La resistenza agli antibiotici è diventata una minaccia sempre più emergente per la salute pubblica, essendo un fenomeno riscontrato a livello mondiale. L’uso eccessivo e non oculato di antibiotici sta portando alla comparsa di ceppi batterici capaci di resistere a più categorie di antibiotici, compresi quelli di ultima generazione. Per contrastare questo fenomeno vi è un crescente interesse nell’utilizzo dei batteriofagi (o fagi) e delle loro proteine enzimatiche. Questi virus sono altamente specie-specifici ed una volta adsorbiti al batterio perseguono una strategia di replicazione di tipo litico o lisogeno. L’infezione da C. difficile di solito si verifica quando vi è un utilizzo prolungato di antibiotici ad ampio spettro per la cura di altre infezioni, il che determina uno sbilanciamento della flora batterica intestinale e consente al batterio di crescere e produrre tossine, provocando spesso come effetto collaterale diarrea indotta da antibiotici. La CDI ha un tasso di recidiva pari al 45%, accompagnato ad un tasso di mortalità del 40% nonostante gli attuali trattamenti, che risentono della resistenza antibiotica; inoltre le conseguenze di tale infezione sono di vasta portata, incidono sulla cura del paziente e sulla qualità della vita oltre a causare costi economici elevati. A tal proposito, i fagi con replicazione litica hanno grandi vantaggi, in quanto possono lisare i batteri con grande specificità per garantire l'efficace rimozione del patogeno, non avendo effetti su altri commensali intestinali. Inoltre, in presenza di ceppi batterici sensibili all’infezione, i fagi hanno la capacità di continuare a replicarsi fin tanto che nell’intestino ci saranno cellule batteriche suscettibili all’infezione. Questi virus si avvalgono di un sistema elaborato e controllato per massimizzare la propria diffusione favorendo l’infezione di nuovi ospiti, e quindi la produzione di nuovi fagi, e nel contempo limitando l’effetto litico da parte di endolisine su potenziali nuovi ospiti. I dati riportati in questo elaborato dimostrano che l’endolisina CD16/50L, utile alla lisi delle cellule infette per il rilascio di nuovi fagi, presenta un dominio litico EAD e un dominio CBD deputato al legame del substrato. Sfruttare l’attività di endolisine libere contro cellule non ancora infette, potenzialmente impedendo la dimerizzazione modificando il sito identificato come responsabile, amplificherebbe l’efficacia della terapia. Al contempo, la caratterizzazione del presunto RBP può ampliare le conoscenze sull’interazione fago-ospite per la moderna ingegneria dei fagi e poiché l’RBP del profago HN10 e il suo recettore corrispondente sono stati identificati, ulteriori studi strutturali sugli RBP fagici e importanti residui amminoacidici per il riconoscimento delle cellule ospiti potrebbero espandere la gamma degli ospiti fagici e ampliare l’applicazione del batteriofago di C. difficile sia a scopi diagnostici sia a scopi terapeutici. Infine, un’ulteriore strategia potrebbe essere cercare di ottenere fagi capaci di riconoscere specificamente ceppi di C. difficile e, una volta infettata una porzione di questa popolazione, favorire l’eradicazione della popolazione grazie all’attività di endolisine capaci di agire su cellule ospiti. In conclusione, la terapia fagica rimane un’alternativa molto promettente all’utilizzo di antibiotici, tuttavia ad oggi si è ancora lontani dalla possibilità di un utilizzo concreto in ambito clinico e non di questi virus.
Utilizzo di fagi per il trattamento di Clostridium difficile antibiotico resistenti
RIMOLDI, REBECCA
2022/2023
Abstract
La resistenza agli antibiotici è diventata una minaccia sempre più emergente per la salute pubblica, essendo un fenomeno riscontrato a livello mondiale. L’uso eccessivo e non oculato di antibiotici sta portando alla comparsa di ceppi batterici capaci di resistere a più categorie di antibiotici, compresi quelli di ultima generazione. Per contrastare questo fenomeno vi è un crescente interesse nell’utilizzo dei batteriofagi (o fagi) e delle loro proteine enzimatiche. Questi virus sono altamente specie-specifici ed una volta adsorbiti al batterio perseguono una strategia di replicazione di tipo litico o lisogeno. L’infezione da C. difficile di solito si verifica quando vi è un utilizzo prolungato di antibiotici ad ampio spettro per la cura di altre infezioni, il che determina uno sbilanciamento della flora batterica intestinale e consente al batterio di crescere e produrre tossine, provocando spesso come effetto collaterale diarrea indotta da antibiotici. La CDI ha un tasso di recidiva pari al 45%, accompagnato ad un tasso di mortalità del 40% nonostante gli attuali trattamenti, che risentono della resistenza antibiotica; inoltre le conseguenze di tale infezione sono di vasta portata, incidono sulla cura del paziente e sulla qualità della vita oltre a causare costi economici elevati. A tal proposito, i fagi con replicazione litica hanno grandi vantaggi, in quanto possono lisare i batteri con grande specificità per garantire l'efficace rimozione del patogeno, non avendo effetti su altri commensali intestinali. Inoltre, in presenza di ceppi batterici sensibili all’infezione, i fagi hanno la capacità di continuare a replicarsi fin tanto che nell’intestino ci saranno cellule batteriche suscettibili all’infezione. Questi virus si avvalgono di un sistema elaborato e controllato per massimizzare la propria diffusione favorendo l’infezione di nuovi ospiti, e quindi la produzione di nuovi fagi, e nel contempo limitando l’effetto litico da parte di endolisine su potenziali nuovi ospiti. I dati riportati in questo elaborato dimostrano che l’endolisina CD16/50L, utile alla lisi delle cellule infette per il rilascio di nuovi fagi, presenta un dominio litico EAD e un dominio CBD deputato al legame del substrato. Sfruttare l’attività di endolisine libere contro cellule non ancora infette, potenzialmente impedendo la dimerizzazione modificando il sito identificato come responsabile, amplificherebbe l’efficacia della terapia. Al contempo, la caratterizzazione del presunto RBP può ampliare le conoscenze sull’interazione fago-ospite per la moderna ingegneria dei fagi e poiché l’RBP del profago HN10 e il suo recettore corrispondente sono stati identificati, ulteriori studi strutturali sugli RBP fagici e importanti residui amminoacidici per il riconoscimento delle cellule ospiti potrebbero espandere la gamma degli ospiti fagici e ampliare l’applicazione del batteriofago di C. difficile sia a scopi diagnostici sia a scopi terapeutici. Infine, un’ulteriore strategia potrebbe essere cercare di ottenere fagi capaci di riconoscere specificamente ceppi di C. difficile e, una volta infettata una porzione di questa popolazione, favorire l’eradicazione della popolazione grazie all’attività di endolisine capaci di agire su cellule ospiti. In conclusione, la terapia fagica rimane un’alternativa molto promettente all’utilizzo di antibiotici, tuttavia ad oggi si è ancora lontani dalla possibilità di un utilizzo concreto in ambito clinico e non di questi virus.File | Dimensione | Formato | |
---|---|---|---|
931976_tesirimoldi.pdf
non disponibili
Tipologia:
Altro materiale allegato
Dimensione
1.15 MB
Formato
Adobe PDF
|
1.15 MB | Adobe PDF |
I documenti in UNITESI sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.
https://hdl.handle.net/20.500.14240/105307