Il presente elaborato ricostruisce la complessa relazione che intercorre tra i common lawyers e la buona fede contrattuale. L'indagine è rivolta verso quegli istituti che sono maggiormente ispirati ad uniformare il modello di common law e quello di civil law. Il metodo ricostruttivo è fondato sull'analisi della giurisprudenza della House of Lords (ora Supreme Court) ed è limitato alla casistica del Regno Unito. Il primo capitolo è dedicato alle decisioni ¿negative¿, quelle che dimostrano, senza compromessi, un rigetto nei confronti del principio generale di buona fede. Nel secondo capitolo, invece, l'analisi si focalizza su una serie di istituti che, in assenza di un dovere generale, tutelano l'affidamento, la correttezza e l'onestà. La frammentarietà del diritto privato inglese ha imposto di cercare un metodo di esposizione coerente, per questo, osservando da vicino gli orientamenti della dottrina, si è proceduto a dividere gli istituti per gruppi. Il primo gruppo ricomprende i rimedi più generali, tra cui l'estoppel. Gli istituti che fanno parte del secondo gruppo, invece, operano prevalentemente nella fase interpretativa del contratto (come nel caso degli express terms ed implied terms). Gli istituti del terzo gruppo, infine, possiedono una portata limitata, dal momento che si estendono ad una sola tipologia contrattuale (come nel caso dell' uberrima fides nel contratto assicurativo). In corrispondenza dell'ultimo capitolo la ricerca viene estesa oltre i confini del Regno Unito, fino a ricomprendere il diritto dell' Unione Europea, il Diritto privato internazionale e la soft law. Dall'analisi della Direttiva CEE n. 13 del 1993 e dai recenti riferimenti della House of Lords ai Principles of European Contract emergono cauti - ma interessanti- spunti riflessivi.

Common Lawyers e buona fede nel contratto: cronaca di una relazione controversa

MACARIO, LUDOVICO
2014/2015

Abstract

Il presente elaborato ricostruisce la complessa relazione che intercorre tra i common lawyers e la buona fede contrattuale. L'indagine è rivolta verso quegli istituti che sono maggiormente ispirati ad uniformare il modello di common law e quello di civil law. Il metodo ricostruttivo è fondato sull'analisi della giurisprudenza della House of Lords (ora Supreme Court) ed è limitato alla casistica del Regno Unito. Il primo capitolo è dedicato alle decisioni ¿negative¿, quelle che dimostrano, senza compromessi, un rigetto nei confronti del principio generale di buona fede. Nel secondo capitolo, invece, l'analisi si focalizza su una serie di istituti che, in assenza di un dovere generale, tutelano l'affidamento, la correttezza e l'onestà. La frammentarietà del diritto privato inglese ha imposto di cercare un metodo di esposizione coerente, per questo, osservando da vicino gli orientamenti della dottrina, si è proceduto a dividere gli istituti per gruppi. Il primo gruppo ricomprende i rimedi più generali, tra cui l'estoppel. Gli istituti che fanno parte del secondo gruppo, invece, operano prevalentemente nella fase interpretativa del contratto (come nel caso degli express terms ed implied terms). Gli istituti del terzo gruppo, infine, possiedono una portata limitata, dal momento che si estendono ad una sola tipologia contrattuale (come nel caso dell' uberrima fides nel contratto assicurativo). In corrispondenza dell'ultimo capitolo la ricerca viene estesa oltre i confini del Regno Unito, fino a ricomprendere il diritto dell' Unione Europea, il Diritto privato internazionale e la soft law. Dall'analisi della Direttiva CEE n. 13 del 1993 e dai recenti riferimenti della House of Lords ai Principles of European Contract emergono cauti - ma interessanti- spunti riflessivi.
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