Soil is a non-renewable and finite resource. Its anthropic, agricultural and industrial, overexploitation results in its loss 10 to 40 times faster than its natural restoration, with a consequent alteration of its chemical, physical and biological conditions. A secondary consequence of improper soil use is contamination, i.e. chemical degradation, caused by the presence of harmful substances from activities such as waste disposal, mining, oil extraction and other industrial activities (chemical, metallurgical, energy). Major soil pollutants include organic compounds such as hydrocarbons and compounds containing potentially toxic inorganic elements (PTEs) such as lead, cadmium, chromium, copper, mercury and zinc. PTEs can cause toxicity even at low concentrations in the soil. To remedy this problem, various remediation techniques have been developed over the years. One example is phytoremediation, which consists of the process of detecting and removing pollutants from a soil by using plants and associated microorganisms to reduce or stabilize contamination. Among the phytoremediation techniques, phytoextraction results in the removal of contaminants from the soil and their accumulation in plant tissues, both epigeal and hypogeal. This study aims to investigate the possibility of increasing phytoextraction yields under anaerobic conditions, through repeated cycles of submerging and drying. The principle is based on the release of adsorbed zinc on the surface of the iron and manganese oxides, which can be partially dissolved under reducing conditions, making the PTE more available to the plant for uptake and accumulation. Two soils, sampled in the urban area of Turin, affected by PTE contamination with similar characteristics were used in the experiment. The plant chosen for the phytoextraction tests was Typha latifolia. The duration of the trial was 6 weeks, with a weekly alternation of a submergence cycle and a dry cycle for 3 consecutive cycles. The data obtained showed differences in the extraction capacity of PTE by cattails under submerged conditions compared to dry conditions. Submergence affected the soils by increasing the bioavailable fraction of zinc, compared to dry soils, and, at the same time, plants grown under cyclic reducing conditions accumulated greater quantities of metals than those grown only under dry conditions. Almost all the PTE analyzed after the reducing cycles are more present in the plant, an indication that dissolution has increased the availability of all contaminants, as expected. Zinc was found to be the metal mainly accumulated in the plants and in the soils, the increase in extraction yield following the cycles was visible +30% and + 130%. Finally, it was observed that plants preferentially accumulate PTE in the roots, with concentrations approximately 3 times higher than in the aerial part. There are several possible future developments in phytoextraction experiments such as characterizing the microbial flora for the release of oxides, expanding the range of contaminants to be analyzed and using plants adaptable to submersion.

