Il presente elaborato muove una riflessione sul concetto di terzietà, ossia prova ad immaginare come il giudice possa concretamente operare dalla posizione ¿terza¿ alla quale fa espresso rinvio l'art. 111 della Costituzione italiana. Non ritenendo, infatti, che i riferimenti normativi stabiliti dalle disposizioni vigenti ¿ riportati nel capitolo primo ¿ siano sufficienti a colmare di significato tale posizione di equidistanza dalle parti in causa, si considera necessario operare un rimando al registro filosofico: in particolare, si allude alle conseguenze che si riscontrano sul piano interpretativo in seguito alla svolta ermeneutica avvenuta nel panorama filosofico giuridico degli anni '70 per mano di vari esponenti, primo fra tutti Gadamer, ed alle conseguenze logiche che ne derivano nei termini della precoprensione che influenza inevitabilmente l'essere terzo dell'individuo. Il problema dell'applicazione della fattispecie legale al caso concreto impone infatti di riflettere su come interpretare e su come mettere all'opera il tertium, inteso ¿ per utilizzare le parole del magistrato e filosofo Angelo Costanzo ¿ come ¿stato della mente¿ del giudice. In seguito al sorgere di tali problematiche si riportano nel secondo capitolo la posizione di Ronald Dworkin, il quale elabora una teoria interpretativa del diritto delineando il concetto di integrità, nel terzo capitolo quella di Bruno Romano, che tocca argomentazioni maggiormente filosofiche e psicoanalitiche connesse all'origine del concetto di terzietà, e nel quarto quello di Alexandre Kojève, che incentra l'esistenza stessa del diritto sull'intervento di un Terzo imparziale e disinteressato. Nel secondo capitolo si pone l'accento sull'importanza dell'applicazione dei principi morali durante il procedimento decisionale e si adducono alcuni hard cases considerati da Dworkin particolarmente rilevanti; singolare attenzione è attribuita al principio di eguaglianza, applicazione e culmine della teoria filosofica del ¿diritto come integrità¿, in un'ottica di coerenza sistemica tra rules e principles. Nel terzo capitolo, partendo da una critica alla contemporanea società complessa, in merito alla quale si riporta il modello romaniano del fondamentalismo funzionale, si delinea una vera e propria coincidenza tra il concetto di diritto ¿ nomos ¿ e quello di ¿terzo¿: il secondo viene a costituire la declinazione del primo all'interno del rapporto processuale-dialogico tra le parti, in quanto appartenente alla dimensione del logos. Quest'ultimo è da intendersi non solo come relazione di reciproco riconoscimento tra i parlanti, ma anche come costante interazione, in ambito giuridico, tra i tre ¿anelli¿ del reale, del simbolico e dell'immaginario, suddivisione che Romano rielabora a partire dal pensiero di Legendre e, ancor prima, di quello di Lacan. Nel quarto capitolo si riporta il pensiero di Kojève ¿ che influenza quello di Lacan nella rilettura di Hegel ¿ il quale elabora una teoria del Terzo sulla scorta della dialettica tra le figure del Servo e del Signore come sintetizzate entro quella del Cittadino: l'evoluzione del diritto rispecchia il passaggio dalla giustizia dell'eguaglianza aristocratica a quella dell'equivalenza borghese, per confluire infine in quella dell'equità. L'analisi del pensiero di tali autori non pretende di risolvere il problema della terzietà, il quale resta aperto, ma si prefigge di indurre a una riflessione sulle sfaccettature filosofiche e antropologiche sottese al concetto stesso. La dimensione della terzietà, intesa da una prospettiva filosofica e giuridica, rinvia al problema del fondamento stesso del giuridico.
Il giudice e il terzo: le prospettive di Ronald Dworkin, Bruno Romano, Alexandre Kojève
VIOLANTE, MARTINA
2018/2019
Abstract
Il presente elaborato muove una riflessione sul concetto di terzietà, ossia prova ad immaginare come il giudice possa concretamente operare dalla posizione ¿terza¿ alla quale fa espresso rinvio l'art. 111 della Costituzione italiana. Non ritenendo, infatti, che i riferimenti normativi stabiliti dalle disposizioni vigenti ¿ riportati nel capitolo primo ¿ siano sufficienti a colmare di significato tale posizione di equidistanza dalle parti in causa, si considera necessario operare un rimando al registro filosofico: in particolare, si allude alle conseguenze che si riscontrano sul piano interpretativo in seguito alla svolta ermeneutica avvenuta nel panorama filosofico giuridico degli anni '70 per mano di vari esponenti, primo fra tutti Gadamer, ed alle conseguenze logiche che ne derivano nei termini della precoprensione che influenza inevitabilmente l'essere terzo dell'individuo. Il problema dell'applicazione della fattispecie legale al caso concreto impone infatti di riflettere su come interpretare e su come mettere all'opera il tertium, inteso ¿ per utilizzare le parole del magistrato e filosofo Angelo Costanzo ¿ come ¿stato della mente¿ del giudice. In seguito al sorgere di tali problematiche si riportano nel secondo capitolo la posizione di Ronald Dworkin, il quale elabora una teoria interpretativa del diritto delineando il concetto di integrità, nel terzo capitolo quella di Bruno Romano, che tocca argomentazioni maggiormente filosofiche e psicoanalitiche connesse all'origine del concetto di terzietà, e nel quarto quello di Alexandre Kojève, che incentra l'esistenza stessa del diritto sull'intervento di un Terzo imparziale e disinteressato. Nel secondo capitolo si pone l'accento sull'importanza dell'applicazione dei principi morali durante il procedimento decisionale e si adducono alcuni hard cases considerati da Dworkin particolarmente rilevanti; singolare attenzione è attribuita al principio di eguaglianza, applicazione e culmine della teoria filosofica del ¿diritto come integrità¿, in un'ottica di coerenza sistemica tra rules e principles. Nel terzo capitolo, partendo da una critica alla contemporanea società complessa, in merito alla quale si riporta il modello romaniano del fondamentalismo funzionale, si delinea una vera e propria coincidenza tra il concetto di diritto ¿ nomos ¿ e quello di ¿terzo¿: il secondo viene a costituire la declinazione del primo all'interno del rapporto processuale-dialogico tra le parti, in quanto appartenente alla dimensione del logos. Quest'ultimo è da intendersi non solo come relazione di reciproco riconoscimento tra i parlanti, ma anche come costante interazione, in ambito giuridico, tra i tre ¿anelli¿ del reale, del simbolico e dell'immaginario, suddivisione che Romano rielabora a partire dal pensiero di Legendre e, ancor prima, di quello di Lacan. Nel quarto capitolo si riporta il pensiero di Kojève ¿ che influenza quello di Lacan nella rilettura di Hegel ¿ il quale elabora una teoria del Terzo sulla scorta della dialettica tra le figure del Servo e del Signore come sintetizzate entro quella del Cittadino: l'evoluzione del diritto rispecchia il passaggio dalla giustizia dell'eguaglianza aristocratica a quella dell'equivalenza borghese, per confluire infine in quella dell'equità. L'analisi del pensiero di tali autori non pretende di risolvere il problema della terzietà, il quale resta aperto, ma si prefigge di indurre a una riflessione sulle sfaccettature filosofiche e antropologiche sottese al concetto stesso. La dimensione della terzietà, intesa da una prospettiva filosofica e giuridica, rinvia al problema del fondamento stesso del giuridico.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/102772