Riassunto tesi Il tartufo si identifica come il corpo fruttifero di un particolare fungo ipogeo appartenente alla famiglia delle Tuberaceae (Ascomycota) e, in particolare, al genere ¿Tuber¿, dalla caratteristica peculiare di compiere l'intero ciclo biologico nel sottosuolo. All'interno di questo genere possiamo ritrovare numerose specie di tartufo che si sviluppano sul nostro territorio il Tuber magnatum Pico, il Tuber melanosporum Vittadini, il Tuber aestivum Vittadini tra i principali. Il Tartufo essendo un fungo, si classifica come organismo eterotrofo, per cui necessita, per compiere i propri processi vitali, di energia, che ricaverà da altri organismi viventi. In presenza di particolari condizioni microclimatiche e di suolo, in tartufo stabilirà un rapporto di tipo mutualistico, detto di simbiosi, con determinate specie vegetali arboree, con le cui radici si formano complessi organismi definite micorrize. Il suolo le temperature e il regime idrico sono tra le caratteristiche fondamenti per lo sviluppo del tartufo. La tipologia di suoli più favorevoli sono quelli meno evoluti, legati ad ambienti in rapida successione; erosioni e depositi di versante o lungo i corsi d'acqua dei fondivalle. Il tartufo trova la sua migliore vocazione dove il clima continentale incontra il clima mediterraneo e in quei siti dove le condizioni di umidità si mantengo il più possibili costanti in tutto il corso dell'anno. Alla luce dei numerosi studi condotti negli ultimi secoli si è arrivati ad ottenere la totale consapevolezza dell'indispensabile ruolo svolto dalla pianta simbionte. Le piante di comprovata simbiosi sono: per il genere Populus, principalemente Populus nigra e Populus alba; per il genere Salix il Salix alba. Per il genere Quercus in primo piano abbiamo Quercus robur e Quercus petrea; possiamo ancora annoverare per il genere Tilia, il Tilia cordata e platyphyllos; inoltre si citano il nocciolo Corylus avellana e il carpino nero Ostrya carpinifolia. Preventivando l'esecuzione di un nuovo impianto di tartuficoltura è quindi molto importante la scelta dei semenzali, che in molti casi ricade sull'utilizzo di piantine micorrizate ossi trattate al fine di ottenere una diffusa presenza del fungo aderente al capillizio radicale, consentendo una migliore e più sicura introduzione del micelio, ed un'alta capacità di resistenza alla colonizzazione di altri simbionti. Le cure colturali per l'impianto sono le medesime per qualsiasi altro impianto di arboricoltura, scasso o erpicatura, potature, recupero delle fallanze, irrigazione e eventualmente diradamenti. Spesso la prima causa del declino della produzione è proprio l'abbandono di alcune pratiche colturali che porta ad un eccessivo sviluppo della vegetazione. Ciò comporta da un lato la perdita di vigoria delle piante simbionti, per un aumento della concorrenza tra i soggetti arborei, e dall'altro una diminuzione della disponibilità di acqua e luce con progressivo accumulo di sostanza organica al suolo e un conseguente declino nella produzione tartufigena. Una corretta gestione e controllo delle tartufaie, ma anche soprattutto delle aree boschive vocate consente di mantenere intatti ecosistemi ad elevata biodiversità e preservare negli anni la nascita e lo sviluppo di questo fungo.
Arboricoltura e selvicoltura applicate alla coltivazione del tartufo
GORINO, ENRICO
2018/2019
Abstract
Riassunto tesi Il tartufo si identifica come il corpo fruttifero di un particolare fungo ipogeo appartenente alla famiglia delle Tuberaceae (Ascomycota) e, in particolare, al genere ¿Tuber¿, dalla caratteristica peculiare di compiere l'intero ciclo biologico nel sottosuolo. All'interno di questo genere possiamo ritrovare numerose specie di tartufo che si sviluppano sul nostro territorio il Tuber magnatum Pico, il Tuber melanosporum Vittadini, il Tuber aestivum Vittadini tra i principali. Il Tartufo essendo un fungo, si classifica come organismo eterotrofo, per cui necessita, per compiere i propri processi vitali, di energia, che ricaverà da altri organismi viventi. In presenza di particolari condizioni microclimatiche e di suolo, in tartufo stabilirà un rapporto di tipo mutualistico, detto di simbiosi, con determinate specie vegetali arboree, con le cui radici si formano complessi organismi definite micorrize. Il suolo le temperature e il regime idrico sono tra le caratteristiche fondamenti per lo sviluppo del tartufo. La tipologia di suoli più favorevoli sono quelli meno evoluti, legati ad ambienti in rapida successione; erosioni e depositi di versante o lungo i corsi d'acqua dei fondivalle. Il tartufo trova la sua migliore vocazione dove il clima continentale incontra il clima mediterraneo e in quei siti dove le condizioni di umidità si mantengo il più possibili costanti in tutto il corso dell'anno. Alla luce dei numerosi studi condotti negli ultimi secoli si è arrivati ad ottenere la totale consapevolezza dell'indispensabile ruolo svolto dalla pianta simbionte. Le piante di comprovata simbiosi sono: per il genere Populus, principalemente Populus nigra e Populus alba; per il genere Salix il Salix alba. Per il genere Quercus in primo piano abbiamo Quercus robur e Quercus petrea; possiamo ancora annoverare per il genere Tilia, il Tilia cordata e platyphyllos; inoltre si citano il nocciolo Corylus avellana e il carpino nero Ostrya carpinifolia. Preventivando l'esecuzione di un nuovo impianto di tartuficoltura è quindi molto importante la scelta dei semenzali, che in molti casi ricade sull'utilizzo di piantine micorrizate ossi trattate al fine di ottenere una diffusa presenza del fungo aderente al capillizio radicale, consentendo una migliore e più sicura introduzione del micelio, ed un'alta capacità di resistenza alla colonizzazione di altri simbionti. Le cure colturali per l'impianto sono le medesime per qualsiasi altro impianto di arboricoltura, scasso o erpicatura, potature, recupero delle fallanze, irrigazione e eventualmente diradamenti. Spesso la prima causa del declino della produzione è proprio l'abbandono di alcune pratiche colturali che porta ad un eccessivo sviluppo della vegetazione. Ciò comporta da un lato la perdita di vigoria delle piante simbionti, per un aumento della concorrenza tra i soggetti arborei, e dall'altro una diminuzione della disponibilità di acqua e luce con progressivo accumulo di sostanza organica al suolo e un conseguente declino nella produzione tartufigena. Una corretta gestione e controllo delle tartufaie, ma anche soprattutto delle aree boschive vocate consente di mantenere intatti ecosistemi ad elevata biodiversità e preservare negli anni la nascita e lo sviluppo di questo fungo.File | Dimensione | Formato | |
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