L’oggetto dell’elaborato verte sull’istituto dell’amministrazione di sostegno: l’obiettivo della ricerca non si riduce all’analisi dei connotati civilistici di tale misura, ma muove da tali aspetti giuridici, per poi osservare il ruolo dei familiari, in un’ottica, in particolare, di promozione e protezione dei diritti del figlio adulto con disabilità. In primis ho analizzato se, dato l’accertamento dell’infermità o della menomazione fisica o psichica del soggetto interessato tale per cui sussiste una impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi, l’esistenza di una rete familiare attiva attorno al soggetto beneficiario sia sufficiente per escludere l’apertura di tale procedura. Rispetto a tale quesito, ho analizzato due orientamenti: il primo esclude la disposizione della misura stando alla lettera della norma 404 cod. civ.; il secondo, valorizzando una discrezionalità del giudice limitata a individuare la tutela più adeguata alla fattispecie concreta e non estesa sino alla decisione di applicare o meno una misura, prevede la disposizione dell’amministrazione di sostegno alla sola sussistenza dei suoi presupposti. Proseguendo, in relazione al momento della scelta e della nomina dell’amministratore di sostegno, mi sono interrogata su quali siano i presupposti che muovono il giudice tutelare a nominare come amministratore di sostegno un soggetto terzo o un familiare e se sia possibile, nel nostro ordinamento, la nomina delle figure del co-amministratore e del pro-amministratore. Tra i presupposti per la nomina di un soggetto esterno alla cerchia familiare, emergono il conflitto endo-familiare, il rapporto nocivo tra il soggetto vulnerabile e la famiglia, i casi in cui la compagine familiare è essa stessa in una situazione inadeguata in termini di fragilità, o di anzianità, il coinvolgimento emotivo della famiglia rispetto alla disabilità del figlio e la totale assenza dei parenti. Al di fuori di queste circostanze e alla luce della lettera dell’art. 408 primo comma cod. civ., il giudice tutelare dovrebbe preferire, come amministratore di sostegno, il coniuge che non sia separato legalmente, la persona stabilmente convivente, il padre, la madre, il figlio o il fratello o la sorella del beneficiario. Per ciò che concerne il co-amministratore, ho notato delle aperture sia nella giurisprudenza sia nella dottrina maggioritarie: tale scelta si giustifica nella volontà di proseguire il rapporto di bigenitorialità già in essere che subirebbe, per contro, un depotenziamento; nel conflitto di interessi fra beneficiario e amministratore e, ancora, nella necessità di suddividere le competenze fra due amministratori di sostegno, ad uno la cura personae e all’altro la cura patrimonii. Al termine della tesi, ho analizzato i rapporti tra il familiare amministratore di sostegno e gli altri familiari e quello tra i parenti dell’amministrato e l’amministratore esterno. Per ciò che concerne il primo, ho appurato che se il rapporto fra le figure genitoriali è un legame di beneficio per il figlio adulto disabile, già prima dell’intervento della misura protettiva, altro non fa che proseguire allo stesso modo, seppure con alcune differenze. In merito al secondo, presupponendo che si tratta di conflittualità intrafamiliare, può accadere che l’amministratore terzo e l’amministrato riescano a instaurare un rapporto soddisfacente. In quest’ultimo caso, il rischio è il conflitto fra amministratore e i familiari dell'amministrato.

Famiglia e amministrazione di sostegno: quali intrecci?

ROTELLA, VALENTINA
2022/2023

Abstract

L’oggetto dell’elaborato verte sull’istituto dell’amministrazione di sostegno: l’obiettivo della ricerca non si riduce all’analisi dei connotati civilistici di tale misura, ma muove da tali aspetti giuridici, per poi osservare il ruolo dei familiari, in un’ottica, in particolare, di promozione e protezione dei diritti del figlio adulto con disabilità. In primis ho analizzato se, dato l’accertamento dell’infermità o della menomazione fisica o psichica del soggetto interessato tale per cui sussiste una impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi, l’esistenza di una rete familiare attiva attorno al soggetto beneficiario sia sufficiente per escludere l’apertura di tale procedura. Rispetto a tale quesito, ho analizzato due orientamenti: il primo esclude la disposizione della misura stando alla lettera della norma 404 cod. civ.; il secondo, valorizzando una discrezionalità del giudice limitata a individuare la tutela più adeguata alla fattispecie concreta e non estesa sino alla decisione di applicare o meno una misura, prevede la disposizione dell’amministrazione di sostegno alla sola sussistenza dei suoi presupposti. Proseguendo, in relazione al momento della scelta e della nomina dell’amministratore di sostegno, mi sono interrogata su quali siano i presupposti che muovono il giudice tutelare a nominare come amministratore di sostegno un soggetto terzo o un familiare e se sia possibile, nel nostro ordinamento, la nomina delle figure del co-amministratore e del pro-amministratore. Tra i presupposti per la nomina di un soggetto esterno alla cerchia familiare, emergono il conflitto endo-familiare, il rapporto nocivo tra il soggetto vulnerabile e la famiglia, i casi in cui la compagine familiare è essa stessa in una situazione inadeguata in termini di fragilità, o di anzianità, il coinvolgimento emotivo della famiglia rispetto alla disabilità del figlio e la totale assenza dei parenti. Al di fuori di queste circostanze e alla luce della lettera dell’art. 408 primo comma cod. civ., il giudice tutelare dovrebbe preferire, come amministratore di sostegno, il coniuge che non sia separato legalmente, la persona stabilmente convivente, il padre, la madre, il figlio o il fratello o la sorella del beneficiario. Per ciò che concerne il co-amministratore, ho notato delle aperture sia nella giurisprudenza sia nella dottrina maggioritarie: tale scelta si giustifica nella volontà di proseguire il rapporto di bigenitorialità già in essere che subirebbe, per contro, un depotenziamento; nel conflitto di interessi fra beneficiario e amministratore e, ancora, nella necessità di suddividere le competenze fra due amministratori di sostegno, ad uno la cura personae e all’altro la cura patrimonii. Al termine della tesi, ho analizzato i rapporti tra il familiare amministratore di sostegno e gli altri familiari e quello tra i parenti dell’amministrato e l’amministratore esterno. Per ciò che concerne il primo, ho appurato che se il rapporto fra le figure genitoriali è un legame di beneficio per il figlio adulto disabile, già prima dell’intervento della misura protettiva, altro non fa che proseguire allo stesso modo, seppure con alcune differenze. In merito al secondo, presupponendo che si tratta di conflittualità intrafamiliare, può accadere che l’amministratore terzo e l’amministrato riescano a instaurare un rapporto soddisfacente. In quest’ultimo caso, il rischio è il conflitto fra amministratore e i familiari dell'amministrato.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/105485