ITA
Il presente studio si pone l’obiettivo di indagare e comprendere meglio come gli Enti del Terzo Settore (ETS) gestiscono le proprie risorse umane volontarie e retribuite nel contesto italiano. Lo scopo è quello di riuscire ad individuare delle possibili best practice da utilizzare nella gestione delle HR (Human Resources) nel Terzo Settore. L’analisi, svolta attraverso interviste ad alcuni ETS, si pone la meta di portare alla luce eventuali punti di forza o debolezza da poter condividere in futuro con altre organizzazioni che hanno un organico di tipo volontario e/o retribuito. Storicamente esiste una netta distinzione tra la dimensione in cui operano le aziende profit e le no-profit, ma nel tempo si è osservato un avvicinamento delle prime alle seconde. Tale processo ha portato allo sviluppo della responsabilità sociale di impresa e ad un graduale orientamento dei mercati verso politiche ambientali e sociali. Attraverso le evidenze raccolte in letteratura, riguardo alla gestione delle risorse umane nel contesto delle organizzazioni no-profit a livello internazionale, si è potuto creare un panel di domande da sottoporre tramite intervista, ad organizzazioni italiane operanti nel Terzo Settore per analizzare le metodologie che gli ETS utilizzano nella gestione dei propri volontari e/o dipendenti. Si è proceduto a contattare alcune organizzazioni con un elevato numero di volontari e/o una componente di dipendenti retribuiti. Hanno preso parte alla ricerca le seguenti organizzazioni: Associazione Guide e Scout Cattolici Italiani (AGESCI); Legambiente; Fondazione Accademia Maurizio Maggiora (AMM); Humanage, azienda privata operante nel settore della gestione delle risorse umane for-profit alla quale si è richiesto un punto di vista esterno ed esperto nell’HR management. In seguito, sono state analizzate le risposte ottenute in relazione a quanto emerso in letteratura. Lo studio ha rilevato diverse best practice nella gestione delle risorse umane volontarie. In particolare, il “progetto del capo” in AGESCI, come strumento di crescita e probabilmente anche come meccanismo di conservazione del volontario; la gestione del turnover dei ruoli chiave in Legambiente, ovvero, le persone che detengono mansioni centrali per lo svolgimento delle attività vengono affiancate da giovani in formazione; in fondazione AMM si supporta l’importanza dei tutor come supporto ai giovani appena entrati, l’assenza di tale pratica, infatti, destabilizza il nuovo entrato e porta a demotivazione o all’uscita; infine, in Legambiente si osserva la possibile correlazione tra il minor costo di “tesseramento” per i giovani e l’aumento di questi ultimi in associazione. Riguardo a quest’ultimo punto sarebbe interessante approfondire e raccogliere ulteriori dati in futuro per validare l’efficacia di tale pratica. Si sono evidenziate alcune criticità per quanto concerne la fase di selezione del personale negli Enti del Terzo Settore intervistati e per l’implementazione di sistemi informatici adeguati alla gestione delle risorse umane. Per quanto riguarda il contesto retribuito si evidenzia, invece, un solo risultato: in alcuni casi la formazione dei dipendenti retribuiti è affidata alcuni volontari con elevate competenze tecniche. Nonostante le limitazioni, quali la prevalenza di dati qualitativi e la scarsa adesione degli Enti contattati che non ha permesso di avvalorare ulteriormente i dati raccolti, la ricerca ha avuto esito positivo.
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