Śiva è una delle divinità più importanti, antiche e complesse del pantheon indiano. Nei vari culti assume diversi significati o aspetti: è nello stesso momento distruttore e restauratore, simbolo di sensualità e primo degli asceti. L’immagine che lo ritrae circondato da un anello di fuoco è una tra le più diffuse ed è legata alla concezione induista della natura del cosmo. La chioma intrecciata e ingioiellata con le ciocche inferiori sollevate dal vento, mentre una mano tocca l'arco di fuoco che lo circonda, l'altra indica il nano malvagio schiacciato sotto il suo piede destro; una terza mano regge il tamburo e l'ultima è aperta in un gesto rassicurante; il piede sinistro è sollevato. Così viene ritratto Śiva Nataraja, il signore della danza. Si tratta di una danza cosmica che descrive il modo di vedere l’esistenza umana dal punto di vista degli induisti secondo cui, dal momento della nascita fino alla morte, l’uomo danza continuamente insieme alla divinità. La natura e tutto il creato sono il prodotto della sua danza eterna, il cui scopo è la liberazione dell'uomo dall'identificazione col mondo della percezione. Secondo una leggenda, Śiva eseguì la danza Tandava per la prima volta nella città-tempio di Chidambaram. Dopo aver sentito di un gruppo di saggi che pensavano di poter controllare le divinità con rituali e mantra, il Dio si addentrò nella foresta di mangrovie insieme a Viṣṇu, entrambi sotto mentite spoglie. I saggi rimasero stupiti dalla bellezza della coppia e, attraverso diversi rituali, evocarono animali (serpenti, una tigre e un elefante) e un potente demone chiamato Muyalakan, simbolo di arroganza. Śiva lo immobilizzò salendo sulla sua schiena e iniziò a danzare l’Ananda Tandava, svelando così la sua vera forma. È in questo momento che Shiva esegue per la prima volta la danza cosmica che porta, in un primo momento, alla distruzione di tutto ciò che lo circonda e alla successiva ricostruzione di un mondo nuovo. Il culto di Śiva è oggi confinato nel Sud dell’India. Coloro che aderiscono allo Śivaismo, considerano la divinità come essere supremo. Il tempio di Chidambaram ospita un gran numero di persone provenienti da tutte le caste. Nel sud dell’India, i tempi non sono solo istituzioni religiose, ma anche elementi centrali nella vita socio-economica. Questo tempio è un caso importante in quanto sembra essere collegato alla vita di molti santi e regnanti dell’area. L’elemento più importante però è la presenza di un gruppo di Bramini, conosciuti come Dikshitar, che sostengono di avere origini divine. Sono una comunità religiosa che segue la regola matrimoniale dell’endogamia e si definiscono come un gruppo democratico che si occupa di gestire il tempio dedicato a Śiva Nataraja. Ogni giorno si dedicano in sei momenti diversi alla preghiera, sempre davanti alla statua della divinità, durante le festività del tempio, invece, l’icona del Dio sfila per le strade. Lo studio delle tradizioni riguardanti la venerazione della divinità ha portato ad indagare anche la dimensione quotidiana e le modalità con cui i sacerdoti tradizionali portano avanti rituali giornalieri. Ad oggi sembrerebbero emergere sempre di più culti individualisti, nonostante il richiamo alla tradizione rimanga comunque forte. I Dikshitar, infatti, temono che questi cambiamenti portati dalla modernizzazione possano intaccare anche I loro rituali che però continuano a sopravvivere inalterati.
Il tempio di Chidambaram: casa di Śiva Nataraja
MARININI, CAMILLA
2022/2023
Abstract
Śiva è una delle divinità più importanti, antiche e complesse del pantheon indiano. Nei vari culti assume diversi significati o aspetti: è nello stesso momento distruttore e restauratore, simbolo di sensualità e primo degli asceti. L’immagine che lo ritrae circondato da un anello di fuoco è una tra le più diffuse ed è legata alla concezione induista della natura del cosmo. La chioma intrecciata e ingioiellata con le ciocche inferiori sollevate dal vento, mentre una mano tocca l'arco di fuoco che lo circonda, l'altra indica il nano malvagio schiacciato sotto il suo piede destro; una terza mano regge il tamburo e l'ultima è aperta in un gesto rassicurante; il piede sinistro è sollevato. Così viene ritratto Śiva Nataraja, il signore della danza. Si tratta di una danza cosmica che descrive il modo di vedere l’esistenza umana dal punto di vista degli induisti secondo cui, dal momento della nascita fino alla morte, l’uomo danza continuamente insieme alla divinità. La natura e tutto il creato sono il prodotto della sua danza eterna, il cui scopo è la liberazione dell'uomo dall'identificazione col mondo della percezione. Secondo una leggenda, Śiva eseguì la danza Tandava per la prima volta nella città-tempio di Chidambaram. Dopo aver sentito di un gruppo di saggi che pensavano di poter controllare le divinità con rituali e mantra, il Dio si addentrò nella foresta di mangrovie insieme a Viṣṇu, entrambi sotto mentite spoglie. I saggi rimasero stupiti dalla bellezza della coppia e, attraverso diversi rituali, evocarono animali (serpenti, una tigre e un elefante) e un potente demone chiamato Muyalakan, simbolo di arroganza. Śiva lo immobilizzò salendo sulla sua schiena e iniziò a danzare l’Ananda Tandava, svelando così la sua vera forma. È in questo momento che Shiva esegue per la prima volta la danza cosmica che porta, in un primo momento, alla distruzione di tutto ciò che lo circonda e alla successiva ricostruzione di un mondo nuovo. Il culto di Śiva è oggi confinato nel Sud dell’India. Coloro che aderiscono allo Śivaismo, considerano la divinità come essere supremo. Il tempio di Chidambaram ospita un gran numero di persone provenienti da tutte le caste. Nel sud dell’India, i tempi non sono solo istituzioni religiose, ma anche elementi centrali nella vita socio-economica. Questo tempio è un caso importante in quanto sembra essere collegato alla vita di molti santi e regnanti dell’area. L’elemento più importante però è la presenza di un gruppo di Bramini, conosciuti come Dikshitar, che sostengono di avere origini divine. Sono una comunità religiosa che segue la regola matrimoniale dell’endogamia e si definiscono come un gruppo democratico che si occupa di gestire il tempio dedicato a Śiva Nataraja. Ogni giorno si dedicano in sei momenti diversi alla preghiera, sempre davanti alla statua della divinità, durante le festività del tempio, invece, l’icona del Dio sfila per le strade. Lo studio delle tradizioni riguardanti la venerazione della divinità ha portato ad indagare anche la dimensione quotidiana e le modalità con cui i sacerdoti tradizionali portano avanti rituali giornalieri. Ad oggi sembrerebbero emergere sempre di più culti individualisti, nonostante il richiamo alla tradizione rimanga comunque forte. I Dikshitar, infatti, temono che questi cambiamenti portati dalla modernizzazione possano intaccare anche I loro rituali che però continuano a sopravvivere inalterati.I documenti in UNITESI sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.
https://hdl.handle.net/20.500.14240/106406