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Il diradamento dei grappoli è una tecnica per il controllo della produzione molto diffusa in viticoltura ed è utile per modificare il rapporto tra superficie fogliare e frutti in modo da rimuovere una parte di produzione per migliorare la composizione dei grappoli rimanenti. Il letteratura è possibile trovare numerose ricerche che evidenziano un incremento dei solidi solubili, mentre le conseguenze sugli acidi risultano più variabili, ma nella maggior parte dei casi comporta una diminuzione dell'acidità totale e un incremento del pH. Nella pratica agronomica il diradamento dei grappoli è attuabile da allegagione a maturazione, con diversi effetti sia su produzione che sulla composizione dell'uva. In diversi paesi europei tale pratica è molto utilizzata data la presenza di limitazioni della produzione nei disciplinari di produzione dei vini con denominazione di origine protetta, mentre in molti paesi extraeuropei essa è applicata al principale scopo di migliorare la composizione dell'uva. In entrambe i casi il viticoltore sostiene un costo non indifferente per mettere in pratica il diradamento, convinto che l'aumentata qualità conferirà al prodotto finale un valore aggiunto che lo ripagherà o semplicemente obbligato dal disciplinare di produzione. Recenti sperimentazioni hanno evidenziato pratiche alternative che possono portare ad effetti qualitativi simili con costi inferiori o con una diminuzione della produzione inferiore, quali il diradamento degli acini, che consiste nella rimozione della parte terminale del grappolo, o il trattamento con calcio proesadione, utilizzato per atomizzazione come un qualsiasi altro fitofarmaco, perciò con costi molto inferiori. Inoltre alcune ricerche condotte su piante in regime di stress idrico riportano l'inefficacia del diradamento dei grappoli nel modificare la composizione dell'uva; tale inefficacia rende evidente che l'applicazione di tale trattamento non dovrebbe essere considerato tradizionale, ma che debba essere considerato in relazione all'area dove si opera e al vitigno. L'obiettivo di questa relazione è quindi di indagare sulle conoscenze attuali riguardo ad una pratica molto conosciuta, ma ancora relativamente poco sviluppata e studiata, senza tralasciare aspetti pratici, come l'utilizzo dei grappoli rimossi, ed economici, come l'applicazione di modelli per valutare la sostenibilità di tale trattamento e delle possibili alternative, applicabili in diverse aree viticole nel mondo.
Cluster thinning is a widely used tool for vine crop load adjustment and it's useful in managing the leaf area and fruit ratio. It consists in removing a certain number of clusters to improve the composition of those left on the vine. In literature, it is possible to find many researches which witnessed an increase in soluble solids, while the consequences on acids are more variable, but in most of the cases it lowers the titratable acidity, rising the pH. In practice it is feasable from fruit set to maturity, with different effecs both on production and composition of grapes. In many european countries it is commonly used because of production limits of appellation wines, while in many non-european countries it is used mainly to improve che grape composition. In both cases the grower is bearing a considerable cost to implement the treatment, sure that he will gain back his investment thanks to the improved quality. Recent researches pointed out alternative treatments which can lead to similar effects with reduced costs or which can reduce production less; as berry thinning, which consist in cutting the tip of all clusters, or proexhadione calcium treatment, sprayed on vines as any other pestidice with the same labour cost. Moreover, other studies on deficit-irrigated cultivars report the treatment as inefficient in changing the composition of grapes; in that case it's clear that the implementation of cluster thinning shouldn't be considered usual, but it should considered in conjunction to the region of the vineyard and the cultivar itself. The aim of this report is to investigate on actual knowledge about a widely known, but not completely understood, practice, without omit practical aspects, as the use of thinned clusters, nor economical ones, as the employment of a model to establish the sustainability of cluster thinning and its alternatives in the world.
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