La dissertazione si propone in primo luogo di far emergere punti critici e di riflessione riguardo l'impiego dei metodi visuali in ambito sociologico partendo da un'analisi dei mezzi di cui la sociologia può servirsi per condurre ricerca e produrre conoscenza in una società considerata sempre più pervasa, e invasa, dalla dimensione visuale, grazie anche ad un incessante progresso tecnologico. Successivamente l'attenzione si sposterà dal generale al particolare: alla luce dei multipli impieghi che si possono fare dei metodi visuali in sociologia ci si addentrerà in un ambito più circoscritto, quello delle subculture, al fine di comprendere quali risvolti queste metodologie possano avere nello studio di contesti di cui abbiamo una conoscenza superficiale. Nell'ampio scenario delle subculture particolare attenzione sarà posta su quella che ritengo essere una figura fortemente complessa e articolata che riveste un ruolo da protagonista nel dibattito pubblico contemporaneo: “l'altro”, l'immigrato, lo straniero. Un soggetto sfaccettato che ciononostante viene nella maggior parte dei casi associato ad una massa informe ed omogenea di individui, tramite un processo di spersonalizzazione che non prende adeguatamente in considerazione l'unicità del singolo e i suoi tratti distintivi. L’analisi che segue verte proprio sulla questione dei processi di rappresentazione legati a tale figura: il primo capitolo si concentrerà a tal proposito sulla presentazione dei concetti chiave alla base della sociologia visuale intesa come metodologia di conoscenza del mondo con focus sulle diverse strategie di cui si avvale la disciplina per giungere ad un grado profondo del sapere. Nei capitoli successivi analizzeremo nello specifico l'utilizzo della tecnica fotografica, soffermandoci in modo attento su come il suo utilizzo possa variare, in termini di tecniche e obiettivi, a seconda del contesto, ponendo particolare interesse sul ruolo che assume e che può assumere nel momento in cui l'oggetto di studio sono le sub-culture. L'ultimo capitolo, dalla natura più empirica, si concentrerà sugli strumenti partecipativi di cui la sociologia visuale può servirsi, proponendo poi un esempio di messa in pratica delle tecniche sopra citate mediante l'analisi di un emblematico caso studio nel mondo della rappresentazione visuale dei gruppi marginalizzati: il lavoro in questione riguarderà il reportage condotto dal fotografo Dario Bosio in quello che viene definito il “Grande Ghetto” di Foggia. Il progetto prende il nome di “On the identity of a Tomato Picker” e pone al centro la figura degli “anonimi” immigrati che vengono impiegati nel sud Italia per lavori manuali quali appunto la raccolta dei pomodori. I punti che toccherà l'analisi riguarderanno i soggetti delle rappresentazioni e la percezione che le persone ritratte hanno di sé, in relazione all'immagine riprodotta dal fotografo: persone alla ricerca di una propria dignità, che non si identificano nella loro vita nel territorio di arrivo. Un sentimento che ha trasformato queste immagini in un universale concettuale. Il mio intento è quello di studiare le strategie utilizzabili dalla sociologia visuale, dai media e dalla fotografia in sé e la performance di esse nel costruire nell'immaginario comune la figura del migrante e, più in generale, dello straniero, con una attenzione particolare al territorio della penisola italiana.
I metodi visuali in sociologia e lo studio delle subculture: la fotografia come strumento di indagine
CALLEGARI, MARTA
2022/2023
Abstract
La dissertazione si propone in primo luogo di far emergere punti critici e di riflessione riguardo l'impiego dei metodi visuali in ambito sociologico partendo da un'analisi dei mezzi di cui la sociologia può servirsi per condurre ricerca e produrre conoscenza in una società considerata sempre più pervasa, e invasa, dalla dimensione visuale, grazie anche ad un incessante progresso tecnologico. Successivamente l'attenzione si sposterà dal generale al particolare: alla luce dei multipli impieghi che si possono fare dei metodi visuali in sociologia ci si addentrerà in un ambito più circoscritto, quello delle subculture, al fine di comprendere quali risvolti queste metodologie possano avere nello studio di contesti di cui abbiamo una conoscenza superficiale. Nell'ampio scenario delle subculture particolare attenzione sarà posta su quella che ritengo essere una figura fortemente complessa e articolata che riveste un ruolo da protagonista nel dibattito pubblico contemporaneo: “l'altro”, l'immigrato, lo straniero. Un soggetto sfaccettato che ciononostante viene nella maggior parte dei casi associato ad una massa informe ed omogenea di individui, tramite un processo di spersonalizzazione che non prende adeguatamente in considerazione l'unicità del singolo e i suoi tratti distintivi. L’analisi che segue verte proprio sulla questione dei processi di rappresentazione legati a tale figura: il primo capitolo si concentrerà a tal proposito sulla presentazione dei concetti chiave alla base della sociologia visuale intesa come metodologia di conoscenza del mondo con focus sulle diverse strategie di cui si avvale la disciplina per giungere ad un grado profondo del sapere. Nei capitoli successivi analizzeremo nello specifico l'utilizzo della tecnica fotografica, soffermandoci in modo attento su come il suo utilizzo possa variare, in termini di tecniche e obiettivi, a seconda del contesto, ponendo particolare interesse sul ruolo che assume e che può assumere nel momento in cui l'oggetto di studio sono le sub-culture. L'ultimo capitolo, dalla natura più empirica, si concentrerà sugli strumenti partecipativi di cui la sociologia visuale può servirsi, proponendo poi un esempio di messa in pratica delle tecniche sopra citate mediante l'analisi di un emblematico caso studio nel mondo della rappresentazione visuale dei gruppi marginalizzati: il lavoro in questione riguarderà il reportage condotto dal fotografo Dario Bosio in quello che viene definito il “Grande Ghetto” di Foggia. Il progetto prende il nome di “On the identity of a Tomato Picker” e pone al centro la figura degli “anonimi” immigrati che vengono impiegati nel sud Italia per lavori manuali quali appunto la raccolta dei pomodori. I punti che toccherà l'analisi riguarderanno i soggetti delle rappresentazioni e la percezione che le persone ritratte hanno di sé, in relazione all'immagine riprodotta dal fotografo: persone alla ricerca di una propria dignità, che non si identificano nella loro vita nel territorio di arrivo. Un sentimento che ha trasformato queste immagini in un universale concettuale. Il mio intento è quello di studiare le strategie utilizzabili dalla sociologia visuale, dai media e dalla fotografia in sé e la performance di esse nel costruire nell'immaginario comune la figura del migrante e, più in generale, dello straniero, con una attenzione particolare al territorio della penisola italiana.I documenti in UNITESI sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.
https://hdl.handle.net/20.500.14240/103563