The thesis examines the increasing complexity of issues related to religious freedom and non-discrimination in the workplace, amidst the proliferation of religious multiculturalism in Europe. There is an urgent need to understand the legal and social challenges and implications arising when the world of work is called upon to address the new demands of employees who wish to express their religious beliefs without facing discrimination. The first part of the dissertation begins by exploring the origin and evolution of EU anti-discrimination law, then focusing on the specific evolution of the principle of religious freedom and non-discrimination in primary law. Subsequently, it delves into the complex dynamics of the interaction between religion and work, highlighting how this can lead to conflicts in the workplace. Often, the expression of religious beliefs is reflected in norms concerning religious holidays, worship practices, dietary regimes, and religious attire. The second section concentrates on Directive 2000/78/CE, the most significant reference point in EU law for religious non-discrimination in employment. This part explores, from both a religious perspective and through jurisprudential references, key issues such as the definition of «religion or belief», direct and indirect discrimination, and exceptions to equal treatment. It further explores the exception for religious organizations, examining the autonomy granted to them in Member States and highlighting recent noteworthy judgments of the CJEU on this matter. Finally, it touches on the topic of reasonable accommodation and its potential extension to religious factors in Europe. In the third part of the analysis, the focus is on the prescription regarding the display of religious symbols in the workplace, one of the most debated and adjudicated issues by European courts regarding religious discrimination. The analysis centers on an in-depth examination of the recent CJEU jurisprudence on the wearing of the Islamic veil in the workplace, starting from the cases Achbita and Bougnaoui of 2017, and proceeding through the subsequent judgments Wabe Müller and L.F., culminating in the recent decision O.P. of November 2023. It explores the Court's approach regarding the compatibility between EU antidiscrimination guarantees and neutrality rules imposed by employers, both public and private, emphasizing whether prohibiting the display of religious, political, or philosophical symbols in the workplace constitutes a form of discrimination. The debate on restrictions to the free expression of religious signs and, more generally, beliefs in the workplace is of vital importance in the current context, as it raises questions about the extension of employees' rights in such an environment and opens broader debates regarding pluralism and social inclusion. It is evident that the contribution of jurisprudence is essential to strike a fair balance between conflicting rights and interests. Consequently, national and supranational courts, when addressing such complex issues, have a significant responsibility in shaping the shared understanding of what is acceptable in a democratic society.

