La ricerca articola la proposta di un'ontologia dell'arte denominata “estetica enopica”. Muovendo dalla teoria della formatività di Luigi Pareyson, l'estetica enopica opera una decontestualizzazione di taluni assunti dell'estetica pareysoniana, svincolandoli dalle criticità ermeneutiche e sviluppandoli nell'ottica di un contesto autonomo. Il cap. I s'incentra, infatti, dapprima su un'esposizione acritica della teoria della formatività, in stretta aderenza ai tesi di Pareyson, per poi procedere a un bilancio sulla formatività che prende le mosse dai rilievi di Maurizio Ferraris. Nel cap. II, avanzando per formulazioni definitorie, chiarite analiticamente lungo il percorso, viene illustrata anzitutto la tecnica, a completamento di un confronto con la dottrina aristotelica orientato dalle analisi della grecità di Heidegger. La definizione della tecnica prepara la definizione più generale dell'arte, come venire all'essere dell'immagine nel duplice processo poietico della produzione e della riproduzione. Il cap. III è dedicato all'analisi della fase produttiva. Vengono prese in esame due concezioni antitetiche dell'esperienza, quella kantiana e quella parmenidea, con l'obiettivo di mostrare la parzialità e, in definitiva, l'unilateralità che le caratterizza. Da qui si passa all'illustrazione dello statuto ontologico dell'immagine, il quale eredita importanti suggestioni lessicali dalla tradizione biblica. In particolare, l'enopicità dell'immagine consiste nella sua natura aniconica, per cui essa, nel fare artistico, emerge senza mai lasciarsi vedere in volto. L'immagine dell'arte, paradossalmente, non si vede, concedendosi senza mai ridursi nei parametri dell'iconicità. La metafora dell'assenza di volto trova sviluppo teoretico nella specificazione di talune proprietà ontologiche fondamentali dell'immagine dell'arte: l'anopsicità, l'epistaticià, l'opisthenicità, la prosopicità. A partire dallo statuto ontologico dell'immagine, risulta possibile fornire ulteriori definizioni volte alla descrizione della fase produttiva, che culminano in un prospetto sull'essenza dell'esperienza. Il cap. IV ha invece per oggetto la fase riproduttiva e, dopo una digressione sui risvolti artistici dell'icnologia, si occupa della distinzione fra comprensione interpretante e fruizione. La tesi della comprensione intrapoietica dell'arte, già avanzata nel cap. I, stabilisce infatti una incomprensibilità dell'arte da una prospettiva esterna alla poiesi dell'artista. Viene dunque delineato il progetto di un'ontologia dell'arte che si proponga non già di comprendere l'arte, bensì di ragionarvi sopra filosoficamente. A seguito di una precisa caratterizzazione del concetto di “comprensione”, il lavoro si conclude con una disamina della fruizione ispirata alla dottrina giuridica della pluriqualificazione.

Estetica enopica. Prolegomeni a un'ontologia dell'arte

FRACCHIA, GREGORIO
2019/2020

Abstract

La ricerca articola la proposta di un'ontologia dell'arte denominata “estetica enopica”. Muovendo dalla teoria della formatività di Luigi Pareyson, l'estetica enopica opera una decontestualizzazione di taluni assunti dell'estetica pareysoniana, svincolandoli dalle criticità ermeneutiche e sviluppandoli nell'ottica di un contesto autonomo. Il cap. I s'incentra, infatti, dapprima su un'esposizione acritica della teoria della formatività, in stretta aderenza ai tesi di Pareyson, per poi procedere a un bilancio sulla formatività che prende le mosse dai rilievi di Maurizio Ferraris. Nel cap. II, avanzando per formulazioni definitorie, chiarite analiticamente lungo il percorso, viene illustrata anzitutto la tecnica, a completamento di un confronto con la dottrina aristotelica orientato dalle analisi della grecità di Heidegger. La definizione della tecnica prepara la definizione più generale dell'arte, come venire all'essere dell'immagine nel duplice processo poietico della produzione e della riproduzione. Il cap. III è dedicato all'analisi della fase produttiva. Vengono prese in esame due concezioni antitetiche dell'esperienza, quella kantiana e quella parmenidea, con l'obiettivo di mostrare la parzialità e, in definitiva, l'unilateralità che le caratterizza. Da qui si passa all'illustrazione dello statuto ontologico dell'immagine, il quale eredita importanti suggestioni lessicali dalla tradizione biblica. In particolare, l'enopicità dell'immagine consiste nella sua natura aniconica, per cui essa, nel fare artistico, emerge senza mai lasciarsi vedere in volto. L'immagine dell'arte, paradossalmente, non si vede, concedendosi senza mai ridursi nei parametri dell'iconicità. La metafora dell'assenza di volto trova sviluppo teoretico nella specificazione di talune proprietà ontologiche fondamentali dell'immagine dell'arte: l'anopsicità, l'epistaticià, l'opisthenicità, la prosopicità. A partire dallo statuto ontologico dell'immagine, risulta possibile fornire ulteriori definizioni volte alla descrizione della fase produttiva, che culminano in un prospetto sull'essenza dell'esperienza. Il cap. IV ha invece per oggetto la fase riproduttiva e, dopo una digressione sui risvolti artistici dell'icnologia, si occupa della distinzione fra comprensione interpretante e fruizione. La tesi della comprensione intrapoietica dell'arte, già avanzata nel cap. I, stabilisce infatti una incomprensibilità dell'arte da una prospettiva esterna alla poiesi dell'artista. Viene dunque delineato il progetto di un'ontologia dell'arte che si proponga non già di comprendere l'arte, bensì di ragionarvi sopra filosoficamente. A seguito di una precisa caratterizzazione del concetto di “comprensione”, il lavoro si conclude con una disamina della fruizione ispirata alla dottrina giuridica della pluriqualificazione.
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