Questo lavoro di tesi riformula la ricerca di campo effettuata dalla laureanda nei mesi da novembre 2022 a metà febbraio 2023 nella cittadina bosniaca di Velika Kladuša. La ricerca, si colloca nell’ambito migratorio della rotta balcanica. Nel primo capitolo viene illustrato il contesto di collocazione della ricerca, offrendo un ancoraggio generale alla formulazione pratica e teoria della rotta balcanica; una macro panoramica degli eventi migratori avvenuti in Bosnia Erzegovina e nella cittadina di Velika Kladuša dall’anno 2018 ad oggi; un appunto sulla presenza di organizzazioni internazionali non governative o intergovernative nel Paese e di come queste siano attori fondamentali nella gestione della situazione migratoria; e, infine, un approfondimento circa le pratiche di respingimento illegale, note come push-backs, perpetrate dalle varie polizie di confine ai danni delle persone in transito. In particolare, si approfondisce l’implementazione di tali pratiche da parte dello Stato Italiano. Il secondo capitolo situa innanzitutto la presenza della laureanda nel campo di ricerca: vengono fornite informazioni circa il gruppo di supporto con cui la stessa cooperava, le attività svolte dal gruppo e dalla laureanda nello specifico, una panoramica del contesto di supporto solidale e umanitario presente a Velika Kladuša entro cui il gruppo si inseriva, una definizione delle logiche della solidarietà. Tutto questo articola al contempo una panoramica più di dettaglio della situazione di Velika Kladuša nei mesi di ricerca. Il capitolo concerne poi questioni di posizionamento e posizionalità che ruotano attorno allo “stare su un confine”. In particolare, a partire dalla questione quantomeno metodologica mossa dall’invito a “porsi dall’altra parte del confine” di Shahram Khosravi, così come riferito nel suo libro “Io sono confine” (2019), si muovo riflessioni circa la posizionalità intersezionale che, come ricercatori e ricercatrici, si porta con sé sul campo. L’ultimo paragrafo del capitolo illustra la metodologia con cui interviste dialogiche consensuali sono state raccolte, così come la ristrutturazione che le domande di ricerca hanno visto nel passare del tempo, in relazione ad uno specifico posizionamento della laureanda circa il senso del far ricerca. Il terzo capitolo sviluppa il tema della “responsabilità” sviluppatosi nei dialoghi con le persone intervistate. Tale tematica è indirizzata dagli interlocutori della ricerca sotto differenti aspetti e traccia connessioni molteplici tra livello individuale e sovra-individuale in termini umani, politici, economico-sociali. Il primo paragrafo indirizza la responsabilità come obbligo etico di risposta all’altr*, il secondo indirizza l’intreccio della recente storia bosniaca – in particolare il conflitto che ha segnato il Paese negli anni 1992-1995 – con la presenza attuale di persone in transito, l’ultimo dà spazio a riflessioni circa gli assetti di potere e disparità globali entro cui i movimenti migratori si inseriscono. L’introduzione solleva questioni circa la produzione di sapere e l’atto di scrittura sull’altr* e la conclusione vuole suggerire riflessioni sull’onda di quelle mosse da Michel Agier nel suo scritto “La giungla di Calais” (2018), ovvero: che cosa resta dell’ “evento Velika Kladuša”? (riformulando da Agier, idem, 144).
Appunti dalla rotta balcanica: il caso migratorio bosniaco di Velika Kladuša
CATTANEO, ILARIA
2021/2022
Abstract
Questo lavoro di tesi riformula la ricerca di campo effettuata dalla laureanda nei mesi da novembre 2022 a metà febbraio 2023 nella cittadina bosniaca di Velika Kladuša. La ricerca, si colloca nell’ambito migratorio della rotta balcanica. Nel primo capitolo viene illustrato il contesto di collocazione della ricerca, offrendo un ancoraggio generale alla formulazione pratica e teoria della rotta balcanica; una macro panoramica degli eventi migratori avvenuti in Bosnia Erzegovina e nella cittadina di Velika Kladuša dall’anno 2018 ad oggi; un appunto sulla presenza di organizzazioni internazionali non governative o intergovernative nel Paese e di come queste siano attori fondamentali nella gestione della situazione migratoria; e, infine, un approfondimento circa le pratiche di respingimento illegale, note come push-backs, perpetrate dalle varie polizie di confine ai danni delle persone in transito. In particolare, si approfondisce l’implementazione di tali pratiche da parte dello Stato Italiano. Il secondo capitolo situa innanzitutto la presenza della laureanda nel campo di ricerca: vengono fornite informazioni circa il gruppo di supporto con cui la stessa cooperava, le attività svolte dal gruppo e dalla laureanda nello specifico, una panoramica del contesto di supporto solidale e umanitario presente a Velika Kladuša entro cui il gruppo si inseriva, una definizione delle logiche della solidarietà. Tutto questo articola al contempo una panoramica più di dettaglio della situazione di Velika Kladuša nei mesi di ricerca. Il capitolo concerne poi questioni di posizionamento e posizionalità che ruotano attorno allo “stare su un confine”. In particolare, a partire dalla questione quantomeno metodologica mossa dall’invito a “porsi dall’altra parte del confine” di Shahram Khosravi, così come riferito nel suo libro “Io sono confine” (2019), si muovo riflessioni circa la posizionalità intersezionale che, come ricercatori e ricercatrici, si porta con sé sul campo. L’ultimo paragrafo del capitolo illustra la metodologia con cui interviste dialogiche consensuali sono state raccolte, così come la ristrutturazione che le domande di ricerca hanno visto nel passare del tempo, in relazione ad uno specifico posizionamento della laureanda circa il senso del far ricerca. Il terzo capitolo sviluppa il tema della “responsabilità” sviluppatosi nei dialoghi con le persone intervistate. Tale tematica è indirizzata dagli interlocutori della ricerca sotto differenti aspetti e traccia connessioni molteplici tra livello individuale e sovra-individuale in termini umani, politici, economico-sociali. Il primo paragrafo indirizza la responsabilità come obbligo etico di risposta all’altr*, il secondo indirizza l’intreccio della recente storia bosniaca – in particolare il conflitto che ha segnato il Paese negli anni 1992-1995 – con la presenza attuale di persone in transito, l’ultimo dà spazio a riflessioni circa gli assetti di potere e disparità globali entro cui i movimenti migratori si inseriscono. L’introduzione solleva questioni circa la produzione di sapere e l’atto di scrittura sull’altr* e la conclusione vuole suggerire riflessioni sull’onda di quelle mosse da Michel Agier nel suo scritto “La giungla di Calais” (2018), ovvero: che cosa resta dell’ “evento Velika Kladuša”? (riformulando da Agier, idem, 144).File | Dimensione | Formato | |
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