La tesi esamina la crescente complessità delle questioni relative alla libertà e non discriminazione religiosa nel contesto lavorativo, a fronte del proliferare del multiculturalismo religioso in Europa. Si avverte un’urgente necessità di comprendere le sfide e le implicazioni giuridiche e sociali che sorgono quando il mondo del lavoro è chiamato a rispondere alle nuove richieste dei lavoratori che desiderano, anche in questo contesto, esprimere le proprie convinzioni religiose senza subire discriminazioni. La prima parte della dissertazione inizia esplorando l'origine e l'evoluzione del diritto antidiscriminatorio dell'UE, per poi concentrarsi sull'evoluzione specifica del principio di libertà e non discriminazione religiosa nel diritto primario. Successivamente, si approfondisce la complessa dinamica dell'interazione tra religione e lavoro, evidenziando come questa possa generare conflitti in ambito lavorativo. Spesso, la manifestazione delle credenze religiose si riflette in norme riguardanti festività, pratiche di culto, regimi alimentari e abbigliamento religioso. La seconda sezione si concentra sulla Direttiva 2000/78/CE, il più importante punto di riferimento del diritto UE per la non discriminazione religiosa nell'ambito dell'occupazione. Questa parte esplora, tramite una prospettiva religiosa e riferimenti giurisprudenziali, questioni chiave come la definizione di «religione o convinzioni personali», la discriminazione diretta e indiretta e le deroghe alla parità di trattamento. Si approfondisce l'eccezione per le organizzazioni di tendenza religiosa, esplorando l'autonomia concessa loro negli Stati membri, evidenziando alcune interessanti pronunce recenti della CGUE a riguardo. Infine, si tocca il tema dell'accomodamento ragionevole e le sue prospettive di estensione al fattore religioso in Europa. Nella terza parte dell'analisi, si esamina attentamente la prescrizione relativa all'esposizione di simboli religiosi sul lavoro, una delle questioni più dibattute e giudicate dalle corti europee in materia di discriminazione religiosa. Il fulcro dell’analisi riguarda l'approfondimento e l’analisi della recente giurisprudenza della CGUE sull'uso del velo islamico sul posto di lavoro, partendo dai casi Achbita e Bougnaoui del 2017, e procedendo attraverso le successive pronunce Wabe Müller e L.F., fino alla recentissima decisione O.P. del novembre 2023. Si esplora l'approccio della Corte riguardo alla compatibilità tra le garanzie antidiscriminatorie del diritto dell'UE e le regole di neutralità imposte dai datori di lavoro, sia pubblici che privati, ponendo l'accento sulla questione se vietare l'esibizione di segni religiosi, politici o filosofici sul luogo di lavoro costituisca una forma di discriminazione. Il dibattito sulle restrizioni alla libera manifestazione di simboli religiosi e sulle convinzioni religiose sul posto di lavoro è di vitale importanza nell'attuale contesto, poiché solleva interrogativi sull'estensione dei diritti dei dipendenti in tale ambiente e apre dibattiti più ampi riguardo al pluralismo e all'inclusione sociale. È chiaro che il contributo della giurisprudenza è essenziale per trovare un equilibrio equo tra diritti e interessi in conflitto. Di conseguenza, i tribunali nazionali e sovranazionali, affrontando tali questioni complesse, hanno una rilevante responsabilità nel plasmare la comprensione condivisa di ciò che è accettabile in una società democratica.

