La stabilizzazione dei prodotti alimentari è una tecnica che da sempre ha permesso all'uomo di preservare cibo durante l'anno. Le tecniche di conservazione, come l'essiccazione, servono a rallentare i processi degradativi degli alimenti mantenendo il più possibile invariate le caratteristiche nutrizionali e organolettiche del prodotto originale. Gli organismi vegetali, infatti, sono soggetti a senescenza che comporta la perdita di qualità generale, di elementi nutritivi e di salubrità. Per essiccamento si intende un qualsiasi processo che preveda una sottrazione di acqua da un alimento; si basa sull'esposizione del prodotto fresco a temperature più o meno elevate che però, possono portare ad una denaturazione delle componenti principali del frutto. Negli ultimi anni sono stati progettati degli impianti che lavorano a basse temperature (20-50°C). Essi riescono a preservare i composti bioattivi caratterizzanti ogni frutto, che, con temperature più alte, verrebbero persi a seguito di degradazione. Infatti gli alimenti essiccati con metodi più tradizionali presentano modifiche dei nutrienti e delle qualità organolettiche. Analizzando tre casi studio riguardo la qualità di frutti disidratati, mediante l'impiego di diverse tecniche, è emerso che gli attributi di qualità dipendono dal tipo di trasferimento di calore utilizzato, dalla temperatura finale del prodotto essiccato, dal tempo di asciugatura e dalla cultivar scelta. Il primo caso studio, condotto da Nowak e Lewicki (2015), è stato compiuto su Malus domestica. Confrontando due processi di essiccazione (per irraggiamento e per convezione) è stato osservato che i coefficienti di cromaticità e la luminosità delle fettine di mela disidratate, aventi temperatura finale inferiore di 65-70°C, sono simili tra di loro a prescindere dal processo impiegato. Per quanto riguarda invece temperature finali di essiccazione maggiori di 70°C, si è verificata una significativa diminuzione della luminosità e un viraggio del colore verso sfumature di giallo più sature. È inoltre emerso che i tempi di asciugatura impiegati sono stati responsabili dei cambiamenti di struttura del. Il secondo caso studio preso in esame, confronta l'essiccazione di Fragraria vesca tramite tre processi di essiccazione: flusso di aria calda, liofilizzazione e asciugatura di rigonfiamento. Il test condotto da Alonzo-Macìas et al. (2013), ha provato che, associando al trattamento termico una fase di caduta di pressione (DIC), è possibile mantenere un elevato livello di fenoli nel prodotto finale, rompendo e aprendo la struttura delle pareti cellulari. È stato anche quantificato che è possibile ottenere frutti disidratati con alti livelli di pelargonidina e cianidina (più del 20%) rispetto ai trattamenti per liofilizzazione o flusso di aria calda. Il terzo e ultimo caso studio esaminato, è stato compiuto da Chun-ju et al. (2017) su polveri di Prunus persica disidratate. Gli autori hanno provato come la qualità delle polveri è fortemente influenzata dalla cv scelta. Difatti, pesche con alti contenuti di fruttosio, di proteine, di glucosio e di vitamina C, concorrono ad ottenere polveri di pesca disidrata con alte capacità di ritenzione idrica e di reidratazione e basse probabilità di imbrunimento. Sebbene la presenza di queste componenti implichi un'alta qualità delle polveri, trattamenti di essicazione troppo invasivi, possono peggiorarne la qualità a seguito di reazioni di Maillard con imbrunimenti e degradazione delle pectine.

Caratteristiche qualitative e processi produttivi di frutta disidratata

VARALDO, ALICE
2018/2019

Abstract

La stabilizzazione dei prodotti alimentari è una tecnica che da sempre ha permesso all'uomo di preservare cibo durante l'anno. Le tecniche di conservazione, come l'essiccazione, servono a rallentare i processi degradativi degli alimenti mantenendo il più possibile invariate le caratteristiche nutrizionali e organolettiche del prodotto originale. Gli organismi vegetali, infatti, sono soggetti a senescenza che comporta la perdita di qualità generale, di elementi nutritivi e di salubrità. Per essiccamento si intende un qualsiasi processo che preveda una sottrazione di acqua da un alimento; si basa sull'esposizione del prodotto fresco a temperature più o meno elevate che però, possono portare ad una denaturazione delle componenti principali del frutto. Negli ultimi anni sono stati progettati degli impianti che lavorano a basse temperature (20-50°C). Essi riescono a preservare i composti bioattivi caratterizzanti ogni frutto, che, con temperature più alte, verrebbero persi a seguito di degradazione. Infatti gli alimenti essiccati con metodi più tradizionali presentano modifiche dei nutrienti e delle qualità organolettiche. Analizzando tre casi studio riguardo la qualità di frutti disidratati, mediante l'impiego di diverse tecniche, è emerso che gli attributi di qualità dipendono dal tipo di trasferimento di calore utilizzato, dalla temperatura finale del prodotto essiccato, dal tempo di asciugatura e dalla cultivar scelta. Il primo caso studio, condotto da Nowak e Lewicki (2015), è stato compiuto su Malus domestica. Confrontando due processi di essiccazione (per irraggiamento e per convezione) è stato osservato che i coefficienti di cromaticità e la luminosità delle fettine di mela disidratate, aventi temperatura finale inferiore di 65-70°C, sono simili tra di loro a prescindere dal processo impiegato. Per quanto riguarda invece temperature finali di essiccazione maggiori di 70°C, si è verificata una significativa diminuzione della luminosità e un viraggio del colore verso sfumature di giallo più sature. È inoltre emerso che i tempi di asciugatura impiegati sono stati responsabili dei cambiamenti di struttura del. Il secondo caso studio preso in esame, confronta l'essiccazione di Fragraria vesca tramite tre processi di essiccazione: flusso di aria calda, liofilizzazione e asciugatura di rigonfiamento. Il test condotto da Alonzo-Macìas et al. (2013), ha provato che, associando al trattamento termico una fase di caduta di pressione (DIC), è possibile mantenere un elevato livello di fenoli nel prodotto finale, rompendo e aprendo la struttura delle pareti cellulari. È stato anche quantificato che è possibile ottenere frutti disidratati con alti livelli di pelargonidina e cianidina (più del 20%) rispetto ai trattamenti per liofilizzazione o flusso di aria calda. Il terzo e ultimo caso studio esaminato, è stato compiuto da Chun-ju et al. (2017) su polveri di Prunus persica disidratate. Gli autori hanno provato come la qualità delle polveri è fortemente influenzata dalla cv scelta. Difatti, pesche con alti contenuti di fruttosio, di proteine, di glucosio e di vitamina C, concorrono ad ottenere polveri di pesca disidrata con alte capacità di ritenzione idrica e di reidratazione e basse probabilità di imbrunimento. Sebbene la presenza di queste componenti implichi un'alta qualità delle polveri, trattamenti di essicazione troppo invasivi, possono peggiorarne la qualità a seguito di reazioni di Maillard con imbrunimenti e degradazione delle pectine.
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