Dall'inizio della commercializzazione di plastica negli anni '30 e '40, la produzione globale dei polimeri sintetici è incrementata rapidamente, con un aumento del 622% dal 1976 al 2014. Questa grande diffusione, dovuta alle peculiari caratteristiche del materiale plastico, come leggerezza, resistenza e basso costo, ha riguardato tutti i diversi settori produttivi, compreso quello agricolo. Tra i principali impieghi delle plastiche in ambito agrario sono rilevanti: la pacciamatura con film; le serre e i tunnel, per le colture protette; la solarizzazione per la disinfestazione del suolo; gli impianti di irrigazione e drenaggio, nonché le coperture temporanee per specie arboree. Il Polietilene (PE), il Polipropilene (PP), il Polietilene tereftalato (PET) e il Polistirene (PS) sono i più diffusi polimeri termoplastici. Al di là della loro composizione chimica, che tuttavia può condizionare la degradabilità, destano particolare preoccupazione ambientale quelli di ridotte dimensioni: le microplastiche e le nanoplastiche, inquinanti emergenti di importanza globale, così piccoli da essere ingeriti da un'ampia gamma di organismi o, se di scala nanometrica, da attraversare alcune barriere biologiche. L'inquinamento da parte dei materiali plastici è stato riscontrato in primo luogo negli ambienti marini. Di conseguenza, sono numerosi gli studi per la determinazione dell'origine e del destino della plastica nelle acque, nei sedimenti marini e sulle coste. Molta minore attenzione è stata rivolta alla presenza di plastiche nei suoli agrari. Sono disponibili studi dettagliati e su larga scala riguardo il degrado dei polimeri in acqua e del loro effetto sulla flora e fauna acquatica mentre sulla pedosfera la letteratura di settore risulta scarsa e discordante. Una volta che la plastica si accumula nel terreno, a causa delle interazioni coi minerali e con la materia organica del suolo può diventare molto stabile e persistere per centinaia di anni. A seconda dell'impiego, si possono avere differenti modalità di diffusione nel terreno. Le micro e le nanoplastiche possono giungere al suolo direttamente come materiali primari oppure indirettamente dalla frantumazione di composti di maggiori dimensioni. Possono arrivare al suolo tramite ad esempio tramite la pacciamatura, pratica che comporta un notevole vantaggio produttivo ma che contribuisce all'incorporazione di plastica nel suolo poiché vi rilascia additivi nocivi quali gli ftalati. Ulteriori mezzi di diffusione di tali inquinanti sono alcuni ammendanti organici, come il compost e i fanghi di depurazione ampiamente utilizzati in agricoltura per migliorare le proprietà del suolo. L'irrigazione comporta talvolta l'uso di acque reflue solo parzialmente trattate o addirittura non trattate. Soprattutto le acque reflue non trattate possono contenere plastica in concentrazione variabile. Gli studi sull'interazione tra i composti plastici e l'ambiente suolo indicano che le microfibre di poliestere possono alterare alcune delle proprietà fisiche di un suolo specialmente se argilloso. In uno studio sperimentale si mostra come gli effetti delle microfibre sulla densità del suolo non siano rilevanti poiché presenti in quantità tali da non modificare sensibilmente la massa unitaria del terreno.La stima dei detriti plastici che si diffondono nel suolo è difficilmente quantificabile e quindi ad oggi non si ha completa conoscenza della degradabilità dei diversi polimeri e dell'entità del loro impatto .

Plastiche nei suoli agrari

PIOVANO, TERESA
2018/2019

Abstract

Dall'inizio della commercializzazione di plastica negli anni '30 e '40, la produzione globale dei polimeri sintetici è incrementata rapidamente, con un aumento del 622% dal 1976 al 2014. Questa grande diffusione, dovuta alle peculiari caratteristiche del materiale plastico, come leggerezza, resistenza e basso costo, ha riguardato tutti i diversi settori produttivi, compreso quello agricolo. Tra i principali impieghi delle plastiche in ambito agrario sono rilevanti: la pacciamatura con film; le serre e i tunnel, per le colture protette; la solarizzazione per la disinfestazione del suolo; gli impianti di irrigazione e drenaggio, nonché le coperture temporanee per specie arboree. Il Polietilene (PE), il Polipropilene (PP), il Polietilene tereftalato (PET) e il Polistirene (PS) sono i più diffusi polimeri termoplastici. Al di là della loro composizione chimica, che tuttavia può condizionare la degradabilità, destano particolare preoccupazione ambientale quelli di ridotte dimensioni: le microplastiche e le nanoplastiche, inquinanti emergenti di importanza globale, così piccoli da essere ingeriti da un'ampia gamma di organismi o, se di scala nanometrica, da attraversare alcune barriere biologiche. L'inquinamento da parte dei materiali plastici è stato riscontrato in primo luogo negli ambienti marini. Di conseguenza, sono numerosi gli studi per la determinazione dell'origine e del destino della plastica nelle acque, nei sedimenti marini e sulle coste. Molta minore attenzione è stata rivolta alla presenza di plastiche nei suoli agrari. Sono disponibili studi dettagliati e su larga scala riguardo il degrado dei polimeri in acqua e del loro effetto sulla flora e fauna acquatica mentre sulla pedosfera la letteratura di settore risulta scarsa e discordante. Una volta che la plastica si accumula nel terreno, a causa delle interazioni coi minerali e con la materia organica del suolo può diventare molto stabile e persistere per centinaia di anni. A seconda dell'impiego, si possono avere differenti modalità di diffusione nel terreno. Le micro e le nanoplastiche possono giungere al suolo direttamente come materiali primari oppure indirettamente dalla frantumazione di composti di maggiori dimensioni. Possono arrivare al suolo tramite ad esempio tramite la pacciamatura, pratica che comporta un notevole vantaggio produttivo ma che contribuisce all'incorporazione di plastica nel suolo poiché vi rilascia additivi nocivi quali gli ftalati. Ulteriori mezzi di diffusione di tali inquinanti sono alcuni ammendanti organici, come il compost e i fanghi di depurazione ampiamente utilizzati in agricoltura per migliorare le proprietà del suolo. L'irrigazione comporta talvolta l'uso di acque reflue solo parzialmente trattate o addirittura non trattate. Soprattutto le acque reflue non trattate possono contenere plastica in concentrazione variabile. Gli studi sull'interazione tra i composti plastici e l'ambiente suolo indicano che le microfibre di poliestere possono alterare alcune delle proprietà fisiche di un suolo specialmente se argilloso. In uno studio sperimentale si mostra come gli effetti delle microfibre sulla densità del suolo non siano rilevanti poiché presenti in quantità tali da non modificare sensibilmente la massa unitaria del terreno.La stima dei detriti plastici che si diffondono nel suolo è difficilmente quantificabile e quindi ad oggi non si ha completa conoscenza della degradabilità dei diversi polimeri e dell'entità del loro impatto .
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/102485