L’aggressività è un costrutto multidimensionale e complesso. Le prime teorie biologiche sul comportamento lo ritenevano determinato da fattori genetici, predeterminati e specie specifici, che innescherebbero nell’individuo di una determinata specie una serie di comportamenti standardizzati e idiosincratici. Questi primi studi sul comportamento istintivo sono stati arricchiti dalle teorie etologiche che hanno individuato delle possibili modifiche nei pattern comportamentali su base istintuale, dovute a sopraggiunti cambiamenti dell’ambiente. Quindi, il comportamento non è riducibile ad un mero concetto di stimolo-risposta, perché verrebbe denaturato di tutte le altre variabili che lo compongono: ambientali, intrapsichiche e relazionali. La psicologia dello sviluppo ha focalizzato l'attenzione su quelle esperienze che nell’infanzia e nell’adolescenza potrebbero influenze lo sviluppo dell’aggressività, rilevando che l'abuso, la negligenza o l'esposizione a modelli aggressivi all'interno della famiglia possono aumentare la probabilità di manifestare comportamenti aggressivi. Al contrario, un ambiente familiare accudente può favorire una regolazione sana dell'aggressività. La teoria dell'attaccamento evidenzia la relazione tra la qualità dell'attaccamento infantile e l'espressione dell'aggressività. Un attaccamento insicuro o esperienze traumatiche possono influenzare negativamente la capacità di regolare l'aggressività, portando a comportamenti aggressivi e violenti. Infatti, essere esposto ad un trauma può avere ripercussioni sulla vita e sul benessere di un individuo con sintomi che possono comprendere anche i disturbi legati all’umore. La disregolazione delle emozioni e dei processi di autoregolazione può manifestarsi come una maggiore tendenza all’aggressività. Il comportamento aggressivo con la sua componente psicologica ed emotiva, l’aggressività, indica un’incapacità dell’individuo di processare alcune emozioni in maniera adattiva probabilmente per un deficit di mentalizzazione. Le neuroscienze hanno studiato il comportamento sulla base delle aree del cervello coinvolte attraverso la fRMN. Questa importante scoperta ha permesso di studiare il comportamento umano da una prospettiva biochimica e funzionale, andando ad evidenziare le zone del cervello che si attivano in presenza di un comportamento aggressivo. Lesioni a determinate aree del cervello potrebbero portare ad una modifica del comportamento di un individuo. Inoltre, è necessario tenere conto di alcuni disturbi psichiatrici che possono aumentare il rischio di agito violento, quali la schizofrenia e i disturbi di personalità: borderline, narcisistico e il disturbo di personalità antisociale. Le più vecchie teorie sociologiche e criminologiche vedevano nel comportamento aggressivo un aspetto deterministico, dove la genetica giocava un ruolo chiave nel determinare l’agito violento. Oggi è possibile ritenere tali teorie superate e gli stessi ordinamenti giurisdizionali dei paesi occidentali prevedono che la pena debba avere, infatti, carattere riabilitativo. Poi, la violenza assumerà un contorno più solido nella forma di una particolare tipologia di comportamento aggressivo, che in letteratura viene descritta come “abusive head trauma” o “baby shaken syndrome”, una particolare forma di violenza perpetrata ai danni dei bambini. Il trattamento in carcere è pensato come mezzo per permettere la riabilitazione del condannato e può essere espletato attraverso diversi mezzi, tra cui nomi
Aggressività e criminalità. La violenza delle emozioni nella Teoria del Campo Analitico
PEDITTO, ENRICO
2022/2023
Abstract
L’aggressività è un costrutto multidimensionale e complesso. Le prime teorie biologiche sul comportamento lo ritenevano determinato da fattori genetici, predeterminati e specie specifici, che innescherebbero nell’individuo di una determinata specie una serie di comportamenti standardizzati e idiosincratici. Questi primi studi sul comportamento istintivo sono stati arricchiti dalle teorie etologiche che hanno individuato delle possibili modifiche nei pattern comportamentali su base istintuale, dovute a sopraggiunti cambiamenti dell’ambiente. Quindi, il comportamento non è riducibile ad un mero concetto di stimolo-risposta, perché verrebbe denaturato di tutte le altre variabili che lo compongono: ambientali, intrapsichiche e relazionali. La psicologia dello sviluppo ha focalizzato l'attenzione su quelle esperienze che nell’infanzia e nell’adolescenza potrebbero influenze lo sviluppo dell’aggressività, rilevando che l'abuso, la negligenza o l'esposizione a modelli aggressivi all'interno della famiglia possono aumentare la probabilità di manifestare comportamenti aggressivi. Al contrario, un ambiente familiare accudente può favorire una regolazione sana dell'aggressività. La teoria dell'attaccamento evidenzia la relazione tra la qualità dell'attaccamento infantile e l'espressione dell'aggressività. Un attaccamento insicuro o esperienze traumatiche possono influenzare negativamente la capacità di regolare l'aggressività, portando a comportamenti aggressivi e violenti. Infatti, essere esposto ad un trauma può avere ripercussioni sulla vita e sul benessere di un individuo con sintomi che possono comprendere anche i disturbi legati all’umore. La disregolazione delle emozioni e dei processi di autoregolazione può manifestarsi come una maggiore tendenza all’aggressività. Il comportamento aggressivo con la sua componente psicologica ed emotiva, l’aggressività, indica un’incapacità dell’individuo di processare alcune emozioni in maniera adattiva probabilmente per un deficit di mentalizzazione. Le neuroscienze hanno studiato il comportamento sulla base delle aree del cervello coinvolte attraverso la fRMN. Questa importante scoperta ha permesso di studiare il comportamento umano da una prospettiva biochimica e funzionale, andando ad evidenziare le zone del cervello che si attivano in presenza di un comportamento aggressivo. Lesioni a determinate aree del cervello potrebbero portare ad una modifica del comportamento di un individuo. Inoltre, è necessario tenere conto di alcuni disturbi psichiatrici che possono aumentare il rischio di agito violento, quali la schizofrenia e i disturbi di personalità: borderline, narcisistico e il disturbo di personalità antisociale. Le più vecchie teorie sociologiche e criminologiche vedevano nel comportamento aggressivo un aspetto deterministico, dove la genetica giocava un ruolo chiave nel determinare l’agito violento. Oggi è possibile ritenere tali teorie superate e gli stessi ordinamenti giurisdizionali dei paesi occidentali prevedono che la pena debba avere, infatti, carattere riabilitativo. Poi, la violenza assumerà un contorno più solido nella forma di una particolare tipologia di comportamento aggressivo, che in letteratura viene descritta come “abusive head trauma” o “baby shaken syndrome”, una particolare forma di violenza perpetrata ai danni dei bambini. Il trattamento in carcere è pensato come mezzo per permettere la riabilitazione del condannato e può essere espletato attraverso diversi mezzi, tra cui nomiFile | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/101884