Questo lavoro ha lo scopo di esaminare gli aspetti generali dell’unione bancaria europea, una delle innovazioni istituzionali, a livello sovranazionale, più rilevanti e maggiormente incisive nell’assetto organizzativo e giuridico dell’Unione europea dopo la nascita dell’unione monetaria. L’analisi parte dalla trattazione delle cause che hanno spinto il legislatore a istituire l’unione bancaria. Di base, le crisi economico-finanziarie che hanno interessato il mondo dal 2008 al 2012, hanno svelato chiaramente l’inadeguatezza dei sistemi giuridici nazionali dell’epoca a far fronte alle crisi bancarie, inadatti a gestire eventi negativi di portata globale e incapaci di contenere gli effetti di possibili contagi ad altri settori dell’economia nonché ai sistemi economici di altri Stati. A riguardo, è lampante la vicenda di alcuni fallimenti di grandi gruppi multinazionali creditizi come ad esempio Lehman Brothers, i cui effetti indesiderati si sono ben presto tradotti nelle economie di tutto il mondo, costringendo gli Stati a immettere ingenti somme di capitale pubblico nel sistema bancario al fine di salvarlo ed evitare effetti ben peggiori del fallimento di un singolo istituto di credito. Il salvataggio di questi colossi della finanza è stata, dunque, l’unica risposta possibile da parte degli Stati in quanto privi, a livello giuridico, di ulteriori e più efficaci strumenti da utilizzare per contenere la crisi. Questo ha inevitabilmente prodotto conseguenze negative nei bilanci pubblici e disomogeneità di soluzioni all’interno di ogni singolo Stato; in questo senso, dunque, nasce l’unione bancaria europea. Sebbene tale istituto risulti essere una risposta ufficiale alla crisi economico finanziaria del 2008-2009 e, successivamente, alla crisi del debito sovrano del 2010, il progetto di creazione di uno “spazio unico europeo” di vigilanza del sistema bancario e di risoluzione delle crisi dei singoli istituti di credito affonda le sue radici già nei primi anni novanta, con il progetto di Unione Europea a livello economico, politico e, infine, monetario. Come spesso accaduto nella storia dell’Unione europea, l’avvento delle crisi ha dunque accelerato il processo di omogeneizzazione, obbligando in primis gli Stati membri ad accantonare le resistenze verso processi di condivisione dei rischi e, in secondo luogo, i policy makers ad individuare velocemente una soluzione giuridica efficace per contrastare gli effetti negativi delle crisi. L’unione bancaria risulta essere, dunque, il frutto di una di queste accelerazioni, rappresentando il tassello mancante a completamento di questo piano di omogeneizzazione sovranazionale iniziato con il Trattato di Maastricht; un percorso, in realtà, che come in tutte le attività “affrettate” manifesta ancora oggi dei punti di caduta. Il progetto di unione bancaria infatti prevede, per il suo corretto funzionamento, la costituzione di tre pilastri: il meccanismo di vigilanza unico, il meccanismo di risoluzione unico e il sistema europeo di assicurazione dei depositi. Se i primi due elementi del sistema risultano oggi attivi e funzionanti, il terzo elemento, ovvero lo schema di garanzie sui depositi, è ancora mancante a causa delle controversie politiche degli Stati membri sul tema della condivisione dei rischi, limitando l’efficacia e le potenzialità dell’unione bancaria stessa.
L'Unione bancaria europea
MARCHETTI, ALESSANDRO
2022/2023
Abstract
Questo lavoro ha lo scopo di esaminare gli aspetti generali dell’unione bancaria europea, una delle innovazioni istituzionali, a livello sovranazionale, più rilevanti e maggiormente incisive nell’assetto organizzativo e giuridico dell’Unione europea dopo la nascita dell’unione monetaria. L’analisi parte dalla trattazione delle cause che hanno spinto il legislatore a istituire l’unione bancaria. Di base, le crisi economico-finanziarie che hanno interessato il mondo dal 2008 al 2012, hanno svelato chiaramente l’inadeguatezza dei sistemi giuridici nazionali dell’epoca a far fronte alle crisi bancarie, inadatti a gestire eventi negativi di portata globale e incapaci di contenere gli effetti di possibili contagi ad altri settori dell’economia nonché ai sistemi economici di altri Stati. A riguardo, è lampante la vicenda di alcuni fallimenti di grandi gruppi multinazionali creditizi come ad esempio Lehman Brothers, i cui effetti indesiderati si sono ben presto tradotti nelle economie di tutto il mondo, costringendo gli Stati a immettere ingenti somme di capitale pubblico nel sistema bancario al fine di salvarlo ed evitare effetti ben peggiori del fallimento di un singolo istituto di credito. Il salvataggio di questi colossi della finanza è stata, dunque, l’unica risposta possibile da parte degli Stati in quanto privi, a livello giuridico, di ulteriori e più efficaci strumenti da utilizzare per contenere la crisi. Questo ha inevitabilmente prodotto conseguenze negative nei bilanci pubblici e disomogeneità di soluzioni all’interno di ogni singolo Stato; in questo senso, dunque, nasce l’unione bancaria europea. Sebbene tale istituto risulti essere una risposta ufficiale alla crisi economico finanziaria del 2008-2009 e, successivamente, alla crisi del debito sovrano del 2010, il progetto di creazione di uno “spazio unico europeo” di vigilanza del sistema bancario e di risoluzione delle crisi dei singoli istituti di credito affonda le sue radici già nei primi anni novanta, con il progetto di Unione Europea a livello economico, politico e, infine, monetario. Come spesso accaduto nella storia dell’Unione europea, l’avvento delle crisi ha dunque accelerato il processo di omogeneizzazione, obbligando in primis gli Stati membri ad accantonare le resistenze verso processi di condivisione dei rischi e, in secondo luogo, i policy makers ad individuare velocemente una soluzione giuridica efficace per contrastare gli effetti negativi delle crisi. L’unione bancaria risulta essere, dunque, il frutto di una di queste accelerazioni, rappresentando il tassello mancante a completamento di questo piano di omogeneizzazione sovranazionale iniziato con il Trattato di Maastricht; un percorso, in realtà, che come in tutte le attività “affrettate” manifesta ancora oggi dei punti di caduta. Il progetto di unione bancaria infatti prevede, per il suo corretto funzionamento, la costituzione di tre pilastri: il meccanismo di vigilanza unico, il meccanismo di risoluzione unico e il sistema europeo di assicurazione dei depositi. Se i primi due elementi del sistema risultano oggi attivi e funzionanti, il terzo elemento, ovvero lo schema di garanzie sui depositi, è ancora mancante a causa delle controversie politiche degli Stati membri sul tema della condivisione dei rischi, limitando l’efficacia e le potenzialità dell’unione bancaria stessa.File | Dimensione | Formato | |
---|---|---|---|
809756_tesi.pdf
non disponibili
Tipologia:
Altro materiale allegato
Dimensione
1.43 MB
Formato
Adobe PDF
|
1.43 MB | Adobe PDF |
I documenti in UNITESI sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.
https://hdl.handle.net/20.500.14240/105249