Tutelare e valorizzare i beni culturali e paesaggistici italiani, è sempre stata una priorità della Repubblica. I primi dodici articoli della Costituzione contengono i principi fondamentali del nostro ordinamento, e sono immodificabili. Fra di essi figura l’art.9: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico”. Questo articolo fu fortemente voluto da Aldo Moro e Concetto Marchesi. Il critico letterario Concetto Marchesi affermò, durante i lavori della Costituente: “Se è vero che arte e scienza sono mere astrazioni, per cui non sono di per sé né libere né serve, è altrettanto vero che le manifestazioni del genio artistico e le teorie scientifiche possono essere oggetto di censura e come tali vanno tutelate”. La tutela del paesaggio e quindi del territorio, in Italia, inizia con l’idea di Benedetto Croce di identificare il paesaggio, con la rappresentazione materiale e visibile della patria, con i suoi caratteri fisici particolari. E proprio seguendo questa traccia, si sviluppa il primo capitolo, intitolato “Cultura e territorio”, dall’idea dell’Italia nel suo complesso come sito ideale del patrimonio mondiale Unesco, poi seguendo “Le grandi aree culturali” e la valorizzazione con il relativo impatto economico e sociale attraverso le iniziative delle “Capitali della cultura” e dei “Borghi più belli d’Italia”. Infine, uscendo dai confini, si pone l’attenzione nella “riparazione” di un territorio, in questo caso, francese, analizzando la legge Malraux degli anni ’50 del secolo scorso, e con le dovute modifiche in vigore ancora oggi, e la sua conseguenza nella realizzazione dei “Grands Travaux” che interessò Parigi tra gli anni ’80 e ’90, valutandone l’impatto sul tessuto cittadino. Parigi, con Berlino è la città che ha subito più interventi architettonici e urbanistici negli ultimi quaranta anni. Rimane un modello europeo e soprattutto per l’Italia, ancora in cerca, nonostante le riforme, di un vero piano di tutela e di sviluppo dei beni culturali, a cominciare dalla capitale. Nel capitolo secondo “Pubblico e privato” si affronta il dilemma degli investimenti privati nella cultura, prendendo in esame i siti archeologici, con il mirabile recupero di Ercolano, i musei, fra cui l’inenarrabile vicenda dei marmi di Torlonia, e il ruolo delle fondazioni con l’esempio del museo Egizio di Torino. Il tutto, tenendo conto del monito di Salvatore Settis all’indomani della pandemia: “Oggi abbiamo il cuore spezzato per i nostri simili che continuano a morire e per l’insidia che ci minaccia, ma dobbiamo averlo anche per il tramonto delle istituzioni culturali già da tempo marginalizzate da un cieco economicismo a cui è ora di reagire prima che sia troppo tardi. Vogliono convincerci che i musei o i teatri debbano reggersi sugli introiti di cassa e adesso che non ce ne sono? Come si farà ricerca a biblioteche chiuse?”. Nel terzo capitolo si affrontano, appunto, “I metodi” con cui ci si approccia al bene culturale, valutando la differenza di mecenati e sponsor, prendendo in esame lo sfruttamento economico e culturale dell’arena di Verona nel confronto con il Colosseo. Senza dimenticare l’attività del Fondo Ambientale Italiano, e per riflettere sul valore dell’effimero tra Christo e Banksy, ricordando Renato Nicolini. Si conclude con il capitolo quarto con la valutazione “dell’impatto”, in particolare del monumento iconico italiano per eccellenza, il Colosseo, tra società, economia e “politica”.

La valorizzazione dei beni culturali italiani tra istituzioni pubbliche e private: il caso del Colosseo

RAINERI, CAROLA
2022/2023

Abstract

Tutelare e valorizzare i beni culturali e paesaggistici italiani, è sempre stata una priorità della Repubblica. I primi dodici articoli della Costituzione contengono i principi fondamentali del nostro ordinamento, e sono immodificabili. Fra di essi figura l’art.9: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico”. Questo articolo fu fortemente voluto da Aldo Moro e Concetto Marchesi. Il critico letterario Concetto Marchesi affermò, durante i lavori della Costituente: “Se è vero che arte e scienza sono mere astrazioni, per cui non sono di per sé né libere né serve, è altrettanto vero che le manifestazioni del genio artistico e le teorie scientifiche possono essere oggetto di censura e come tali vanno tutelate”. La tutela del paesaggio e quindi del territorio, in Italia, inizia con l’idea di Benedetto Croce di identificare il paesaggio, con la rappresentazione materiale e visibile della patria, con i suoi caratteri fisici particolari. E proprio seguendo questa traccia, si sviluppa il primo capitolo, intitolato “Cultura e territorio”, dall’idea dell’Italia nel suo complesso come sito ideale del patrimonio mondiale Unesco, poi seguendo “Le grandi aree culturali” e la valorizzazione con il relativo impatto economico e sociale attraverso le iniziative delle “Capitali della cultura” e dei “Borghi più belli d’Italia”. Infine, uscendo dai confini, si pone l’attenzione nella “riparazione” di un territorio, in questo caso, francese, analizzando la legge Malraux degli anni ’50 del secolo scorso, e con le dovute modifiche in vigore ancora oggi, e la sua conseguenza nella realizzazione dei “Grands Travaux” che interessò Parigi tra gli anni ’80 e ’90, valutandone l’impatto sul tessuto cittadino. Parigi, con Berlino è la città che ha subito più interventi architettonici e urbanistici negli ultimi quaranta anni. Rimane un modello europeo e soprattutto per l’Italia, ancora in cerca, nonostante le riforme, di un vero piano di tutela e di sviluppo dei beni culturali, a cominciare dalla capitale. Nel capitolo secondo “Pubblico e privato” si affronta il dilemma degli investimenti privati nella cultura, prendendo in esame i siti archeologici, con il mirabile recupero di Ercolano, i musei, fra cui l’inenarrabile vicenda dei marmi di Torlonia, e il ruolo delle fondazioni con l’esempio del museo Egizio di Torino. Il tutto, tenendo conto del monito di Salvatore Settis all’indomani della pandemia: “Oggi abbiamo il cuore spezzato per i nostri simili che continuano a morire e per l’insidia che ci minaccia, ma dobbiamo averlo anche per il tramonto delle istituzioni culturali già da tempo marginalizzate da un cieco economicismo a cui è ora di reagire prima che sia troppo tardi. Vogliono convincerci che i musei o i teatri debbano reggersi sugli introiti di cassa e adesso che non ce ne sono? Come si farà ricerca a biblioteche chiuse?”. Nel terzo capitolo si affrontano, appunto, “I metodi” con cui ci si approccia al bene culturale, valutando la differenza di mecenati e sponsor, prendendo in esame lo sfruttamento economico e culturale dell’arena di Verona nel confronto con il Colosseo. Senza dimenticare l’attività del Fondo Ambientale Italiano, e per riflettere sul valore dell’effimero tra Christo e Banksy, ricordando Renato Nicolini. Si conclude con il capitolo quarto con la valutazione “dell’impatto”, in particolare del monumento iconico italiano per eccellenza, il Colosseo, tra società, economia e “politica”.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/101385