L’argomento trattato nella presente dissertazione riguarda la parità di genere nelle società non quotate. Inizialmente si trattano i riferimenti normativi relativi all’eguaglianza e gli ostacoli al suo raggiungimento dovuti alla cultura patriarcale, ai pregiudizi di genere ed ai soffitti di cristallo. La parità di genere nei Consigli di amministrazione delle società è un valore aggiunto ai fini di garantire una governance ottimale e raggiungere maggiori risultati. La legge Golfo-Mosca nel 2011 ha introdotto il vincolo di quote riservate al genere meno rappresentato nelle società quotate, mirando ad essere fonte di cambiamento non solo normativo ma anche culturale, influenzando anche le società non quotate, non comprese nel suo ambito applicativo. Lo stesso problema si configura riguardo la Direttiva UE women on boards in quanto anch’essa, imponendo agli Stati Membri dell’Unione Europea di raggiungere l’equilibrio di genere nei Consigli di Amministrazione, è riferita esclusivamente alle società quotate; tuttavia in essa ci sono vari punti ove si fa riferimento alle società in generale ed al mondo del lavoro, rendendo possibile auspicare ad una sua estensione a tutte le società. Inoltre, l’art.13 della Direttiva prevede che la Commissione dell’Unione Europea, fondandosi sui risultati del monitoraggio effettuato, considera l’eventuale estensione dell’ambito di applicazione di essa alle società non quotate. Nel settore bancario, sono comprese sia banche quotate assoggettate alla legge 120/2011 ed alla Direttiva UE, sia non quotate e dunque escluse da esse. Alcuni studi ed analisi effettuate, a livello europeo ed interno, hanno dimostrato come siano differenti i risultati raggiunti tra le prime e le seconde e dunque l’importanza rivestita dall’imposizione di un vincolo legislativo; è stato posto in evidenza anche il ruolo assunto dalla “Carta donne in banca: valorizzare la diversità di genere”, tra le iniziative promosse dall’ABI, promuovendola tra i propri associati e auspicandone la sottoscrizione anche da parte di non associati. Ulteriore strumento analizzato nella presente dissertazione, anche riferito anche alle società non quotate, consiste nella Certificazione della parità di genere, ad opera della legge 162 del 2021, avente lo scopo di incentivare le imprese all’adozione di politiche volte al perseguimento dell’equilibrio di genere, aumentando le opportunità di crescita lavorative per le donne. Tuttavia, data la volontarietà di tale misura, il legislatore ha introdotto un sistema di premialità per le aziende che la ottengono. Successivamente, il presente lavoro ha analizzato altre due fonti riguardanti anche le società non quotate: il Codice dei gruppi a base familiare, adottato dall’ AIDAF, ove fa espresso riferimento all’equilibrio tra i sessi nell’articolo in materia di composizione e nomina dei membri dei boards; e la proposta di Direttiva sulla due diligence di sostenibilità, strumento volto a garantire una progressiva diffusione di pratiche imprenditoriali reputate responsabili, obbligando le imprese di dimensioni più ampie a vigilare sugli effetti in tema di tutela dei diritti umani, compresa l’eguaglianza di genere, e dell’ambiente, sugli stakeholders, richiedendo alle imprese di estendere tali principi a tutti i loro partner commerciali, tra i quali ci saranno anche società non quotate.
Equilibrio di genere: azioni positive nelle società non quotate
DEVITO, CAROLA
2022/2023
Abstract
L’argomento trattato nella presente dissertazione riguarda la parità di genere nelle società non quotate. Inizialmente si trattano i riferimenti normativi relativi all’eguaglianza e gli ostacoli al suo raggiungimento dovuti alla cultura patriarcale, ai pregiudizi di genere ed ai soffitti di cristallo. La parità di genere nei Consigli di amministrazione delle società è un valore aggiunto ai fini di garantire una governance ottimale e raggiungere maggiori risultati. La legge Golfo-Mosca nel 2011 ha introdotto il vincolo di quote riservate al genere meno rappresentato nelle società quotate, mirando ad essere fonte di cambiamento non solo normativo ma anche culturale, influenzando anche le società non quotate, non comprese nel suo ambito applicativo. Lo stesso problema si configura riguardo la Direttiva UE women on boards in quanto anch’essa, imponendo agli Stati Membri dell’Unione Europea di raggiungere l’equilibrio di genere nei Consigli di Amministrazione, è riferita esclusivamente alle società quotate; tuttavia in essa ci sono vari punti ove si fa riferimento alle società in generale ed al mondo del lavoro, rendendo possibile auspicare ad una sua estensione a tutte le società. Inoltre, l’art.13 della Direttiva prevede che la Commissione dell’Unione Europea, fondandosi sui risultati del monitoraggio effettuato, considera l’eventuale estensione dell’ambito di applicazione di essa alle società non quotate. Nel settore bancario, sono comprese sia banche quotate assoggettate alla legge 120/2011 ed alla Direttiva UE, sia non quotate e dunque escluse da esse. Alcuni studi ed analisi effettuate, a livello europeo ed interno, hanno dimostrato come siano differenti i risultati raggiunti tra le prime e le seconde e dunque l’importanza rivestita dall’imposizione di un vincolo legislativo; è stato posto in evidenza anche il ruolo assunto dalla “Carta donne in banca: valorizzare la diversità di genere”, tra le iniziative promosse dall’ABI, promuovendola tra i propri associati e auspicandone la sottoscrizione anche da parte di non associati. Ulteriore strumento analizzato nella presente dissertazione, anche riferito anche alle società non quotate, consiste nella Certificazione della parità di genere, ad opera della legge 162 del 2021, avente lo scopo di incentivare le imprese all’adozione di politiche volte al perseguimento dell’equilibrio di genere, aumentando le opportunità di crescita lavorative per le donne. Tuttavia, data la volontarietà di tale misura, il legislatore ha introdotto un sistema di premialità per le aziende che la ottengono. Successivamente, il presente lavoro ha analizzato altre due fonti riguardanti anche le società non quotate: il Codice dei gruppi a base familiare, adottato dall’ AIDAF, ove fa espresso riferimento all’equilibrio tra i sessi nell’articolo in materia di composizione e nomina dei membri dei boards; e la proposta di Direttiva sulla due diligence di sostenibilità, strumento volto a garantire una progressiva diffusione di pratiche imprenditoriali reputate responsabili, obbligando le imprese di dimensioni più ampie a vigilare sugli effetti in tema di tutela dei diritti umani, compresa l’eguaglianza di genere, e dell’ambiente, sugli stakeholders, richiedendo alle imprese di estendere tali principi a tutti i loro partner commerciali, tra i quali ci saranno anche società non quotate.File | Dimensione | Formato | |
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