per rispondere a queste domande, analizzo in primo luogo gli esperimenti di Costantini, Ambrosini, Tieri, Sinigaglia e Committeri (2010) utili per comprendere se le affordance effettivamente facilitano le azioni di un soggetto e se soprattutto si basano sulla distanza tra il corpo e l'oggetto o sulla reale possibilità di raggiungerlo. Il passo successivo è l'esposizione dello studio di Costantini, Committeri e Sinigaglia (2011) che ha lo scopo di chiarire, aggiungendo la presenza di un avatar agli stimoli dell'esperimento precedente, se il corpo dell'altra persona e le sue possibilità di azione siano automaticamente elaborate da un osservatore. Concludo infine il secondo capitolo ponendo in luce come i neuroni di F5 si attivino non solo durante azioni compiute in prima persona, ma anche durante l'osservazione di gesti diretti ad uno scopo compiuti da un altro agente.
Come la presenza dell'altro ci influenza: il visuospatial perspective taking e le affordance
SALEMI, GAIA
2014/2015
Abstract
La presenza di un altro corpo influenza la codifica delle nostre rappresentazioni spaziali? Lo scopo di questo elaborato è di far luce su questa tematica, che sembra avere molta rilevanza ai fini dell'interazione sociale, attraverso l'analisi di due filoni di ricerca: il visuospatial perspective taking e le affordance. Nella primo capitolo affronto in primis le peculiarità del VSPT, un'abilità cognitiva che si compone di quelle operazioni che consentono di percepire e codificare una scena a livello visivo e/o spaziale ponendosi nei panni di un'altra persona. Dopo la discussione relativa ai due livelli che articolano il VSPT, entro nel vivo del discorso, analizzando in particolar modo l'esperimento di Furlanetto, Gallace, Ansuini e Becchio (2014) che mi permette di capire la natura embodizzata di questo fenomeno. Proseguo poi con la spiegazione delle basi neurali del VSPT, ponendo in luce il ruolo della giunzione temporo-parietale (TPJ). Gli studi di Tversky e Hard (2009) e Samson e colleghi (2010) invece sono funzionali alla comprensione dell'automatismo e della spontaneità che vi è alla base dell'assunzione della prospettiva di un'altra persona. Nella conclusione del primo capitolo evidenzio come questa automaticità sia elicitata non tanto dalla mera presenza di un altro corpo, ma dalla presenza di un potenziale agente che agisce sullo spazio. È quindi sul tema delle azioni che introduco il secondo capitolo, partendo dalla spiegazione della plasticità dello spazio che modifica i confini tra spazio peripersonale ed extrapersonale in base alle possibilità di raggiungere un oggetto. Il cuore di questa seconda parte sono però le affordance, ovvero delle qualità intrinseche che un oggetto possiede e che suggeriscono ad un individuo azioni appropriate per manipolarlo. È possibile che vi sia un'analisi spontanea dello spazio delle affordance di un'altra persona oltre che del nostro? Osservare semplicemente una persona che potenzialmente può agire, modifica in modo automatico la nostra codifica delle relazioni spaziali? Per rispondere a queste domande, analizzo in primo luogo gli esperimenti di Costantini, Ambrosini, Tieri, Sinigaglia e Committeri (2010) utili per comprendere se le affordance effettivamente facilitano le azioni di un soggetto e se soprattutto si basano sulla distanza tra il corpo e l'oggetto o sulla reale possibilità di raggiungerlo. Il passo successivo è l'esposizione dello studio di Costantini, Committeri e Sinigaglia (2011) che ha lo scopo di chiarire, aggiungendo la presenza di un avatar agli stimoli dell'esperimento precedente, se il corpo dell'altra persona e le sue possibilità di azione siano automaticamente elaborate da un osservatore. Concludo infine il secondo capitolo ponendo in luce come i neuroni di F5 si attivino non solo durante azioni compiute in prima persona, ma anche durante l'osservazione di gesti diretti ad uno scopo compiuti da un altro agente.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/10667