Al contrario di quanto si possa pensare, gli uomini sono stati i primi, nel corso della storia, ad occuparsi dell'educazione dei più piccoli. Fin dall'Ottocento, ad esempio, numerosi benefattori finanziarono la costruzione di servizi per la prima infanzia. Anche all'interno della scuola elementare, ad esempio, la componente maschile prevaleva. In seguito alla "Legge Casati" il trend venne invertito. Nel corso del Novecento sopraggiunsero grandi cambiamenti economici, politici e sociali, con la conseguente richiesta, da parte della società, di attuare iniziative concrete come quelle in favore dei diritti dei minori e dell'assistenza infantile. Durante il fascismo venne fondata l'O.N.M.I., i cui asili nido servivano a supportare le famiglie, in particolare le mamme che lavoravano nelle fabbriche. Qualche decennio dopo, il boom economico ebbe come conseguenza una grande migrazione dal Sud al Nord Italia e la necessità di migliorare e ampliare i servizi al fine di rispondere alle esigenze di tutti. Una risposta importante vi fu nel 1968 con l'istituzione della scuola materna statale che, tuttavia, non prendeva in considerazione la presenza maschile al suo interno. Qualcosa cambiò in seguito a degli esperimenti avvenuti in Italia e in Francia all'inizio degli anni Settanta che videro l'ingresso di insegnanti e assistenti sociali di sesso maschile all'interno della scuola materna. Negli anni Ottanta la Comunità Europea si è impegnata per favorire una maggiore presenza della Figura maschile all'interno dei servizi per la prima infanzia. Grazie alla Rete Europea di Assistenza all'Infanzia è stato approfondito il tema dei caregivers di sesso maschile e si è acquisita una maggior consapevolezza dell'importanza che queste figure rivestono all'interno dei servizi per la prima infanzia. Le motivazioni che spingono gli uomini a non considerare l'ipotesi di lavorare come educatore della prima infanzia sono tra le più svariate: su tutte possiamo citare la bassa retribuzione, il limitato prestigio sociale e la supposta "naturalezza" della cura femminile. All'interno dei servizi gli uomini sono inoltre avvolti da un clima di sospetto circa le loro competenze e intenzioni. Gli uomini, tra l'altro, possono più facilmente accusati di pedofilia. La componente maschile all'interno del servizio ha l'opportunità di mostrare le diverse sfumature dell'essere uomo lottando, così, contro gli stereotipi che recluderebbero tutti gli uomini in una categoria uniforme. Per cercare di avvicinare gli uomini a questa professione sono stati realizzati molti progetti, in giro per l'Europa, proprio per incentivarli a formarsi in questo campo. Nel corso del lavoro si è cercato anche di conoscere meglio gli uomini che esercitano professioni ad elevata presenza femminile e le motivazioni che li hanno spinti a praticarle. Si tratta di assistenti sociali, insegnanti, male tutor, infermieri, badanti, addetti alle pulizie ed educatori. Per concludere il lavoro sono stati intervistati due educatori di un asilo nido del comune di Torino al fine di conoscere meglio la loro prospettiva.
"Gli educatori di sesso maschile nei servizi per la prima infanzia"
MURGIA, MANUEL
2019/2020
Abstract
Al contrario di quanto si possa pensare, gli uomini sono stati i primi, nel corso della storia, ad occuparsi dell'educazione dei più piccoli. Fin dall'Ottocento, ad esempio, numerosi benefattori finanziarono la costruzione di servizi per la prima infanzia. Anche all'interno della scuola elementare, ad esempio, la componente maschile prevaleva. In seguito alla "Legge Casati" il trend venne invertito. Nel corso del Novecento sopraggiunsero grandi cambiamenti economici, politici e sociali, con la conseguente richiesta, da parte della società, di attuare iniziative concrete come quelle in favore dei diritti dei minori e dell'assistenza infantile. Durante il fascismo venne fondata l'O.N.M.I., i cui asili nido servivano a supportare le famiglie, in particolare le mamme che lavoravano nelle fabbriche. Qualche decennio dopo, il boom economico ebbe come conseguenza una grande migrazione dal Sud al Nord Italia e la necessità di migliorare e ampliare i servizi al fine di rispondere alle esigenze di tutti. Una risposta importante vi fu nel 1968 con l'istituzione della scuola materna statale che, tuttavia, non prendeva in considerazione la presenza maschile al suo interno. Qualcosa cambiò in seguito a degli esperimenti avvenuti in Italia e in Francia all'inizio degli anni Settanta che videro l'ingresso di insegnanti e assistenti sociali di sesso maschile all'interno della scuola materna. Negli anni Ottanta la Comunità Europea si è impegnata per favorire una maggiore presenza della Figura maschile all'interno dei servizi per la prima infanzia. Grazie alla Rete Europea di Assistenza all'Infanzia è stato approfondito il tema dei caregivers di sesso maschile e si è acquisita una maggior consapevolezza dell'importanza che queste figure rivestono all'interno dei servizi per la prima infanzia. Le motivazioni che spingono gli uomini a non considerare l'ipotesi di lavorare come educatore della prima infanzia sono tra le più svariate: su tutte possiamo citare la bassa retribuzione, il limitato prestigio sociale e la supposta "naturalezza" della cura femminile. All'interno dei servizi gli uomini sono inoltre avvolti da un clima di sospetto circa le loro competenze e intenzioni. Gli uomini, tra l'altro, possono più facilmente accusati di pedofilia. La componente maschile all'interno del servizio ha l'opportunità di mostrare le diverse sfumature dell'essere uomo lottando, così, contro gli stereotipi che recluderebbero tutti gli uomini in una categoria uniforme. Per cercare di avvicinare gli uomini a questa professione sono stati realizzati molti progetti, in giro per l'Europa, proprio per incentivarli a formarsi in questo campo. Nel corso del lavoro si è cercato anche di conoscere meglio gli uomini che esercitano professioni ad elevata presenza femminile e le motivazioni che li hanno spinti a praticarle. Si tratta di assistenti sociali, insegnanti, male tutor, infermieri, badanti, addetti alle pulizie ed educatori. Per concludere il lavoro sono stati intervistati due educatori di un asilo nido del comune di Torino al fine di conoscere meglio la loro prospettiva.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/102071