Al giorno d’oggi la reputazione è più che mai fondamentale per tutte le organizzazioni, soprattutto laddove gli affari si basano su rapporti di fiducia da instaurare con i soggetti esterni ad esse. Se da un lato costruirsi un’immagine di azienda solida, responsabile ed affidabile richiede impegno e tempo; dall’altro perdere credibilità è molto più semplice. Di conseguenza, con il presente elaborato voglio occuparmi nel dettaglio del rischio reputazionale in modo da giungere ad una visione più chiara e completa di una fattispecie che, oggi più che mai, definisce la competitività e l’attrattività delle aziende ed, in modo particolare, delle banche. Il punto di partenza è rappresentato dalla Circolare n° 285/2013 di Banca d’Italia che approfondisce il tema del controllo interno alle banche e delle differenti tipologie di rischio a cui esse vanno incontro durante lo svolgimento delle proprie funzioni; molte di esse rilevanti in tema di reputazione in quanto il verificarsi di tali eventi può portare a notevoli danni d’immagine. In aggiunta è rilevante considerare anche gli interventi a livello internazionale come l’ISO 31000:2009 al fine di approfondire la questione della reputazione aziendale entrando nel merito delle sue componenti e fattori determinanti. Comprendere tali aspetti permette di realizzare valutazioni del rischio adeguate e di determinare le azioni più idonee a prevenire ed evitare il verificarsi dell’evento dannoso oltre che contenere le conseguenze negative. Con la graduale evoluzione delle ricerche sul tema, il rischio reputazionale non è più considerato come un rischio residuale o di secondo livello come avveniva in passato; bensì si è giunti a costituire una fattispecie autonoma ed indipendente al pari delle altre tipologie di rischio più “tradizionali”, quali il rischio operativo piuttosto che il rischio informatico. Inoltre, l’approccio prescelto è di non considerare esclusivamente le circostanze negative concernenti la reputazione in modo da comprendere quali eventi evitare e prevenire; tale impostazione vuole permettere di contemplare anche le cosiddette “opportunità reputazionali” nell’ottica di cogliere ciò che permette di migliorare la propria immagine agli occhi dei soggetti esterni alle organizzazioni. Ciò è possibile in forza della presenza di studi che hanno dimostrato come non vi sia solo un collegamento tra danno d’immagine e perdita di liquidità, risorse, capitale e riduzione del valore delle azioni. Infatti, possono anche sussistere eventi reputazionali positivi nonostante il collegamento tra essi e l’immagine aziendale sia meno simmetrico, chiaro e spiccato rispetto a quanto contraddistingue gli avvenimenti negativi. Il porre l’accento sul rischio reputazionale ha portato allo sviluppo e all’incremento di metodologie per l’analisi, la valutazione ed il monitoraggio; tuttavia, non si può ancora affermare di essere giunti ad un pieno sviluppo in quanto è ancora complesso quantificare l’ammontare del rischio reputazionale in modo sufficientemente certo essendo molteplici i fattori da considerare e data la natura del rischio stesso. Nonostante tutto sono evidenti i passi in avanti che sono stati realizzati in tale area nel corso degli ultimi dieci anni; ciò fa ben sperare insieme alla circostanza che, in precedenza, anche per le altre fattispecie di rischio oramai consolidate e con una metodologia sviluppata si è iniziato allo stesso modo.

Il rischio reputazionale nel Sistema Bancario Europeo: modelli e strumenti per una moderna gestione del rischio

CHASSEUR, VITTORIA
2022/2023

Abstract

Al giorno d’oggi la reputazione è più che mai fondamentale per tutte le organizzazioni, soprattutto laddove gli affari si basano su rapporti di fiducia da instaurare con i soggetti esterni ad esse. Se da un lato costruirsi un’immagine di azienda solida, responsabile ed affidabile richiede impegno e tempo; dall’altro perdere credibilità è molto più semplice. Di conseguenza, con il presente elaborato voglio occuparmi nel dettaglio del rischio reputazionale in modo da giungere ad una visione più chiara e completa di una fattispecie che, oggi più che mai, definisce la competitività e l’attrattività delle aziende ed, in modo particolare, delle banche. Il punto di partenza è rappresentato dalla Circolare n° 285/2013 di Banca d’Italia che approfondisce il tema del controllo interno alle banche e delle differenti tipologie di rischio a cui esse vanno incontro durante lo svolgimento delle proprie funzioni; molte di esse rilevanti in tema di reputazione in quanto il verificarsi di tali eventi può portare a notevoli danni d’immagine. In aggiunta è rilevante considerare anche gli interventi a livello internazionale come l’ISO 31000:2009 al fine di approfondire la questione della reputazione aziendale entrando nel merito delle sue componenti e fattori determinanti. Comprendere tali aspetti permette di realizzare valutazioni del rischio adeguate e di determinare le azioni più idonee a prevenire ed evitare il verificarsi dell’evento dannoso oltre che contenere le conseguenze negative. Con la graduale evoluzione delle ricerche sul tema, il rischio reputazionale non è più considerato come un rischio residuale o di secondo livello come avveniva in passato; bensì si è giunti a costituire una fattispecie autonoma ed indipendente al pari delle altre tipologie di rischio più “tradizionali”, quali il rischio operativo piuttosto che il rischio informatico. Inoltre, l’approccio prescelto è di non considerare esclusivamente le circostanze negative concernenti la reputazione in modo da comprendere quali eventi evitare e prevenire; tale impostazione vuole permettere di contemplare anche le cosiddette “opportunità reputazionali” nell’ottica di cogliere ciò che permette di migliorare la propria immagine agli occhi dei soggetti esterni alle organizzazioni. Ciò è possibile in forza della presenza di studi che hanno dimostrato come non vi sia solo un collegamento tra danno d’immagine e perdita di liquidità, risorse, capitale e riduzione del valore delle azioni. Infatti, possono anche sussistere eventi reputazionali positivi nonostante il collegamento tra essi e l’immagine aziendale sia meno simmetrico, chiaro e spiccato rispetto a quanto contraddistingue gli avvenimenti negativi. Il porre l’accento sul rischio reputazionale ha portato allo sviluppo e all’incremento di metodologie per l’analisi, la valutazione ed il monitoraggio; tuttavia, non si può ancora affermare di essere giunti ad un pieno sviluppo in quanto è ancora complesso quantificare l’ammontare del rischio reputazionale in modo sufficientemente certo essendo molteplici i fattori da considerare e data la natura del rischio stesso. Nonostante tutto sono evidenti i passi in avanti che sono stati realizzati in tale area nel corso degli ultimi dieci anni; ciò fa ben sperare insieme alla circostanza che, in precedenza, anche per le altre fattispecie di rischio oramai consolidate e con una metodologia sviluppata si è iniziato allo stesso modo.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/104916