Il suolo è una risorsa non rinnovabile e limitata. Il suo sovrasfruttamento antropico, agricolo e industriale, ne determina una perdita da 10 a 40 volte più rapida del suo naturale ripristino, con una conseguente alterazione delle condizioni chimico-fisiche e biologiche. Una conseguenza secondaria ad uno scorretto utilizzo dei suoli è la contaminazione, ovvero il degrado chimico, causato dalla presenza di sostanze nocive derivanti da attività come lo smaltimento dei rifiuti, l’estrazione mineraria, l’estrazione del petrolio e altre attività industriali (chimiche, metallurgiche, energetiche). Tra i principali inquinanti del suolo si trovano composti organici come gli idrocarburi e i composti contenenti elementi inorganici potenzialmente tossici (PTE) come piombo, cadmio, cromo, rame, mercurio e zinco. I PTE possono causare tossicità anche a basse concentrazioni nel suolo. Per ovviare a questo problema diverse tecniche di bonifica sono state sviluppate negli anni, un esempio è il fitorisanamento (phytoremediation) che consiste nel processo di individuazione e rimozione delle sostanze inquinanti da un suolo, attraverso l’utilizzo di piante e di microrganismi ad esse associati per la riduzione o la stabilizzazione della contaminazione. Fra le tecniche di fitorimedio, la fitoestrazione determina l’asportazione dei contaminanti dal suolo ed il loro accumulo nei tessuti della pianta, sia epigei che ipogei. Questo studio ha l’obiettivo di indagare la possibilità di aumentare le rese di fitoestrazione in condizioni anaerobiche, attraverso cicli ripetuti di sommersione e asciutta. Il principio si basa sul rilascio dello zinco adsorbito sulla superficie degli ossidi di ferro e manganese che, in condizioni riducenti, possono essere parzialmente dissolti, rendendo i PTE maggiormente disponibili per la pianta e quindi per l’assorbimento e l’accumulo. Nella sperimentazione sono stati utilizzati due suoli, campionati nell’area urbana di Torino, interessati da contaminazione da PTE con caratteristiche simili. La pianta scelta per le prove di fitoestrazione è stata la Typha latifolia. La durata della prova è stata di 6 settimane, con un’alternanza settimanale di un ciclo di sommersione e un ciclo di asciutta per 3 cicli consecutivi. I dati ottenuti hanno evidenziato delle differenze nella capacità estrattiva dei PTE da parte della tifa in condizioni di sommersione rispetto a quelle in asciutta. La sommersione ha influito sui suoli, aumentando la frazione biodisponibile di zinco, rispetto ai suoli in asciutta e, contemporaneamente, le piante cresciute in condizioni cicliche riducenti hanno accumulato maggiori quantitativi di metalli di quelle solo in asciutta. Qasi tutti i PTE analizzati dopo i cicli di riduzione sono maggiormente presenti nella pianta, segno che la dissoluzione ha aumentato la disponibilità di tutti i contaminanti, come atteso. Lo zinco è risultato essere il metallo principalmente accumulato nelle piante e nei suoli l’aumento della resa di estrazione a seguito dei cicli è stato visibile + 30% e + 130%. Infine, si è osservato che le piante accumulano preferenzialmente i PTE nelle radici, con concentrazioni circa 3 volte superiori rispetto alla parte aerea. Diversi sono i possibili futuri sviluppi della sperimentazione nella fitoestrazione come la caratterizzazione della flora microbica per il rilascio di ossidi, l’ampliamento della platea di contaminanti da analizzare e l’utilizzo di piante adattabili alla sommersione.

Fitorisanamento di suoli contaminati favorito da condizioni cicliche di sommersione

