Nel corso degli anni l’evidenza empirica ha dimostrato l’esistenza di dinamiche ed effetti presenti sui mercati finanziari che le teorie economiche tradizionali non riescono a spiegare. Si è posto così il problema relativo all’effettivo comportamento assunto dagli investitori nell’effettuare le proprie scelte di investimento.
Gli psicologi Kahneman e Tversky già negli anni ’70 hanno affermato che gli individui quando investono non sono guidati da principi economici razionali, bensì dal contesto, dalle credenze, dalla storia personale, dal formato di presentazione delle informazioni e dall’incompletezza informativa.
Si è sviluppato così un approccio alternativo alla finanza classica : La finanza comportamentale. Questa sembra essere in grado di fornire risposte migliori al reale andamento dei mercati finanziari.
Nonostante ciò, la finanza comportamentale non vuole essere in conflitto con le teorie tradizionali, quanto piuttosto a chiarirne i limiti descrittivi e mette in evidenza i principali bias cognitivi ed emozionali che influiscono nelle scelte degli investitori.
Un valido aiuto nella correzione di questi errori può essere dato dalla consulenza finanziaria e dalla direttiva comunitaria MIFID, introdotta per garantire la massima tutela all’investitore.
Questo lavoro sarà pertanto suddiviso in 3 capitoli complementari tra di loro.
Nel primo capitolo sarà analizzato il fulcro della finanza classica, ossia l’ipotesi dei mercati efficienti e la teoria dell’utilità attesa, secondo le quali gli investitori sono perfettamente razionali e i mercati riflettano correttamente i prezzi. Si passa successivamente all’analisi delle evidenze empiriche che mettono in crisi tali teorie. Viene inoltre introdotta la Prospect Theory, che rappresenta il primo tentativo di focalizzare l’attenzione sul modo in cui viene impostato il problema decisionale.
Nel secondo capitolo si affronterà la nascita della finanza comportamentale e l’analisi delle principali euristiche e bias cognitivi ed emozionali che rendono l’uomo irrazionale.
Il terzo ed ultimo capitolo si concentrerà sulla figura del consulente finanziario, quale soggetto che deve gestire l’emotività dell’investitore aiutandolo a raggiungere i propri obiettivi di investimento attraverso un’opportuna pianificazione finanziaria. Successivamente si passerà a uno studio empirico di analisi tra la composizione di portafoglio di clienti gestiti dai consulenti di Banca di Asti e clienti che operano in modo autonomo sui mercati.
L’obiettivo di tale elaborato è quello di analizzare effettivamente l’influenza della consulenza finanziaria nella composizione di portafoglio e mettere in evidenza alcuni errori comportamentali presenti negli investitori che non sono seguiti da consulenti.