La cortesia è “l'insieme delle strategie, norme e convenzioni verbali adottate da una comunità per contenere la conflittualità e favorire l'armonia nell'interazione comunicativa”. (Enciclopedia Treccani, http://www.treccani.it/enciclopedia/linguaggio-della-cortesia_(Enciclopedia-dell'Italiano)/). Autori come Brown e Levinson, che parlano di teoria della faccia, negativa o positiva, e Sachiko Ide, con il “wakimae” o discernimento, si sono occupati di cortesia nei loro studi. Collegati alla cortesia possiamo trovare il “wakimae” o discernimento” e la volontà. Con il primo si fa riferimento al comportamento degli individui, durante una conversazione, il quale si basa su delle norme socio pragmatiche, mentre il secondo fa riferimento alle strategie utilizzate intenzionalmente dal parlante per trasmettere il proprio messaggio al destinatario scegliendo liberamente le proprie strategie linguistiche. Entrambe sono presenti in tutte le lingue, ciò che cambia è il peso che ricoprono. Ad esempio, nella lingua giapponese, il wakimae avrebbe un peso maggiore rispetto alla volontà, di conseguenza i parlanti darebbero maggiore importanza ad aspetti come la posizione sociale, l'età e il potere dell'interlocutore con cui si stanno relazionando. Al fine di non ledere la faccia di colui con cui si stanno relazionando, utilizzano i cosiddetti onorifici, forme grammaticalizzate utilizzate per mostrare deferenza nei confronti della persona con cui si stanno interfacciando. Beverly Hill nel 1986 insieme ad altri ricercatori come Sachiko Ide, Shoko Ikuta, Akiko Kawasaki e Tsunao Ogino, ha svolto una ricerca sull'utilizzo degli onorifici nelle forme di richiesta facendo un paragone tra la lingua giapponese e l'inglese americano. Gli autori hanno creato un questionario, che poi ha sottoposto a parlanti di lingua giapponese e inglese americano, dove gli intervistati dovevano indicare se un determinato tipo di forma di richiesta, in questo caso di una penna, e successivamente di un determinato contesto linguistico e un determinato interlocutore, erano più o meno formali. Nella terza e ultima parte del questionario i soggetti intervistati dovevano indicare le forme di richiesta secondo loro più adatte ad una determinata situazione linguistica. All'interno della mia tesi ho deciso di compiere io stessa una ricerca sull'utilizzo degli onorifici nella lingua giapponese riprendendo lo studio svolto da Hill et al. nel 1986, per vedere, se a distanza di anni, ci fossero stati dei cambiamenti. Ho ripreso quindi lo stesso questionario e l'ho sottoposto inviandolo via e-mail a 44 parlanti giapponesi. Ho deciso di riprendere questo studio perché penso sia interessante poter verificare se ad oggi i risultati ottenuti da Hill vengono confermati.

La cortesia nella lingua giapponese: dallo studio di Hill ai giorni nostri

PARISI, ALICE
2019/2020

Abstract

La cortesia è “l'insieme delle strategie, norme e convenzioni verbali adottate da una comunità per contenere la conflittualità e favorire l'armonia nell'interazione comunicativa”. (Enciclopedia Treccani, http://www.treccani.it/enciclopedia/linguaggio-della-cortesia_(Enciclopedia-dell'Italiano)/). Autori come Brown e Levinson, che parlano di teoria della faccia, negativa o positiva, e Sachiko Ide, con il “wakimae” o discernimento, si sono occupati di cortesia nei loro studi. Collegati alla cortesia possiamo trovare il “wakimae” o discernimento” e la volontà. Con il primo si fa riferimento al comportamento degli individui, durante una conversazione, il quale si basa su delle norme socio pragmatiche, mentre il secondo fa riferimento alle strategie utilizzate intenzionalmente dal parlante per trasmettere il proprio messaggio al destinatario scegliendo liberamente le proprie strategie linguistiche. Entrambe sono presenti in tutte le lingue, ciò che cambia è il peso che ricoprono. Ad esempio, nella lingua giapponese, il wakimae avrebbe un peso maggiore rispetto alla volontà, di conseguenza i parlanti darebbero maggiore importanza ad aspetti come la posizione sociale, l'età e il potere dell'interlocutore con cui si stanno relazionando. Al fine di non ledere la faccia di colui con cui si stanno relazionando, utilizzano i cosiddetti onorifici, forme grammaticalizzate utilizzate per mostrare deferenza nei confronti della persona con cui si stanno interfacciando. Beverly Hill nel 1986 insieme ad altri ricercatori come Sachiko Ide, Shoko Ikuta, Akiko Kawasaki e Tsunao Ogino, ha svolto una ricerca sull'utilizzo degli onorifici nelle forme di richiesta facendo un paragone tra la lingua giapponese e l'inglese americano. Gli autori hanno creato un questionario, che poi ha sottoposto a parlanti di lingua giapponese e inglese americano, dove gli intervistati dovevano indicare se un determinato tipo di forma di richiesta, in questo caso di una penna, e successivamente di un determinato contesto linguistico e un determinato interlocutore, erano più o meno formali. Nella terza e ultima parte del questionario i soggetti intervistati dovevano indicare le forme di richiesta secondo loro più adatte ad una determinata situazione linguistica. All'interno della mia tesi ho deciso di compiere io stessa una ricerca sull'utilizzo degli onorifici nella lingua giapponese riprendendo lo studio svolto da Hill et al. nel 1986, per vedere, se a distanza di anni, ci fossero stati dei cambiamenti. Ho ripreso quindi lo stesso questionario e l'ho sottoposto inviandolo via e-mail a 44 parlanti giapponesi. Ho deciso di riprendere questo studio perché penso sia interessante poter verificare se ad oggi i risultati ottenuti da Hill vengono confermati.
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