DI LATTE, SASHA
2021/2022

Abstract

Il suolo è una risorsa non rinnovabile e limitata. Il suo sovrasfruttamento antropico, agricolo e industriale, ne determina una perdita da 10 a 40 volte più rapida del suo naturale ripristino, con una conseguente alterazione delle condizioni chimico-fisiche e biologiche. Una conseguenza secondaria ad uno scorretto utilizzo dei suoli è la contaminazione, ovvero il degrado chimico, causato dalla presenza di sostanze nocive derivanti da attività come lo smaltimento dei rifiuti, l’estrazione mineraria, l’estrazione del petrolio e altre attività industriali (chimiche, metallurgiche, energetiche). Tra i principali inquinanti del suolo si trovano composti organici come gli idrocarburi e i composti contenenti elementi inorganici potenzialmente tossici (PTE) come piombo, cadmio, cromo, rame, mercurio e zinco. I PTE possono causare tossicità anche a basse concentrazioni nel suolo. Per ovviare a questo problema diverse tecniche di bonifica sono state sviluppate negli anni, un esempio è il fitorisanamento (phytoremediation) che consiste nel processo di individuazione e rimozione delle sostanze inquinanti da un suolo, attraverso l’utilizzo di piante e di microrganismi ad esse associati per la riduzione o la stabilizzazione della contaminazione. Fra le tecniche di fitorimedio, la fitoestrazione determina l’asportazione dei contaminanti dal suolo ed il loro accumulo nei tessuti della pianta, sia epigei che ipogei. Questo studio ha l’obiettivo di indagare la possibilità di aumentare le rese di fitoestrazione in condizioni anaerobiche, attraverso cicli ripetuti di sommersione e asciutta. Il principio si basa sul rilascio dello zinco adsorbito sulla superficie degli ossidi di ferro e manganese che, in condizioni riducenti, possono essere parzialmente dissolti, rendendo i PTE maggiormente disponibili per la pianta e quindi per l’assorbimento e l’accumulo. Nella sperimentazione sono stati utilizzati due suoli, campionati nell’area urbana di Torino, interessati da contaminazione da PTE con caratteristiche simili. La pianta scelta per le prove di fitoestrazione è stata la Typha latifolia. La durata della prova è stata di 6 settimane, con un’alternanza settimanale di un ciclo di sommersione e un ciclo di asciutta per 3 cicli consecutivi. I dati ottenuti hanno evidenziato delle differenze nella capacità estrattiva dei PTE da parte della tifa in condizioni di sommersione rispetto a quelle in asciutta. La sommersione ha influito sui suoli, aumentando la frazione biodisponibile di zinco, rispetto ai suoli in asciutta e, contemporaneamente, le piante cresciute in condizioni cicliche riducenti hanno accumulato maggiori quantitativi di metalli di quelle solo in asciutta. Qasi tutti i PTE analizzati dopo i cicli di riduzione sono maggiormente presenti nella pianta, segno che la dissoluzione ha aumentato la disponibilità di tutti i contaminanti, come atteso. Lo zinco è risultato essere il metallo principalmente accumulato nelle piante e nei suoli l’aumento della resa di estrazione a seguito dei cicli è stato visibile + 30% e + 130%. Infine, si è osservato che le piante accumulano preferenzialmente i PTE nelle radici, con concentrazioni circa 3 volte superiori rispetto alla parte aerea. Diversi sono i possibili futuri sviluppi della sperimentazione nella fitoestrazione come la caratterizzazione della flora microbica per il rilascio di ossidi, l’ampliamento della platea di contaminanti da analizzare e l’utilizzo di piante adattabili alla sommersione.
ITA
Soil is a non-renewable and finite resource. Its anthropic, agricultural and industrial, overexploitation results in its loss 10 to 40 times faster than its natural restoration, with a consequent alteration of its chemical, physical and biological conditions. A secondary consequence of improper soil use is contamination, i.e. chemical degradation, caused by the presence of harmful substances from activities such as waste disposal, mining, oil extraction and other industrial activities (chemical, metallurgical, energy). Major soil pollutants include organic compounds such as hydrocarbons and compounds containing potentially toxic inorganic elements (PTEs) such as lead, cadmium, chromium, copper, mercury and zinc. PTEs can cause toxicity even at low concentrations in the soil. To remedy this problem, various remediation techniques have been developed over the years. One example is phytoremediation, which consists of the process of detecting and removing pollutants from a soil by using plants and associated microorganisms to reduce or stabilize contamination. Among the phytoremediation techniques, phytoextraction results in the removal of contaminants from the soil and their accumulation in plant tissues, both epigeal and hypogeal. This study aims to investigate the possibility of increasing phytoextraction yields under anaerobic conditions, through repeated cycles of submerging and drying. The principle is based on the release of adsorbed zinc on the surface of the iron and manganese oxides, which can be partially dissolved under reducing conditions, making the PTE more available to the plant for uptake and accumulation. Two soils, sampled in the urban area of Turin, affected by PTE contamination with similar characteristics were used in the experiment. The plant chosen for the phytoextraction tests was Typha latifolia. The duration of the trial was 6 weeks, with a weekly alternation of a submergence cycle and a dry cycle for 3 consecutive cycles. The data obtained showed differences in the extraction capacity of PTE by cattails under submerged conditions compared to dry conditions. Submergence affected the soils by increasing the bioavailable fraction of zinc, compared to dry soils, and, at the same time, plants grown under cyclic reducing conditions accumulated greater quantities of metals than those grown only under dry conditions. Almost all the PTE analyzed after the reducing cycles are more present in the plant, an indication that dissolution has increased the availability of all contaminants, as expected. Zinc was found to be the metal mainly accumulated in the plants and in the soils, the increase in extraction yield following the cycles was visible +30% and + 130%. Finally, it was observed that plants preferentially accumulate PTE in the roots, with concentrations approximately 3 times higher than in the aerial part. There are several possible future developments in phytoextraction experiments such as characterizing the microbial flora for the release of oxides, expanding the range of contaminants to be analyzed and using plants adaptable to submersion.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/103751