The fascist government and its leader Benito Mussolini showed a lot of interest in fashion. In the Twenties the rules on womenswear dictated by the dictatorship were merely idealogical. The main reasons behind them were to regulate the women's social role, and to make people feel like they belonged to the homeland. The Thirties brought a big change with them: due to the attack in Ethiopia that caused international tensions, and the relative turn towards autarchy, industries were to be adapted to these new needs. The fashion industry was one of the first to be adjusted. During these twenty years of fascism, many bodies of State were founded. Their goal was to manage and control all the fashion industries around Italy. Ente Nazionale della Moda was the main one. Other means were adopted to reach each Italian woman, too. The government used magazines, arts and cinema as their main vehicles; all of them, surely, underwent censorship. Many Italian artists were part of the fashion community: some went to Paris, the fashion capitol, escaping the dictatorship, like Elsa Schiaparelli. The Futurists stayed to help the government create the new Italian fashion. Just a few artists kept themselves in the middle, like Salvatore Ferragamo. He was a shoemaker. He made women feel elegant and classy even in times when Italy had no raw materials to use. He managed to recycle and give new life to poor materials. This all-Italian resourcefulness is what brought Italy, after the war, to be a worldwide excellence.
Il governo fascista ed il suo leader Benito Mussolini sono stati molto interessati al fenomeno moda. Durante gli anni Venti le imposizioni del regime sull'abbigliamento erano dettate da fattori ideologici, quali il ruolo sociale delle donne e la creazione un sentimento di appartenenza alla patria. La seconda metà degli anni Trenta portò, però, una svolta: dopo le tensioni create dall'Italia fascista con l'attacco etiope e la relativa svolta autarchica, tutti i settori industriali italiani furono mutati ed adattati alle nuove esigenze economiche, tra questi anche il tessile. Vennero fondati molteplici enti durante il ventennio fascista atti a controllare e gestire le industrie dell'abbigliamento, l'Ente Nazionale della Moda fu quello che ottenne maggiori risultati. Il regime si affidò, però, anche ad altri mezzi di comunicazione per riuscire a giungere a tutte le donne italiane, come i rotocalchi femminili o il cinema e le arti, tutti sottoposti a controlli e censure da parte degli enti predisposti. Molti artisti italiani furono toccati del tema moda: alcuni scapparono dal totalitarismo italiano verso Parigi, capitale della moda, come Elsa Schiaparelli. I Futuristi, invece, restarono in patria a sostenere il regime nel suo obiettivo di creare una moda puramente italiana. Solo pochi di questi artisti si tennero equidistanti dalle due parti, come Salvatore Ferragamo, calzolaio, che aiutò le donne italiane a vestirsi con classe ed eleganza anche quando il paese era sprovvisto di materie prime, riciclando e dando nuova vita a materiali poverissimi. Questa inventiva puramente italiana è ciò che poterà, dopo la guerra, il Bel Paese all'eccellenza mondiale nei settori dell'artigianato.
Le Gonne del Duce - Abbigliamento femminile durante il ventennio fascista
BERTOLI, ASIA
2018/2019
Abstract
Il governo fascista ed il suo leader Benito Mussolini sono stati molto interessati al fenomeno moda. Durante gli anni Venti le imposizioni del regime sull'abbigliamento erano dettate da fattori ideologici, quali il ruolo sociale delle donne e la creazione un sentimento di appartenenza alla patria. La seconda metà degli anni Trenta portò, però, una svolta: dopo le tensioni create dall'Italia fascista con l'attacco etiope e la relativa svolta autarchica, tutti i settori industriali italiani furono mutati ed adattati alle nuove esigenze economiche, tra questi anche il tessile. Vennero fondati molteplici enti durante il ventennio fascista atti a controllare e gestire le industrie dell'abbigliamento, l'Ente Nazionale della Moda fu quello che ottenne maggiori risultati. Il regime si affidò, però, anche ad altri mezzi di comunicazione per riuscire a giungere a tutte le donne italiane, come i rotocalchi femminili o il cinema e le arti, tutti sottoposti a controlli e censure da parte degli enti predisposti. Molti artisti italiani furono toccati del tema moda: alcuni scapparono dal totalitarismo italiano verso Parigi, capitale della moda, come Elsa Schiaparelli. I Futuristi, invece, restarono in patria a sostenere il regime nel suo obiettivo di creare una moda puramente italiana. Solo pochi di questi artisti si tennero equidistanti dalle due parti, come Salvatore Ferragamo, calzolaio, che aiutò le donne italiane a vestirsi con classe ed eleganza anche quando il paese era sprovvisto di materie prime, riciclando e dando nuova vita a materiali poverissimi. Questa inventiva puramente italiana è ciò che poterà, dopo la guerra, il Bel Paese all'eccellenza mondiale nei settori dell'artigianato.File | Dimensione | Formato | |
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