L'uso di simboli religiosi a lavoro e il diritto antidiscriminatorio dell'UE

COPPOLA, LUDOVICA
2022/2023

Abstract

La tesi esamina la crescente complessità delle questioni relative alla libertà e non discriminazione religiosa nel contesto lavorativo, a fronte del proliferare del multiculturalismo religioso in Europa. Si avverte un’urgente necessità di comprendere le sfide e le implicazioni giuridiche e sociali che sorgono quando il mondo del lavoro è chiamato a rispondere alle nuove richieste dei lavoratori che desiderano, anche in questo contesto, esprimere le proprie convinzioni religiose senza subire discriminazioni. La prima parte della dissertazione inizia esplorando l'origine e l'evoluzione del diritto antidiscriminatorio dell'UE, per poi concentrarsi sull'evoluzione specifica del principio di libertà e non discriminazione religiosa nel diritto primario. Successivamente, si approfondisce la complessa dinamica dell'interazione tra religione e lavoro, evidenziando come questa possa generare conflitti in ambito lavorativo. Spesso, la manifestazione delle credenze religiose si riflette in norme riguardanti festività, pratiche di culto, regimi alimentari e abbigliamento religioso. La seconda sezione si concentra sulla Direttiva 2000/78/CE, il più importante punto di riferimento del diritto UE per la non discriminazione religiosa nell'ambito dell'occupazione. Questa parte esplora, tramite una prospettiva religiosa e riferimenti giurisprudenziali, questioni chiave come la definizione di «religione o convinzioni personali», la discriminazione diretta e indiretta e le deroghe alla parità di trattamento. Si approfondisce l'eccezione per le organizzazioni di tendenza religiosa, esplorando l'autonomia concessa loro negli Stati membri, evidenziando alcune interessanti pronunce recenti della CGUE a riguardo. Infine, si tocca il tema dell'accomodamento ragionevole e le sue prospettive di estensione al fattore religioso in Europa. Nella terza parte dell'analisi, si esamina attentamente la prescrizione relativa all'esposizione di simboli religiosi sul lavoro, una delle questioni più dibattute e giudicate dalle corti europee in materia di discriminazione religiosa. Il fulcro dell’analisi riguarda l'approfondimento e l’analisi della recente giurisprudenza della CGUE sull'uso del velo islamico sul posto di lavoro, partendo dai casi Achbita e Bougnaoui del 2017, e procedendo attraverso le successive pronunce Wabe Müller e L.F., fino alla recentissima decisione O.P. del novembre 2023. Si esplora l'approccio della Corte riguardo alla compatibilità tra le garanzie antidiscriminatorie del diritto dell'UE e le regole di neutralità imposte dai datori di lavoro, sia pubblici che privati, ponendo l'accento sulla questione se vietare l'esibizione di segni religiosi, politici o filosofici sul luogo di lavoro costituisca una forma di discriminazione. Il dibattito sulle restrizioni alla libera manifestazione di simboli religiosi e sulle convinzioni religiose sul posto di lavoro è di vitale importanza nell'attuale contesto, poiché solleva interrogativi sull'estensione dei diritti dei dipendenti in tale ambiente e apre dibattiti più ampi riguardo al pluralismo e all'inclusione sociale. È chiaro che il contributo della giurisprudenza è essenziale per trovare un equilibrio equo tra diritti e interessi in conflitto. Di conseguenza, i tribunali nazionali e sovranazionali, affrontando tali questioni complesse, hanno una rilevante responsabilità nel plasmare la comprensione condivisa di ciò che è accettabile in una società democratica.
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The thesis examines the increasing complexity of issues related to religious freedom and non-discrimination in the workplace, amidst the proliferation of religious multiculturalism in Europe. There is an urgent need to understand the legal and social challenges and implications arising when the world of work is called upon to address the new demands of employees who wish to express their religious beliefs without facing discrimination. The first part of the dissertation begins by exploring the origin and evolution of EU anti-discrimination law, then focusing on the specific evolution of the principle of religious freedom and non-discrimination in primary law. Subsequently, it delves into the complex dynamics of the interaction between religion and work, highlighting how this can lead to conflicts in the workplace. Often, the expression of religious beliefs is reflected in norms concerning religious holidays, worship practices, dietary regimes, and religious attire. The second section concentrates on Directive 2000/78/CE, the most significant reference point in EU law for religious non-discrimination in employment. This part explores, from both a religious perspective and through jurisprudential references, key issues such as the definition of «religion or belief», direct and indirect discrimination, and exceptions to equal treatment. It further explores the exception for religious organizations, examining the autonomy granted to them in Member States and highlighting recent noteworthy judgments of the CJEU on this matter. Finally, it touches on the topic of reasonable accommodation and its potential extension to religious factors in Europe. In the third part of the analysis, the focus is on the prescription regarding the display of religious symbols in the workplace, one of the most debated and adjudicated issues by European courts regarding religious discrimination. The analysis centers on an in-depth examination of the recent CJEU jurisprudence on the wearing of the Islamic veil in the workplace, starting from the cases Achbita and Bougnaoui of 2017, and proceeding through the subsequent judgments Wabe Müller and L.F., culminating in the recent decision O.P. of November 2023. It explores the Court's approach regarding the compatibility between EU antidiscrimination guarantees and neutrality rules imposed by employers, both public and private, emphasizing whether prohibiting the display of religious, political, or philosophical symbols in the workplace constitutes a form of discrimination. The debate on restrictions to the free expression of religious signs and, more generally, beliefs in the workplace is of vital importance in the current context, as it raises questions about the extension of employees' rights in such an environment and opens broader debates regarding pluralism and social inclusion. It is evident that the contribution of jurisprudence is essential to strike a fair balance between conflicting rights and interests. Consequently, national and supranational courts, when addressing such complex issues, have a significant responsibility in shaping the shared understanding of what is acceptable in a democratic society.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/105507