La cultura dello stupro rappresenta un insieme di credenze e pratiche che permettono alla violenza di genere di risultare diffusa e accettata all’interno della nostra società. Nel primo capitolo il lavoro si concentra sullo spiegare più nel dettaglio quali siano le forme di molestia con cui tale cultura si manifesta. Si ricorre in particolare ad un’immagine, quella della piramide, con cui si può efficacemente visualizzare l’insieme di violenze e molestie di genere, precisando come, nonostante questo elenco, non esista una ‘’gerarchia del dolore’’. Alla base della piramide troviamo il linguaggio sessista, le molestie di tipo verbale, tra cui il catcalling, e il contatto non sessuale. Procedendo verso l’altro, sono individuabili altre forme di violenza: lo stalking, il victim blaming, l’image-based sexual abuse, il contatto sessuale senza consenso, lo stealthing; fino ad arrivare alla coercizione, lo stupro e il femminicidio. A partire dalla definizione di genere e dall’assunto secondo cui vi sia una differenza tra i generi imposta culturalmente, si cerca di spiegare quali siano le motivazioni culturali che hanno portato al radicarsi della cultura dello stupro, tra cui si riconoscono una differenza nell’ambito lavorativo e politico, l’ideologia dell’amore romantico e una differenza nell’educazione tra i soggetti femminili e quelli maschili. Vengono precisate successivamente le conseguenze sociali di tale cultura, sia da un punto di vista femminile che maschile. Si sottolinea poi come il perpetrare violenza nasca da un desiderio di potere, il che porta ad uno squilibrio tra i generi. Infine, vengono elencate le leggi che regolano questi crimini e le percentuali statistiche a livello globale e italiano, sottolineando anche come sia alto il tasso di non-denuncia. In seguito a questo primo inquadramento teorico, nel secondo capitolo viene posto un focus sulla relazione tra cultura dello stupro e Social Media. In un primo momento vengono identificati i modi secondo cui i Social Media diventano mezzo di diffusione di tale cultura. In particolare, vengono descritti quali sono i principali miti sullo stupro, cioè stereotipi e pregiudizi relativi allo stupro e anche, più in generale, alla violenza di genere. A tal proposito vengono riportati una serie di commenti e interventi degli utenti presenti sui Social Media, che sottolineano come tali miti siano ben radicati all’interno della mentalità comune. Ogni serie di interventi è seguita da un breve commento che prova a sottolinearne le problematicità. I Social Media a cui si fa riferimento sono Facebook e Instagram. Nell’ultimo capitolo si spiega come i Social Media possano essere anche un mezzo di contrasto alla cultura dello stupro, e che in alternativa si possa cercare di diffondere una cultura del consenso. Viene puntualizzato inoltre come vi sia una differenza di significato tra i termini vittima e sopravvissuta. Successivamente si elencano una serie di organizzazione presenti in Italia che si occupano attivamente delle tematiche precedentemente citate: ‘’Donnexstrada’’, ‘’Virgyn & Martyr’’, ‘’Suns – end Rape Culture’’. Infine viene affrontato il progetto #Ancheame: esso rappresenta un hashtag che nasce con lo scopo di raccogliere testimonianze di violenza ostetrica e ginecologica.
La cultura dello stupro e i Social Media: caratteristiche, diffusione e contrasto
PIROVANO, GIULIA
2021/2022
Abstract
La cultura dello stupro rappresenta un insieme di credenze e pratiche che permettono alla violenza di genere di risultare diffusa e accettata all’interno della nostra società. Nel primo capitolo il lavoro si concentra sullo spiegare più nel dettaglio quali siano le forme di molestia con cui tale cultura si manifesta. Si ricorre in particolare ad un’immagine, quella della piramide, con cui si può efficacemente visualizzare l’insieme di violenze e molestie di genere, precisando come, nonostante questo elenco, non esista una ‘’gerarchia del dolore’’. Alla base della piramide troviamo il linguaggio sessista, le molestie di tipo verbale, tra cui il catcalling, e il contatto non sessuale. Procedendo verso l’altro, sono individuabili altre forme di violenza: lo stalking, il victim blaming, l’image-based sexual abuse, il contatto sessuale senza consenso, lo stealthing; fino ad arrivare alla coercizione, lo stupro e il femminicidio. A partire dalla definizione di genere e dall’assunto secondo cui vi sia una differenza tra i generi imposta culturalmente, si cerca di spiegare quali siano le motivazioni culturali che hanno portato al radicarsi della cultura dello stupro, tra cui si riconoscono una differenza nell’ambito lavorativo e politico, l’ideologia dell’amore romantico e una differenza nell’educazione tra i soggetti femminili e quelli maschili. Vengono precisate successivamente le conseguenze sociali di tale cultura, sia da un punto di vista femminile che maschile. Si sottolinea poi come il perpetrare violenza nasca da un desiderio di potere, il che porta ad uno squilibrio tra i generi. Infine, vengono elencate le leggi che regolano questi crimini e le percentuali statistiche a livello globale e italiano, sottolineando anche come sia alto il tasso di non-denuncia. In seguito a questo primo inquadramento teorico, nel secondo capitolo viene posto un focus sulla relazione tra cultura dello stupro e Social Media. In un primo momento vengono identificati i modi secondo cui i Social Media diventano mezzo di diffusione di tale cultura. In particolare, vengono descritti quali sono i principali miti sullo stupro, cioè stereotipi e pregiudizi relativi allo stupro e anche, più in generale, alla violenza di genere. A tal proposito vengono riportati una serie di commenti e interventi degli utenti presenti sui Social Media, che sottolineano come tali miti siano ben radicati all’interno della mentalità comune. Ogni serie di interventi è seguita da un breve commento che prova a sottolinearne le problematicità. I Social Media a cui si fa riferimento sono Facebook e Instagram. Nell’ultimo capitolo si spiega come i Social Media possano essere anche un mezzo di contrasto alla cultura dello stupro, e che in alternativa si possa cercare di diffondere una cultura del consenso. Viene puntualizzato inoltre come vi sia una differenza di significato tra i termini vittima e sopravvissuta. Successivamente si elencano una serie di organizzazione presenti in Italia che si occupano attivamente delle tematiche precedentemente citate: ‘’Donnexstrada’’, ‘’Virgyn & Martyr’’, ‘’Suns – end Rape Culture’’. Infine viene affrontato il progetto #Ancheame: esso rappresenta un hashtag che nasce con lo scopo di raccogliere testimonianze di violenza ostetrica e ginecologica.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/104065