Geoff Dyer e Mark Z. Danielewski: l’ecfrasi fra saggio e romanzo, stupore e trauma

The dissertation compares Mark Z. Danielewski’s novel House of Leaves (2000) with two essays by Geoff Dyer, Zona: A Book About a Film About a Journey to a Room (2012) and Broadsword calling Danny Boy: Watching Where Eagles Dare (2018). This paper goes searching affinities and dissimilarities not only between two authors very different in style but also between two genres: the late postmodern maximalist novel and the informal essay. House of leaves is a monster book, imposing in its diegetic and physical measures; it’s an ergodic device that deconstructs the dichotomies of reality and fiction, true and false, original and copy, and it does so by dismantling and reassembling the concept of mediation. Dyer's texts are instead two pleasurable personal essays, that are paired in this analysis as moments of a light-hearted critical reckoning with one's experience as a cinematographic spectator and with one's aesthetic imagination. The three works offer peculiar declinations of ékphrasis, a verbal description applied to the film image, in order to tell something unspeakable: Danielewski explores a labyrinthine trauma, while Dyer reflects on another type of discontinuity, the thauma, i.e. the ambiguous wonder felt when faced with two antithetical outcomes of the seventh art. This study would have the ambition to investigate the reasons for the adoption of the same rhetorical technique in light of genre and content discrepancy, so as to provide a report on the ékphrasis’ state of health in this first quarter of the twenty-first century.

Il presente elaborato mette a confronto il romanzo House of Leaves (2000) di Mark Z. Danielewski con i due saggi di Geoff Dyer, Zona: A Book About a Film About a Journey to a Room (2012) e Broadsword calling Danny Boy: Watching Where Eagles Dare (2018), alla ricerca di affinità e dissomiglianze non solo fra due autori stilisticamente molto distanti ma fra due generi, il romanzo massimalista tardopostmoderno e il saggio informale. House of leaves è un libro monstre, imponente nelle sue misure diegetiche e fisiche, un ordigno ergodico che decostruisce le dicotomie di realtà e finzione, vero e falso, originale e copia, smontando e rimontando il concetto di mediazione. I testi di Dyer sono invece due agili personal essays, appaiati in questa analisi come momenti di una scanzonata resa dei conti critica con la propria esperienza di spettatore cinematografico e con il proprio immaginario estetico. Le tre opere offrono singolari declinazioni dell'ecfrasi, descrizione verbale applicata all'immagine filmica, per raccontare un diverso indicibile: Danielewski esplora i labirinti del trauma, mentre Dyer riflette su un altro tipo di discontinuità, lo thauma, ossia l'ambigua meraviglia provata dinanzi a due esiti antitetici della settima arte. L’ambizione di questo studio è indagare le ragioni dell’adozione di una medesima tecnica retorica a fronte della discordanza di genere e di contenuti trattati, così da fornire un ragguaglio circa lo stato di salute della strategia letteraria ecfrastica in questo primo quarto del ventunesimo secolo.