Sebbene alcuni economisti contemporanei considerino il tema della felicità come qualcosa di inedito e postmoderno, il termine felicità viene utilizzato da tempo anche in economia. Secondo la tradizione dell'economia civile, l'emergente scienza economica venne definita da Antonio Genovesi e da Pietro Verri come la «scienza della pubblica felicità», individuando così nella felicità pubblica l'obiettivo della nuova scienza economica e distinguendosi dalla tradizione scozzese e inglese loro contemporanea che, invece, scelse la ricchezza delle Nazioni come l'oggetto della new political economy. Oggi non solo gli economisti ma anche altri scienziati sociali focalizzano l'attenzione delle proprie indagini e ricerche non tanto sulla pubblica felicità quanto sulla felicità soggettiva ed individuale, confrontandola con i tipici indicatori economici, quali reddito, ricchezza e disoccupazione. R. Layard costituisce insieme a R. Easterlin un punto di riferimento indiscusso nell'ambito dell'Economics of Happiness: Layard, in particolare, fa riferimento alla nascita ed allo sviluppo di una nuova scienza, definita la ¿scienza della felicità¿, che diviene portavoce di una radicale riforma della teoria su cui si basa la politica economica; Easterlin, invece, è noto per gli studi che l'hanno portato ad elaborare il cosiddetto ¿paradosso della felicità¿, secondo il quale, raggiunto un certo livello di benessere economico, le persone smettano di riscontrare un aumento del loro benessere e della loro felicità e che, raggiunta una determinata soglia, il reddito, pur aumentando, non influisca sulla percezione che le persone hanno della loro felicità, che inizia al contrario a diminuire. L'analisi del benessere sociale è un tema sviluppato anche dall'Economia del Benessere che, basandosi sul Principio di efficienza di Pareto, sottolinea come un'allocazione delle risorse che migliori il benessere di un individuo, senza provocare un danno per gli altri, costituisca un miglioramento del benessere per l'intera collettività. Tradizionalmente, la dimensione economica, lo sviluppo, la crescita, il benessere e la felicità di un Paese sono stati quantificati attraverso il PIL, indice presentato da Kuznets al Congresso degli Stati Uniti nel 1934. Tuttavia, dagli Anni Novanta in poi, il dibattito economico si è incentrato su una critica del PIL, inteso come indice, che mette in discussione lo stesso sistema di sviluppo economico che ne ha fatto la sua bandiera. La ¿Commissione Stiglitz, Sen, Fitoussi¿ è stata istituita dal Presidente francese Sarkozy nel 2008 al fine di conseguire i seguenti obiettivi: identificare i limiti del PIL come indicatore della performance economica e del progresso sociale, includendo anche i problemi relativi alla sua misurazione, valutare quali ulteriori informazioni potrebbero essere necessarie per l'elaborazione di indicatori più rilevanti del progresso sociale, esaminare l'utilizzo di strumenti di misurazione alternativi, analizzare come presentare le informazioni statistiche in modo appropriato. Negli ultimi anni del XX secolo, si è quindi manifestata la necessità di elaborare ed adottare misure alternative, quali il GPI (Genuine Progress Indicator), l'HDI (Human Development Index), l'HPI (Happy Planet Index) e il SPI (Social Progress Index), in grado di inglobare gli aspetti etici e qualitativi che vengono invece trascurati dal PIL.
Analisi della performance economica e del progresso sociale attraverso la relazione tra reddito e felicità
VERNERO, MARTA
2014/2015
Abstract
Sebbene alcuni economisti contemporanei considerino il tema della felicità come qualcosa di inedito e postmoderno, il termine felicità viene utilizzato da tempo anche in economia. Secondo la tradizione dell'economia civile, l'emergente scienza economica venne definita da Antonio Genovesi e da Pietro Verri come la «scienza della pubblica felicità», individuando così nella felicità pubblica l'obiettivo della nuova scienza economica e distinguendosi dalla tradizione scozzese e inglese loro contemporanea che, invece, scelse la ricchezza delle Nazioni come l'oggetto della new political economy. Oggi non solo gli economisti ma anche altri scienziati sociali focalizzano l'attenzione delle proprie indagini e ricerche non tanto sulla pubblica felicità quanto sulla felicità soggettiva ed individuale, confrontandola con i tipici indicatori economici, quali reddito, ricchezza e disoccupazione. R. Layard costituisce insieme a R. Easterlin un punto di riferimento indiscusso nell'ambito dell'Economics of Happiness: Layard, in particolare, fa riferimento alla nascita ed allo sviluppo di una nuova scienza, definita la ¿scienza della felicità¿, che diviene portavoce di una radicale riforma della teoria su cui si basa la politica economica; Easterlin, invece, è noto per gli studi che l'hanno portato ad elaborare il cosiddetto ¿paradosso della felicità¿, secondo il quale, raggiunto un certo livello di benessere economico, le persone smettano di riscontrare un aumento del loro benessere e della loro felicità e che, raggiunta una determinata soglia, il reddito, pur aumentando, non influisca sulla percezione che le persone hanno della loro felicità, che inizia al contrario a diminuire. L'analisi del benessere sociale è un tema sviluppato anche dall'Economia del Benessere che, basandosi sul Principio di efficienza di Pareto, sottolinea come un'allocazione delle risorse che migliori il benessere di un individuo, senza provocare un danno per gli altri, costituisca un miglioramento del benessere per l'intera collettività. Tradizionalmente, la dimensione economica, lo sviluppo, la crescita, il benessere e la felicità di un Paese sono stati quantificati attraverso il PIL, indice presentato da Kuznets al Congresso degli Stati Uniti nel 1934. Tuttavia, dagli Anni Novanta in poi, il dibattito economico si è incentrato su una critica del PIL, inteso come indice, che mette in discussione lo stesso sistema di sviluppo economico che ne ha fatto la sua bandiera. La ¿Commissione Stiglitz, Sen, Fitoussi¿ è stata istituita dal Presidente francese Sarkozy nel 2008 al fine di conseguire i seguenti obiettivi: identificare i limiti del PIL come indicatore della performance economica e del progresso sociale, includendo anche i problemi relativi alla sua misurazione, valutare quali ulteriori informazioni potrebbero essere necessarie per l'elaborazione di indicatori più rilevanti del progresso sociale, esaminare l'utilizzo di strumenti di misurazione alternativi, analizzare come presentare le informazioni statistiche in modo appropriato. Negli ultimi anni del XX secolo, si è quindi manifestata la necessità di elaborare ed adottare misure alternative, quali il GPI (Genuine Progress Indicator), l'HDI (Human Development Index), l'HPI (Happy Planet Index) e il SPI (Social Progress Index), in grado di inglobare gli aspetti etici e qualitativi che vengono invece trascurati dal PIL.File | Dimensione | Formato | |
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